“Sono peggio tutti e due”

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Ma per il Quirinale è peggio Berlusconi o peggio Draghi? Una domanda che mi ricorda i giochini delle elementari: preferiresti tagliarti un braccio o una gamba? Più seriamente, per usare una celebre frase di Herzen, «sono peggio tutti e due».

Non c’è bisogno di argomentare molto sul primo: dai rapporti con la mafia all’appartenenza alla loggia eversiva e golpista della P2, dalla condanna per frode fiscale alla corruzione come strumento politico all’occupazione dello Stato, dall’odio per la magistratura (anzi, per la giustizia) a un maschilismo predatorio e osceno. B. è il Caimano, e tutto il mondo lo conosce per quello che è – nonostante la bolla di un Parlamento di nominati alla canna del gas possa provare a dimenticarsi di tutto questo. Eppure, se davvero succedesse l’enormità di una sua elezione a presidente della Repubblica (eventualità che sarebbe suicida ritenere infondata), credo che una reazione ci sarebbe: nel Paese e fuori. In molti ci rifiuteremmo di appenderne il ritratto negli uffici pubblici, si moltiplicherebbero le manifestazioni, e la montagna di melma che lo insegue da una vita finirebbe per provocarne le dimissioni. Uno scenario comunque da incubo.

Ma la soluzione a questa apocalissi costituzionale non può essere Mario Draghi. Per due ordini di ragioni.

Innanzitutto, per quelle che hanno a che fare con il collasso, formale e sostanziale, del sommo organo di garanzia costituzionale nell’esecutivo. Un presidenzialismo di fatto che stroncherebbe ciò che rimane dell’equilibrio dei poteri di una Repubblica già non più parlamentare. Come ha spiegato su questo stesso sito Francesco Pallante (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/12/31/perche-draghi-non-puo-andare-al-quirinale/), «anche solo l’ipotesi di un Draghi al comando diretto del Quirinale e indiretto di Palazzo Chigi equivarrebbe allo scardinamento della Costituzione vigente».

E poi perché se B. rappresenta l’anticostituzione fatta persona, D. rappresenta l’anticostituzione fatta ideologia. Nell’estate del 2011 la lettera del presidente della BCE Trichet e dell’allora governatore della Banca d’Italia Draghi sancì di fatto la fine dell’ultimo governo Berlusconi, aprendo la porta a un altro Mario “tecnico”: Monti. In quella lettera si chiedeva al governo di smantellare ciò che rimaneva ancora in piedi del progetto politico della Costituzione: privatizzazioni selvagge di beni e servizi pubblici («È necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala»); dominio dell’impresa sui lavoratori attraverso la parcellizzazione dei contratti (non più nazionali) e una sistematica precarizzazione («C’è anche l’esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione»), licenziamento più facile («Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi») e sterilizzazione di ogni politica sociale attraverso l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione («Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda più stringenti le regole di bilancio»). Era il binario su cui sarebbe stata istradata la politica dei dieci anni successivi: quelli che hanno consegnato alla pandemia un’Italia mostruosamente diseguale, ingiusta, povera. Ma, dicono i sacerdoti della propaganda, ora Draghi è diverso: «è il momento di dare», ha detto lui stesso bocciando la timidissima tassa di successione proposta da Enrico Letta. Ma dare a chi? Non certo a chi ne ha bisogno, come dimostra la sua “riforma” fiscale, ispirata al cosiddetto “principio di san Matteo”, per cui a chi ha sarà dato, e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Del resto, il bilancio pluriennale dello Stato presentato da Draghi prevede per il 2024 una discesa della spesa in sanità, che sarà ancora meno finanziata di quanto già non lo fosse alla vigilia della pandemia (si prevede un 6,3% del PIL contro il 6,5% del 2019!): non ne siamo usciti migliori, ne siamo usciti sotto il tallone dei Migliori.

Nonostante l’evidenza di tutto questo, l’elezione di D. alla presidenza della Repubblica non comporterebbe un’ondata di sdegno, ma anzi la sua completa santificazione e il definitivo tradimento della Costituzione. Non illudiamoci: proprio come le malattie nascoste non sono meno letali di quelle palesi, le conseguenze dell’arrivo di D. al Quirinale non sarebbero meno letali di quelle dell’arrivo di B.

Gli autori

Tomaso Montanari

Tomaso Montanari insegna Storia dell’arte moderna all’Università per stranieri di Siena. Prende parte al discorso pubblico sulla democrazia e i beni comuni e, nell’estate 2017, ha promosso, con Anna Falcone l’esperienza di Alleanza popolare (o del “Brancaccio”, dal nome del teatro in cui si è svolta l’assemblea costitutiva). Collabora con numerosi quotidiani e riviste. Tra i suoi ultimi libri Privati del patrimonio (Einaudi, 2015), La libertà di Bernini. La sovranità dell’artista e le regole del potere (Einaudi, 2016), Cassandra muta. Intellettuali e potere nell’Italia senza verità (Edizioni Gruppo Abele, 2017) e Contro le mostre (con Vincenzo Trione, Einaudi, 2017)

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3 Comments on ““Sono peggio tutti e due””

  1. Il Draghi salvatore della Patria è in verità un tormentone che solo i ciechi vedono solo negli ultimi anni. Ricordo invece molte puntatone di vecchie trasmissioni di Michele Santoro (che per la sedicente “sinistra” è sempre stato molto più maitre a penser di una sardina raccomandata dai notabili democratici), nelle quali il conduttore si sperticava proprio a dirigere la pittura di tale affresco. Ne emergeva sempre il mito del Draghi Ultima Chance (sottinteso: perchè dall’altra parte B. è peggio e noi siamo meglio, garantiremo da sinistra…).
    La vicenda del 2011 che lo vide incrociare le sciabole a duello mascherato con B…. in realtà vide convergere sostanziose faglie di storia, tra le quali è primaria la geopolitica (guerra in Libia e politica antirussa). E nella geopolitica Draghi non pare essere un monarca, quanto piuttosto un maggiordomo. Non che Napolitano o Mattarella lo fossero di meno, però…
    Riguardo all’oggi, credo che la miglior visione sia quella di Scanzi: non avremo Draghi o Berlusconi al Quirinale, ma un Berluschino. Io ne faccio il nome: Casellati. Suvvia, una donna… anche se è sempre stata una delle più tetragone difenditrice del B.: perchè trattavasi davvero della nipote di Mubarak, e B. faceva l’interesse nazionale.

  2. Montanari: questo o quello per me pari sono? Non è che per essere originale a tutti i costi rischi di strafare e di inficiare di conseguenza le tue opinioni?
    Con simpatia ma un po’ deluso
    Leo Piacentini

  3. Montanari è uno dei pochissimi che ha il coraggio di esprimere le proprie idee senza la paura di diventare impopolare.
    L’informazione mainstream, sinistra compresa, è tutta schierata nella difesa ad oltranza del ruolo fondamentale di D. Dove lo metti sta bene…
    Grazie prof. Montanari, Lei mi fa continuare a credere che una vera alternativa ci possa ancora essere.

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