«C’è dentro quel che serve per andare avanti nell’interesse del Paese»: il commento del segretario del Pd al discorso di Mario Draghi al meeting di Comunione e Liberazione è l’ennesima conferma della fine di una Sinistra intesa come critica allo stato delle cose.
Quel discorso, infatti, è il trito manifesto di una destra moderata: l’epitome del pensiero delle classi dirigenti conservatrici e liberiste che hanno condotto l’Europa e l’Italia su un binario morto. Lo scopo di Draghi è difendere a oltranza lo stato delle cose. Lo dice chiaramente quando condanna il fatto che le giuste critiche alle politiche dell’Unione siano diventate, «nel messaggio populista, una critica contro tutto l’ordine esistente». Un ordine che per Draghi è intoccabile, a partire dal suo architrave ideologico: la crescita.
È qui che il discorso si fa dogmatico: «Il ritorno alla crescita, una crescita che rispetti l’ambiente e che non umili la persona, è divenuto un imperativo assoluto: perché le politiche economiche oggi perseguite siano sostenibili, per dare sicurezza di reddito specialmente ai più poveri». È un paradigma perento, ipocrita, smentito dalla realtà: la chimera di una crescita che continui com’è ora, ma sia sostenibile sul piano ambientale e sociale. Evidenze scientifiche e sociali escludono che questo sia possibile: l’imperativo assoluto della crescita è un imperativo assoluto al suicidio collettivo.
Draghi non parla di eguaglianza, tantomeno di giustizia sociale, ma della necessità di non “umiliare” ulteriormente i poveri, e di non erodere ancora i loro poveri redditi attuali. Nessun cambiamento: la messa in sicurezza dell’ordine attuale, fondato su una insostenibile ingiustizia, cioè sul consumo sfrenato del pianeta e sulla massima diseguaglianza possibile. L’obiettivo è la conservazione degli attuali rapporti di forza che garantiscono i (pochissimi) salvati contro i (tantissimi) sommersi.
Ma Draghi sa bene che «se rimanesse invariata la distribuzione attuale dell’incremento del reddito mondiale sarebbero necessari da 123 a 209 anni per far sì che tutti gli abitanti del pianeta vivano con più di 5 dollari al giorno. Ciò richiederebbe una produzione e un consumo globali 175 volte più elevati degli attuali: un incremento incompatibile con i limiti strutturali del pianeta» (Marco Revelli). Già dieci anni fa un finissimo intellettuale socialdemocratico come Tony Judt puntava il dito contro «l’illusione di una crescita senza fine», e oggi la voce profetica di Greta Thunberg grida ai potenti che «le persone stanno soffrendo, stanno morendo. Interi ecosistemi stanno collassando. Siamo all’inizio di un’estinzione di massa. E tutto ciò di cui parlate sono soldi e favole di eterna crescita economica».
Draghi è tra i più abili raccontatori di quelle favole. Favole il cui più ascoltato critico si chiama invece papa Francesco, che nella Laudato si’ ha ribaltato il paradigma, indicando con forza «l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta […] l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso […] la grave responsabilità della politica internazionale e locale […] la proposta di un nuovo stile di vita». Non è un caso che Comunione e Liberazione scelga di schierarsi dalla parte opposta al papa: non con la profezia di Bergoglio, ma con lo stato delle cose di Draghi.
