Palestina: il sonno del diritto genera mostri

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Nel campo desolato delle crudeltà e dei lutti seminati da un conflitto che dura, senza soluzione, da oltre 75 anni, le stragi indiscriminate compiute nel sud di Israele dai miliziani di Hamas, possono trovare un precedente di pari barbarie solo nel massacro nel campo profughi di Sabra e Chatila, durato 19 ore, eseguito il 16 settembre del 1982 dalle falangi libanesi al soldo e sotto la protezione e sorveglianza delle truppe israeliane al comando di Sharon in cui furono trucidate 3.500 persone innocenti, comprese donne e bambini. Questo per dire che il metodo terroristico elevato alla sua massima potenza, non è l’elemento discriminante per qualificare i soggetti che lo praticano. Il terrorismo non è appannaggio esclusivo di bande che si dedicano al terrore, ispirate da fanatismi politici o religiosi, per cui non convince la qualificazione di Hamas come una banda di terroristi (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2023/10/12/palestina-guerra-o-terrorismo/).

Il discorso non si può astrarre dalla situazione materiale che vede Israele esercitare, dal 1967 un dominio su una popolazione palestinese sottoposta a occupazione militare e a svariate forme di controllo, di oppressione e di limitazione dei diritti civili. Non si può astrarre da una situazione che vede a Gaza una popolazione di due milioni di persone imprigionata in un carcere di massima sicurezza a cielo aperto, secondo la definizione dello storico israeliano Ilan Pappè. Un carcere dove i carcerieri intervengono regolarmente per sedare i tumulti. Dal 2008 al 2015 si sono abbattute su Gaza nove valanghe di fuoco intese ad eliminare razzi, tunnel e capi di Hamas, al prezzo di migliaia di vittime civili, inclusi feriti e rifugiati in ospedali e scuole dell’Onu.

Il diritto internazionale riconosce il diritto di resistenza, anche armata ai popoli che si trovano sotto una dominazione straniera. Il primo Protocollo aggiuntivo (alle Convenzioni di Ginevra) dell’8 giugno 1977 (Protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali) si applica a situazioni che comprendono «i conflitti armati nei quali i popoli lottano contro la dominazione coloniale e l’occupazione straniera e contro i regimi razzisti nell’esercizio del diritto dei popoli di disporre di sé stessi consacrato nella carta delle Nazioni unite» (art. 1, comma 4). Il secondo Protocollo aggiuntivo si applica a quei conflitti che si svolgono nel territorio di uno Stato fra le sue forze armate e «forze armate dissidenti o gruppi armati organizzati che, sotto la condotta di un comando responsabile, esercitano su una parte del suo territorio, un controllo tale da permettere loro di condurre operazioni militari prolungate e concertate» (art. 1). Non v’è dubbio che Hamas disponga di un certo controllo del territorio e di una organizzazione militare che agisce sotto la condotta di un comando responsabile. Quindi Hamas, non è una banda di terroristi, ma un soggetto politico militare che, a suo modo, esprime la resistenza del popolo palestinese alla occupazione israeliana. In quanto tale è vincolato al rispetto delle regole che governano i conflitti armati. Il fatto che Hamas sia un movimento di resistenza, non giustifica, né attenua la sua responsabilità per i crimini compiuti dai suoi miliziani, che costituiscono delitti che turbano profondamente la coscienza dell’umanità, come afferma lo Statuto della Corte Penale Internazionale. Per questo non ha senso qualificare l’attacco di Hamas come “aggressione” allo Stato di Israele, semmai si tratta di una “insurrezione”, di una “ribellione” a una condizione di vita insostenibile in cui vengono mantenuti gli abitanti di Gaza. Si tratta di un conflitto che rientra nel quadro della resistenza di un popolo oppresso nei confronti di una Potenza dominatrice.

Tuttavia il panorama del conflitto israelo-palestinese, è assolutamente differente da tutti gli altri casi storici in cui vi è una dominazione coloniale o un’occupazione straniera. Quando c’è un’occupazione militare o un dominio coloniale, la resistenza armata può costringere la Potenza coloniale o occupante a riportare in patria il suo esercito e a restituire la libertà al popolo oppresso. In questo caso è assolutamente impossibile. Qui vi sono due popoli che convivono nello stesso territorio, che va dalle rive del Giordano al mar Mediterraneo, e dovranno continuare a convivere qualunque sviluppo politico dovesse esserci in futuro (due Stati, un Stato federale, un solo Stato binazionale). Per questo la lotta armata non si può fare perché si risolverebbe in una serie di atrocità che renderebbero impossibile la convivenza, pregiudicando ogni soluzione politica. Nell’immediato, l’attacco criminale di Hamas espone la popolazione di Gaza a subire vendette e attacchi indiscriminati dai quali non è possibile difendersi.

L’impossibilità di risolvere il conflitto con le armi vale anche per la parte israeliana. La pretesa di fondare la propria sicurezza sulla forza militare e sulla capacità di sopraffazione del “nemico” ha dimostrato tutta la sua debolezza. Israele ha vinto tutte le sue guerre, ma non è riuscita a vivere un giorno in pace, anzi ha costruito con le sue mani quell’odio implacabile che adesso gli fa piangere le sue vittime innocenti.

Questa spirale di violenza è distruttiva per entrambi i popoli. L’impunità che la Comunità internazionale ha assicurato alle politiche israeliane di oppressione dei palestinesi, si è ritorta contro lo stesso Israele. Si dice che il sonno della ragione genera mostri. Nel Medio Oriente il sonno della giustizia e del diritto non poteva che generare mostri.

Gli autori

Domenico Gallo

Domenico Gallo, magistrato è stato presidente di sezione della Corte di cassazione. Da sempre impegnato nel mondo dell’associazionismo e del movimento per la pace, è stato senatore della Repubblica per una legislatura ed è componente del comitato esecutivo del Coordinamento per la democrazia costituzionale. Tra i suoi ultimi libri "Da sudditi a cittadini. Il percorso della democrazia" (Edizioni Gruppo Abele, 2013), "Ventisei Madonne Nere" (Edizioni Delta tre, 2019) e "Il mondo che verrà" (edizioni Delta tre, 2022).

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