Non sono solo canzonette

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Da tempo immemorabile il Festival di Sanremo rappresenta la più seguita manifestazione popolare italiana. Ogni anno milioni di persone seguono lo spettacolo trasmesso in mondovisione dalla Rai. Che piaccia o meno, il Festival esprime anche sul piano internazionale un aspetto della nostra identità culturale. Del resto l’Italia ha lanciato da Sanremo successi planetari che celebrano la vita, la felicità e l’amore. Non sono solo canzonette, il palcoscenico del festival è un’occasione ambita per messaggi di costume e di cultura varia che contribuiscono a delineare una sensibilità comune, uno specchio nel quale possono riconoscersi ampi strati della popolazione italiana. Entro certi limiti Sanremo svolge una funzione di educazione popolare, se noi pensiamo, per esempio, ai monologhi di Paola Cortellesi e Laura Pausini sulla violenza alle donne, di Pierfrancesco Savino con la poesia dei migranti, di Benigni o di altri artisti incentrati sui valori civili.

Proprio per questa sua funzione mediatico-popolare, ci inquieta profondamente apprendere che, in una delle serate clou dell’evento, presumibilmente sabato 11 febbraio, interverrà Volodymyr Zelenskij, capo di Stato di uno dei due paesi che oggi si affrontano in una guerra sanguinosa e atroce. Da Zelensky, impegnato in una guerra senza quartiere contro la Russia per conto della NATO e degli USA, possiamo attenderci solo parole di esaltazione della guerra e di odio mortale contro il nemico. Un odio così profondo da fargli rifiutare ogni negoziato e accettare qualunque sacrificio della sua gente per prolungare la guerra, inseguendo il sogno di una vittoria impossibile contro una potenza nucleare. In questo modo in una manifestazione di cultura popolare verrebbe innestata una assurda apologia della guerra. Durante il fascismo si educavano le giovani generazioni con lo slogan “libro e moschetto”, adesso rischiamo di orientare la cultura popolare verso l’esaltazione della guerra. Dal 24 febbraio dell’anno scorso i principali mass media hanno indossato l’elmetto e ogni giorno hanno cercato di anestetizzare nella coscienza collettiva l’orrore dei massacri, riabilitando la guerra come cosa buona e giusta, con una campagna martellante per arruolare l’opinione pubblica nel conflitto attraverso l’identificazione manichea amico/nemico. Questa propaganda di guerra a reti unificate non ha avuto un effetto travolgente se il popolo italiano, a differenza di altri popoli europei, resta in maggioranza contrario all’invio di armi e all’incremento delle spese militari. Sanremo, evidentemente, è un’occasione ghiotta per accrescere l’influenza del pensiero unico sulla guerra nella coscienza popolare.

Da più parti si sono levate voci contrarie alla partecipazione di Zelensky a Sanremo, anche da parte di esponenti del partito della guerra. La motivazione prevalente è che non è accettabile mischiare la guerra con i cugini di campagna, che non si può accostare il sacro (l’orrore della guerra) con il profano (le canzonette). Ebbene, non è questo il problema. Sanremo e gli altri eventi musicali non sono solo canzonette. Da sempre attraverso la musica (e le parole) vengono trasmessi sentimenti profondi che albergano nell’animo umano, non solo l’amore in senso erotico, ma anche l’amore per l’umanità, la compassione per le sofferenze causate dalle guerre, la speranza collettiva per una società liberata dagli oltraggi della violenza e del potere, l’aspirazione profonda alla pace che unisce gli umani al di là delle bandiere. Possiamo forse dimenticare che la lotta dei giovani americani contro la guerra nel Vietnam è stata scandita sulle note di Where have all the flowers gone, cantata da Joan Baez e di Blowing in the wind, cantata da Bob Dylan? Temi e sentimenti ripresi anche da interpreti italiani, come Gianni Morandi, con C’era un ragazzo, che ha portato il ripudio della guerra anche nel mondo delle canzonette. Possiamo dimenticare l’insegnamento poetico di Fabrizio De André con motivi intramontabili come La guerra di Piero o Se verrà la guerra?
Gli stessi sentimenti sono stati interpretati e resi popolari dal poeta e cantautore Vladimir Semënovič Vysockij, con la sua canzone Dal fronte non è più tornato, mirabilmente interpretata in italiano da Eugenio Finardi, che esprime lo sgomento per la vita dei giovani sacrificati in guerra. Infine l’aspirazione dell’umanità alla pace e il sogno di un mondo libero da ogni oppressione non poteva essere meglio espressa che da Imagine di John Lennon, un vero inno internazionale alla pace.

