Oltre (tomba) Requiem per il Pd

Volerelaluna.it

28/06/2018 di:

Enrico Berlinguer

Il commento più ferocemente sintetico è quello di Tomaso Montanari sul Manifesto: «Pd missione compiuta: ora il rosso è solo quello della Ferrari»,  titolo di una graffiante intervista in cui si spiega, tra l’altro, che l’inizio della fine non coincide con lo “staiserenoenrico” ma risale a ben prima: “Renzi è stato solo il botto finale. Ricordo che quando inizia la sua parabola politica, dice che per lui le bandiere rosse sono quelle della Ferrari. La sua parabola è finita ora, non il 4 marzo o il 4 dicembre. Ma paradossalmente ha vinto: oggi l’Italia, e la Toscana, pensano che le bandiere rosse siano quelle della Ferrari.” “Dopo muro di Berlino – dice Montanari – la sinistra ha pensato di aver perso perché aveva torto. Così l’agenda è diventata quella di Tony Blair, riassumibile nell’acronimo «Tina»: non ci sono alternative. Allora resta solo lo storytelling, da Veltroni a Renzi, che sono in continuità. Smettendo di pensare che la sinistra possa cambiare il mondo, perché il mondo è immodificabile e chi sta sopra sta sopra, chi sta sotto sta sotto. E la politica non cambia più nulla. Se non la vita di chi la fa”.

Il commento più appassionatamente disperato alla débacle elettorale del Pd, invece, l’ha fatto Maria Teresa Meli – la portavoce esterna di Matteo Renzi distaccata al Corriere -, a caldo, già il 25 giugno, dall’epicentro del sisma, Siena: “Si teme, si perde. Fino a sera il Pd soffre. E poi tracolla. La Toscana non è più rossa. Il Pd non ha più una base elettorale. Il Pd sta per essere sconfitto nella lotta per la sopravvivenza. Perdere Pisa rappresenta un grande problema, la caduta di Massa è duraMa perdere Siena è ben peggioÈ un colpo esiziale. E non solo perché la roccaforte rossa toscana per antonomasia ha una valenza politica per il Pd pari a quella di Bologna. C’è di più. Ed è quello che ha fatto stare in ansia per tutto il giorno il segretario dei dem senesi Simone Vigni. Il centrodestra infatti ha già conquistato sia Grosseto che Arezzo: con Siena diventa maggioranza in tutta la Toscana del Sud. Mettendo così una bella ipoteca sulle future elezioni regionali. Sì, il Carroccio potrebbe trascinare il centrodestra alla conquista della Toscana nel 2020″. Poi la conclusione, sul quadro nazionale:  “Mentre il Pd toscano, che annaspa anche a Massa, dove ha perso, si giocava la partita della sopravvivenza, al Nazareno la tensione era a mille. Martina è rimasto defilato e il suo predecessore Renzi si è tenuto ben lontano dalla contesa elettorale. C’è chi dice che lo abbia fatto perché ha in testa di metter su un partito macroniano e chi giura che invece stia lavorando a un progetto — televisivo — che con «la politica-politica non c’entra niente»”.

La sintesi più lucida, infine, la si trova su “La Presse”, per la penna di Elisabetta Graziani che evoca nientemeno che Thomas Hobbes e il suo bellum omnium contra omnes: “È guerra di tutti contro tutti. Nel Pd Matteo Orfini critica Calenda, Minniti e Gentiloni. Nicola Zingaretti lancia il ‘movimento per l’alternativa’ con sindaci e associazioni di cui il Pd dev’essere il protagonista. Mentre Calenda annuncia il manifesto del Fronte repubblicano, una “grande lista civica nazionale” che superi il Partito democratico.  Da Bologna, Romano Prodi propone di andare ‘oltre il Pd’, ma in modo diverso da Carlo Calenda. E l’altro padre fondatore dell’Ulivo, Arturo Parisi, precisa che non si tratta tanto di andare “oltre” quanto “in profondità” alla ricerca dell’origine delle ansie degli italiani per offrire “una alternativa reale” a quella reazionaria ora in campo. Ma, sottolinea lo stratega dell’Ulivo, “limitarsi a continuare sulla stessa strada sarebbe un’illusione”, tanto quanto sarebbe un errore disperdere il patrimonio Dem. In mancanza di una linea e di una prospettiva, la crisi d’identità rischia di travolgere il Pd nel suo undicesimo anno di vita. Le diverse anime del partito salgono a galla e non sempre in accordo tra loro. In Transatlantico al Senato ci si chiede che intenzioni abbia Matteo Renzi, si guarda a Nicola Zingaretti e si fanno ipotesi su Paolo Gentiloni. Alla Camera si mormora contro l’area di Andrea Orlando e Cesare Damiano che presenta in conferenza stampa un pacchetto di proposte di legge da “offrire” al Pd con cui si prevede di modificare il Jobs act e, di fatto, di votare a favore della ‘quota cento’ per le pensioni voluta dall’esecutivo M5s a patto di alcune modifiche”.