In questo spartiacque culturale, nemmeno Zingaretti ha dubbi: colloca il Pd con Draghi, non con Francesco. È un’affinità elettiva. Annunciando, qualche giorno, fa il suo «piano per le riforme», il segretario ha scelto di usare (su Twitter) l’espressione “capitale umano” (che ricorre più volte nel discorso di Draghi): una formula (coniata da un economista tra i più fanatici dell’ultraliberismo della Scuola di Chicago) che insieme ad altre (si pensi a “mercato del lavoro”) è una eloquente spia lessicale della sudditanza al pensiero unico dominante. Per aver sottolineato (sempre su Twitter) quanto fosse significativo l’uso di questa espressione da parte del segretario del Pd, sono stato attaccato duramente: ma non da esponenti o militanti del partito, bensì da giornalisti del Foglio e da mezze figure di economisti liberisti. Ulteriore piccola verifica empirica del retroterra culturale del Pd. Che non è più nemmeno in grado di mettersi in relazione con l’immaginario corrente alimentato da film, pure assai moderati, come il Capitale umano di Paolo Virzì (2013), che nei titoli di coda spiega il senso del titolo attraverso la definizione del metodo seguito per calcolare l’indennizzo corrisposto dall’assicurazione di una famiglia di ricchi e spregiudicati industriali un cui membro aveva ucciso, investendolo con un SUV, un cameriere che tornava dal lavoro: «Importi come questo vengono calcolati valutando parametri specifici: l’aspettativa di vita di una persona, la sua potenzialità di guadagno, la quantità e la qualità dei suoi legami affettivi. I periti assicurativi lo chiamano il capitale umano». Un modo efficace per far comprendere il senso lato della mercificazione della persona umana suggerito da una espressione come quella: una mercificazione che dovrebbe essere il primo obiettivo polemico di una qualunque sinistra.
Ma alla destra fascistoide di Salvini, Zingaretti oppone la destra moderata di Draghi: di sinistra, nessuna traccia.
Il PD sta’ spendendo, quando non ne può fare a meno, qualche briciola di sinistra per rifarsi il trucco. Secondo me questo lo porterà ad esplodere davanti alle proprie contraddizioni.
La sinistra addaveni. Good luck
Bella riflessione. Che tuttavia male si accorda con la nomina di Mario Draghi, in qualità di membro ordinario, alla Pontificia Accademia delle Scienze. Nomina effettuata da Papa Francesco. La notizia risale al 10 luglio 2020. Mi illudo che Draghi voglia promuovere, sempre troppo timidamente, una virata (…a sinistra?) rispetto alla direzione neoliberista della politica economica della UE. Anche in un suo recente articolo sul Financial Times un Draghi inaudito vaticina livelli di indebitamento pubblico sempre più alti per far fronte alla mancanza di reddito dei privati. Da cosa nasce cosa…
Buongiorno Professore,
Sono in linea con tutto ciò che ha scritto. Della relazione tra le condizioni di vita dei più poveri e il degrado ambientale aveva già parlato Martin Luther King. Forse fu il primo a rilevare questo nesso riferendosi alle condizioni di vita degli Afro-Americani.
Circa i danni di uno sviluppo industriale incontrollato, basterebbe studiare la vicenda umana e industriale di Aurelio Peccei e del Gruppo di Roma. Mi domando se Zingaretti, Di Maio, Azzolina sappiano di cosa sto parlando.
Le previsioni dei danni che si sarebbero prodotti all’interno delle comunità e negli ecosistemi erano basate su calcoli rigorosi. Quanto previsto dagli scienziati del gruppo di Roma in collaborazione con i colleghi dell’ MIT si è purtroppo rivelato esatto . E tuttavia nessun politico italiano, economista, intellettuale, ha prestato attenzione ai disastri ecologici previsti né allora né oggi.
L’economista Draghi parla e pensa da economista di un establishment vetusto e dannoso. Il politicante Zingaretti parla da , non saprei da cosa. I 5 stelle sproloquiano su tutto da veri incompetenti quali sono. La politica ha vergognosamente ignorato il problema dell’inquinamento ambientale e del disastro sociale e tuttora lo fa.
L’unico che parla con cognizione di causa e’ il Papa. Ed infatti Lei lo cita. La sua Laudato si’ è un testo che ho consigliato di leggere nelle mie classi. Chiarissimi i nessi individuati da Francesco tra disastri naturali e ingiustizia sociale.
La ringrazio per la chiarezza dei Suoi articoli che seguitero’ a leggere.
Cordiali saluti
Elena Baldi
Docente di lingua e letteratura inglesi
Liceo Linguistico Statale Regina Margherita di Torino