In questi tempi oscuri in cui si costruiscono nuovi cimiteri a ritmo forsennato e due popoli fratelli sono precipitati in un vortice di distruzione e morte, da un evento musicale importante come Sanremo ci saremmo aspettati non messaggi preregistrati di propaganda bellica, ma parole di speranza, come quelle di Fabrizio De André: «Lungo le sponde del mio torrente / voglio che scendano i lucci argentati / non più i cadaveri dei soldati / portati in braccio dalla corrente».

Gli autori

Domenico Gallo

Domenico Gallo, magistrato è stato presidente di sezione della Corte di cassazione. Da sempre impegnato nel mondo dell’associazionismo e del movimento per la pace, è stato senatore della Repubblica per una legislatura ed è componente del comitato esecutivo del Coordinamento per la democrazia costituzionale. Tra i suoi ultimi libri "Da sudditi a cittadini. Il percorso della democrazia" (Edizioni Gruppo Abele, 2013), "Ventisei Madonne Nere" (Edizioni Delta tre, 2019) e "Il mondo che verrà" (edizioni Delta tre, 2022).

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5 Comments on “Non sono solo canzonette”

  1. Non mi aspetto da Zelensky (se non eviterà il messaggio, dando retta a qualche consigliere dubbioso) che faccia semplice propaganda di guerra. Mi aspetto che cavalchi, convinto, l’onda dei sillogismi, che alimentano la degenerazione della politica e in particolare facilitano l’escalation. I sillogismi sono anche, per eccellenza, il meccanismo logico con cui un’arma tira l’altra: nel deflagrare del conflitto, come nella richiesta di materiale bellico. Sanremo è il contesto migliore per rimestare il minestrone dei sentimenti: “Noi all’amore ci teniamo, dunque amiamo la nostra patria, dunque la difendiamo in armi, dunque la nostra guerra è amore, dunque se non diamo limiti all’amore la dobbiamo combattere all’estremo, dunque la guerra che cresce dobbiamo alimentarla, anche voi amate e dunque ci dovete sostenere, il vostro sostegno in armi allora accompagna la crescita della guerra aumentando le armi… fino alla vittoria, anche se questa diventasse sempre più incerta e vaga… mal che vada vi avremo con noi nell’aldilà dei Giusti”.

  2. Trovo che questo articolo sia fuorviante, che rovescia i termini del confronto in atto. Non è l’Ucraina che sta attaccando la Russia, ma l’esatto contrario. Prova ne è che il conflitto si svolge sul suolo ucraino.
    l’Ucraina di oggi sta subendo un’invasione dalla Russia, proprio come il Vietnam aveva subito un invasione degli Stati Uniti d’America. Es anche allora si diceva che il Vietnam non aveva alcuna possibilità di resistere. I figli dei fiori dovrebbero cantare le loro canzoni in Russia. Ma se ci provano vengono arrestati. È la Russia che va fermata.

    1. Sì, “E’ la Russia che va fermata.” O, più correttamente, è Putin e il suo establishment che vanno fermati. Ma non bisogna dimenticare che probabilmente andavano fermati anche l’espansionismo NATO e le ingerenze USA nel governo ucraino. Non le dice niente la nomina a cariche governative in Ucraina di personaggi con nazionalità statunitense? Nell’intervento del magistrato Gallo mi sembra che sia messo in evidenza che la soluzione all’invasione ucraina , come ci viene detto a 360 gradi dalla sponda dell’Occidente, sia possibile soltanto con un belligerante braccio di ferro. Invece nel suo intervento Gallo cita vari esempi alternativi , sottintendendo implicitamente la necessità di ricorrere a vie diplomatiche e negoziali …

  3. … per la presenza di Zelensky a Sanremo prevale la logica della guerra giusta, l’uso delle armi come unico strumento fino alla fine , e la forma pilatesca di non essere d’accordo con la partecipazione ma anche si.
    In certi momenti serve il coraggio di dire no, gli artisti ospiti che vivono nell’espressione che l’arte musicale è veicolo di pace e libertà rinuncino alla presenza al festival, e si dichiarano disponibili per una serata di canti di pace per far smettere una folle guerra.

  4. Sono incredulo nel leggere questo intervento fuorviante su Volere la luna. Zelensky, la Nato, gli Usa, l’Europa. Va bene, le responsabilità per questo conflitto vengono da lontano nel tempo e da tutti i protagonisti. Da una parte e dall’altra. Ma l’invasore è uno solo. La Russia di Putin. Chi rifiuta più di tutti il negoziato è la Russia. Chi ha scatenato la guerra e bombardamenti è la Russia. Per fermare la guerra bisogna fermare Putin. Io l’Ucraina conquistata e soggiogata dalla Russia non la voglio vedere. Voglio costringere la Russia di Putin alla resa. Di Sanremo e delle canzonette m’importa niente. Domenico Gallo dovrebbe vergognarsi di questo articolo. E voi che lo pubblicate pure.

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