Pier Paolo Pasolini in Le ceneri di Marx

Dall’interno il tema ricorrente è quello dell’”Andare oltre”. Lo urla a squarciagola, facendone addirittura un “manifesto politico” programmatico, Carlo Calenda, che sceglie – sciaguratamente a nostro avviso – per lanciarlo Il Foglio  (un fogliaccio letto da pochi intimi malati di politica politicante fondato da uno stalinista diventato bigotto e votato quasi esclusivamente alla lotta all’aborto e alla difesa di Israele senza se e senza ma). L’analisi della situazione non solo italiana ma europea proposta come premessa al documento (che si propone come base identitaria del costituendo “Fronte repubblicano”, ressemblement dei “progressisti”) sarebbe anche in ampia parte condivisibile: “Dall’89 in poi i partiti progressisti hanno sposato una visione semplificata e ideologica della storia. L’idea che l’avvento di un mondo piatto, specchio dell’Occidente, fondato su: mercati aperti, multiculturalismo, secolarizzazione, multilateralismo, abbandono dello stato nazionale, generale aumento della prosperità e mobilità sociale, fosse una naturale conseguenza della caduta del comunismo si è rivelata sbagliata. Oggi l’Occidente è a pezzi, le nostre società sono divise in modo netto tra vincitori e vinti, la classe media si è impoverita, la distribuzione della ricchezza ha raggiunto il livello degli anni Venti, l’analfabetismo funzionale aumenta insieme a fenomeni di esclusione sociale sempre più radicali. La democrazia liberale è entrata in crisi in tutto il mondo e forme di democrazia limitata o populista si vanno affermando anche in Occidente. La Storia è prepotentemente tornata sulla scena del mondo occidentale.” – si legge nelle prime righe.  E poi, sull’Europa: “L’Unione Europea è figlia di una fase “dell’Occidente trionfante” da cui ha assunto un modello di governance politica debole, lenta e intergovernativa. L’Eurozona al contrario ha definito una governance finanziaria rigida ispirata da una profonda mancanza di fiducia tra “Sud e Nord”, incapace di favorire la convergenza, gestire gli shock senza scaricarli sui ceti deboli e promuovere la crescita e l’inclusione. Tutte queste pecche sono frutto di scelte degli Stati membri e non della Commissione Europea o dell’Europa in quanto tale”. E sugli errori strategici delle sinistre “progressiste”: “La crisi dell’Occidente ha portato alla crisi delle classi dirigenti progressiste che hanno presentato fenomeni complessi, globalizzazione e innovazione tecnologica prima di tutto, come univocamente positivi, inevitabili e ingovernabili allontanando così i cittadini dalla partecipazione politica. Allo stesso modo l’idealizzazione del futuro come luogo in cui grazie alla meccanica del mercato e dell’innovazione il mondo risolverà ogni contraddizione, ha ridotto la narrazione progressista a pura politica motivazionale. Il risultato è stato l’esclusione del diritto alla paura dei cittadini e l’abbandono di ogni rappresentanza di chi quella paura la prova. I progressisti sono inevitabilmente diventati i rappresentanti di chi vive il presente con soddisfazione e vede il futuro come un’opportunità”. In conclusione di questa “premessa”, una costatazione senza dubbio realistica: “I prossimi 15 anni saranno probabilmente tra i più difficili che ci troveremo ad affrontare da un secolo a questa parte, in particolare per i paesi occidentali… Il cambio di paradigma economico avverrà ad una velocità mai sperimentata nella Storia. Le nostre democrazie, colpite da una gestione superficiale della globalizzazione, non possono sopravvivere a un secondo shock di dimensioni molto superiori. Lo scenario che abbiamo sopra descritto richiederà un impegno diretto dello Stato in una dimensione mai sino ad ora sperimentata”. Ma poi, la montagna sembra generare il topolino. Le proposte programmatiche sono, al di là delle formule linguistiche, il vecchio pastone neo-liberale, tendenzialmente tecnocratico, vagamente orientato a una sorta di “conservatorismo compassionevole” più come tattica per sottrarre terreno ai “populismo” che come riconoscimento di diritti sociali e assunzione piena di responsabilità e rappresentanza di classi sociali sacrificate dal modello economico e sociale dominante: 1. Continuità con il dogma ordo-liberista del debito come colpa da espiare e come accettazione del dominio dei creditori sui debitori (quello che ha pesato come un macigno sulla Grecia e che qui si esprime nella formula “Deficit e debito vanno tenuti sotto controllo, non perché ce lo chiede l’Europa ma perché è indispensabile per trovare compratori per il nostro debito pubblico”) e continuità con la politica del disumano inaugurata da Marco Minniti nel Mediterraneo con il suo “codice del disonore” sulle Ong non per nulla proseguito e accentuato da Salvini; 2. Restyling degli ammortizzatori sociali presentato sotto l’etichetta “Proteggere gli sconfitti”, evidentemente senza riscattarli dalla sconfitta, né tentando di rovesciarne le sorti ma, appunto, “proteggendoli” come gli antichi signori feudali facevano con i propri servi della gleba; 3. “Investire nelle trasformazioni, per allargare la base dei vincenti (sic!), su infrastrutture materiali e immateriali (università, scuola e ricerca)”, le prime sembra di capire sulla stessa linea delle retoriche si-tav e della devastazione di territori e comunità, le seconde (quelle immateriali” che come l’abito grigio “fa sempre elegante e non impegna”) ; 4. [pura retorica] “promuovere l’interesse nazionale in UE e nel mondo. Riconoscendo che non esistono le condizioni storiche oggi per superare l’idea di nazione. Al contrario abbiamo bisogno di un forte senso della patria per stare nel mondo e in UE”;  5. Piano shock contro analfabetismo funzionale, senza tuttavia dirci di quale cultura bisognerebbe curare la diffusione. Infine, un richiamo al “diritto alla paura” dal significato piuttosto oscuro… 

