Firenze al tempo della Lega

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Firenze al tempo della Lega: in tutti i sensi. Il prefetto Laura Lega ha deciso di applicare i “Daspo urbani” creati da Marco Minniti e ampliati da Matteo Salvini: a Firenze vengono individuate 17 «zone rosse» dalle quali le forze dell’ordine potranno allontanare coloro che siano stati denunciati per alcuni reati (spaccio, reati contro la persona, danneggiamento e commercio abusivo). Le zone rosse comprendono anche «musei e altre aree di interesse turistico».

Come Lorenzo Guadagnucci ci ha spiegato in un magnifico libro di dieci anni fa (Lavavetri, 2009) e torna a dirci su questo sito (vedi: Zone rosse, prefetti e sindaci sceriffi), la repressione securitaria a Firenze ha una lunga storia. E anche il desiderio di rimuovere la povertà (etichettata come “degrado”) dalla vetrina del Rinascimento è un veleno antico: fa impressione rileggere oggi un piccolo capolavoro di Antonio Tabucchi del 1999, Gli zingari e il Rinascimento. Vivere da Rom a Firenze.

Il Daspo urbano è una misura già applicata in moltissime città italiane, ed è una misura clamorosamente incostituzionale. Perché limita la libertà personale senza passare dalla decisione di un giudice: e per questo è un ritorno ai confini o agli esilî decisi dal potere esecutivo. Una misura che ereditiamo direttamente dal fascismo. Ed è contro la Costituzione per un’altra evidente ragione: per essere allontanati non serve una condanna, basta una denuncia. In attesa del primo ricorso incidentale alla Corte Costituzionale, qualche associazione coraggiosamente impegnata per le libertà costituzionali, o la candidata della sinistra Antonella Bundu, potrebbero simbolicamente denunciare il prefetto Lega o il sindaco Nardella per qualcuno di quei reati (spaccio di … retorica securitaria?), ottenendo il paradossale e clamoroso risultato di farli allontanare dalle zone rosse.

Già, il sindaco Nardella. Coerentemente con la sua politica di sgomberi di case occupate (in una città che non ha dimenticato il sindaco Giorgio La Pira, che al contrario sequestrava le case sfitte per darle a chi non ne aveva) e di sostegno esplicito alla linea Minniti, Nardella ha applaudito all’ordinanza “leghista”.

A Firenze, come è noto, si vota a maggio per il sindaco, e il plauso di Nardella si è immediatamente confuso con quello del candidato del centrodestra, il “cattolicone” Ubaldo Bocci, già presidente di Unitalsi. Questo totale accordo tra centrosinistra e destra su un tema cruciale come la privazione incostituzionale della libertà personale in nome della sicurezza (che significa sostanzialmente l’espulsione della sofferenza sociale dalla città vetrina) è il dato politico fondamentale che ha costruito e legittimato l’egemonia culturale di destra.

Non si riesce a spiegare al PD che, facendo politiche di destra, spiana la strada alla vittoria della Lega. Per rimanere in Toscana: a Pisa è stata la giunta del PD a fare analoghi “Daspo urbani”; e subito dopo la Lega ha vinto le elezioni.

A Firenze, però, questo non succederà. Per la banale ragione che Salvini ha deciso di non prendersela, forse in attesa di prendersi la Regione Toscana l’anno prossimo. In riva d’Arno si continua ancora con la formula del vecchio centrodestra pattizio: vige ancora un patto del Nazareno, l’antica pratica consociativa per cui il potere appartiene a un’unica oligarchia che solo nominalmente si divide in schieramenti elettorali. Tanto per dire, il debole candidato Bocci (che non ha nulla a che vedere con la Lega lepenista, ed è palesemente messo lì per perdere) ha aperto la sua campagna “contro” Nardella ricordando il proprio “sì” al referendum renziano! Tutti ricordano che quando l’“avversario” di Renzi era il buon portiere della Fiorentina Giovanni Galli, la moglie di Denis Verdini organizzava le cene elettorali … per Renzi. Già, perché il garante dell’unico blocco di potere fiorentino è sempre stato lo zio Denis, ed è evidente che il neosuocero di Matteo Salvini è riuscito ancora una volta a imporre la sua fruttifera pax florentina, benedicendo di fatto un Nardella bis che avverte del tutto omogeneo ai suoi interessi.

Sui grandi affari fiorentini – come il nuovo aeroporto scempia-ambiente, la cui società è presieduta da Marco Carrai – Nardella e Bocci sono perfettamente d’accordo: la città della rendita è l’altra faccia della città della repressione contro i poveri cristi, che non vogliamo più nemmeno vedere nella zona rossa dello storytelling del Rinascimento.

E forse la prossima ordinanza sarà per censurare gli affreschi di Masaccio alla Cappella Brancacci, dove i mendicanti e i marginali hanno una dignità che a Palazzo Vecchio non si riconosce da troppo tempo.

Gli autori

Tomaso Montanari

Tomaso Montanari insegna Storia dell’arte moderna all’Università per stranieri di Siena. Prende parte al discorso pubblico sulla democrazia e i beni comuni e, nell’estate 2017, ha promosso, con Anna Falcone l’esperienza di Alleanza popolare (o del “Brancaccio”, dal nome del teatro in cui si è svolta l’assemblea costitutiva). Collabora con numerosi quotidiani e riviste. Tra i suoi ultimi libri Privati del patrimonio (Einaudi, 2015), La libertà di Bernini. La sovranità dell’artista e le regole del potere (Einaudi, 2016), Cassandra muta. Intellettuali e potere nell’Italia senza verità (Edizioni Gruppo Abele, 2017) e Contro le mostre (con Vincenzo Trione, Einaudi, 2017)

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