L’Italia, un paese spaccato in due

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Eurostat – l’agenzia statistica Europea – ha appena rilasciato i dati relativi ai livelli di disoccupazione nei Paesi dell’Unione, i quali ci restituiscono un quadro estremamente preoccupante per l’Italia. Siamo ancora, nonostante la sbandierata “uscita dalla crisi”, al fondo della classifica, tra i paesi socialmente più disastrati, inferiori – come media – solo alla Spagna e alla Grecia, con un dato medio nazionale pari all’11,2% (3,6 punti percentuali sopra la media europea)  ma soprattutto con un tasso di disoccupazione giovanile pari al 34,7% (più del doppio della media europea che si attesta al 16,8%).

Non solo, ma l’Italia è anche il Paese europeo con il più elevato divario interno: con la maggior distanza tra aree del Paese a basso o bassissimo tasso di disoccupazione e aree ad alto o altissimo tasso, come si può vedere nel diagramma qui sotto (forse solo la Francia ci eguaglia, ma qui la punta massima si registra in una regione non metropolitana, nel distretto della Mayotte, mentre da noi i picchi della disoccupazione si registrano in importanti regioni del Paese come la Sicilia o la Campania).

 

Questo, del divario nord-sud, è appunto il secondo dato critico, che mostra non solo che la storica “questione meridionale” non è stata risolta, ma che essa si è per molti versi aggravata. Che il mutamento del paradigma socio-produttivo prima, e poi l’impatto della crisi, hanno ulteriormente allargato e slabbrato la ferita, facendo della mandata soluzione di quella frattura un fattore di rallentamento e di freno alla possibilità di ripresa, inchiodando l’ìntero paese alla sua posizione assolutamente marginale. E’ significativo che l’Italia “piazzi” ben tre delle sue regioni nella non lusinghiera classe delle dieci regioni peggiori in Europa per tasso di disoccupazione giovanile: troviamo qui la Calabria (con un tasso del 55,6%), la Campania (54,7%) e la Sicilia (52,9%): la Spagna ne ha due (ma sono due Ciudades autonomas, Melilla e Ceuta rispettivamente col 62,7% e il 53,3%), la Francia anch’essa due (Mayotte e Guadalupe, regioni “d’Oltremare”)) e la Grecia tre (di cui una sola di un certo rilievo, l’Epiro)… Per converso non c’è una sola regione italiana nella classifica virtuosa delle prime dieci per “basso tasso” (qui, la cosa è interessante per ragionare sul rapporto tra società e politica, troviamo un buon numero di regioni della Repubblica Ceka e dell’Ungheria, cioè di Paesi di quel Gruppo di Visegrad che contestano da destra l’Europa sul terreno dell’accoglienza dei “rifugiati” e dei migranti…

 

 

Chi poi non soffre di vertigini può guardarsi la terza tavola, sia la colonna relatica alla disoccupazione giovanile con quell’abissale distanza tra il 10,2% della provinxia autonoma di Bolzano e il 51,6% dell’intero Sud, sia soprattutto i dati relativi al long term unemployment (alla disoccupazione pressoché inassorbibile) che s’impenna fino al 66,7% della Sicilia e  al 68,1% della Calabria. Una distribuzione   geografica della sofferenza sociale che può agevolmente essere sovrapposta alla mappa della distribuzione territoriale del voto politico alle ultime elezioni del 4 marzo 2018.

Gli autori

Marco Revelli

E' titolare delle cattedre di Scienza della politica, presso il Dipartimento di studi giuridici, politici, economici e sociali dell'Università degli Studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro", si è occupato tra l'altro dell'analisi dei processi produttivi (fordismo, post-fordismo, globalizzazione), della "cultura di destra" e, più in genere, delle forme politiche del Novecento e dell'"Oltre-novecento". La sua opera più recente: "Populismo 2.0". È coautore con Scipione Guarracino e Peppino Ortoleva di uno dei più diffusi manuali scolastici di storia moderna e contemporanea (Bruno Mondadori, 1ª ed. 1993).

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