Poi c’è Romano Prodi che si unisce alla compagnia degli “ultranei” o degli “ulteriori”, a quelli che marciano sotto il segno dell’”Andare oltre”. In una pesante intervista su “Repubblica” – titolo: “Il tramonto delle regioni rosse. Prodi: ‘Ora andare oltre il Pd’” – il padre dell’Ulivo ha detto che «Occorre un pensiero nuovo, magari anche una formazione nuova. Sicuramente qualcosa che vada oltre il recinto del Pd». E il segretario regionale del Pd, Paolo Giaretta, renziano di stretta osservanza, sul “Corriere del Veneto“, è stato ancor più lapidario (nel senso letterale del termine): “Il Pd è un cadavere” (per accreditare l’idea che «La rottamazione di Renzi ha solo spalancato le porte al populismo»). Mentre il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino guarda a un “oltre” come dire?, locale: “Oltre il Pd c’è il Piemonte” confida al cronista del pettegolissimo “Spiffero” che  lo intercetta all’aeroporto “reduce dall’incontro con il reggente Martina”, e l’idea di un Pd che alle prossime elezioni potrebbe forse salvarsi se, testuale: “si presentasse in un campo più largo, nei confini di un europeismo ‘critico ma fermo’”, che in chiamparinese sembra voler dire con i “moderati” berlusconiani…  E sul versante opposto Luciano Canfora, sul “Fatto” spara a palle incatenate invocando addirittura per il defunto Pd la cremazione: “Il Pd va incenerito. Per Tucidide la speranza porta alla rovina della città”. Su tutto il de profundis di Fabio Luppino, su Huffington Post:  “Renzi era troppo e troppo poco. Aveva capito il meccanismo, la macchina mortale del padre che mangia i suoi figli e l’aveva governata con cattiveria, non avendo autorevolezza. Ma un leader politico che vince primarie a cui non crede nessuno e guida saldamente un gruppo parlamentare costellato da conversioni di comodo (la stragrande maggioranza degli eletti nel 2013 erano bersaniani, cinque anni dopo la stessa maggioranza era renziana) non può che fare la fine che poi ha fatto. Le pecore votano, ma non smettono di belare. L’abbaglio del 2014 sembrava aver messo tutti a tacere. Ma si è sostituito il vuoto politico e ideale con scelte di governo più di destra che di sinistra e quel vuoto si è allargato, così come la distanza con gli elettori, i tuoi.”

Infine vengono i commenti colti. Uno su tutti quello di Ezio Mauro su una mission impossible: Come ritrovare la sinistra.  “Mentre il mondo nuovo mette in crisi il pensiero liberale e l’Italia sperimenta la torsione a destra più feroce degli ultimi decenni – scrive -, entra in crisi il concetto stesso di sinistra: come se fosse una persistenza del Novecento, finita insieme col mondo delle fabbriche e delle classi organizzate. La campana a morto per l’Occidente e il campo della liberal-democrazia era suonata con l’elezione di Trump, che non ha avuto nessuna lettura adeguata a sinistra. Nessun cambio di comportamento: divisioni, meschinità che non vale nemmeno la pena ricordare, responsabilità che non sarà facile dimenticare. Mentre c’era ancora per il Pd la possibilità di giocare il ruolo di partito responsabile del sistema, questa è stata nullificata costantemente dalle polemiche intestine, dalle lotte fratricide, dall’ incapacità di capire che il vero avversario non cresceva nelle proprie file ma nelle nuove destre mascherate col volto dell’antipolitica”.  Dove il “ruolo di partito responsabile del sistema” sarebbe consistito nel compito storico di “difendere l’identità europea, il principio occidentale, il pensiero liberal-democratico”. Un’impresa per molti aspetti disperata perché purtroppo oggi sono proprio l’Europa, il “principio occidentale” e la sua ideologia incarnata nel  dogma ordo-liberista a funzionare come una gigantesca macchina che riproduce su scala allargata – e per reazione – veleni populisti. Ma il tratto più drammatico non è questo. E’ costituito dai commenti dei lettori – i lettori di Repubblica – che rispondono al tweet di Mauro così: “Andando a chi l’ha visto” (Violare.bis in risposta alla domanda Come ritrovare la sinistra? ); “Hanno rovinato milioni di famiglie e ancora sperano in un’altra occasione … fino a che ce ne anche uno solo dei criminali del PD… STARETE NELLE FOGNE DOVE È GIUSTO CHE STIATE … FARABUTTI ASSASSINI ANTI POPOLO ITALIANO” (Antonio Cossu); “Mettiamo un nastro sulla sinistra in modo che si riconosca e non la di confonda (come fatto negli ultimi anni) con la destra” (Daniele Lorenzet); “Come perdere la sinistra, non trovarla più e fregarsene” (Elio Orlandini); “Destra e sinistra sono solo gli alibi per chi non ha ancora capito dove sono i problemi da risolvere e le esigenze vere e concrete degli elettori. Per i popcorn, beh occhio alle indigestioni !” (Franco Aletti); Provate col microscopio (Annabelle);  “Con il lanternino…. si è autodistrutta… ha preferito stare altrove che vicino al popolo italiano sofferente (marotta rita); “Come ritrovarla? ci vogliono gli archeologi oramai, sono un reperto storico e bisognerà scavare molto per trovarli, e nella lapide una leggenda dice che ci sia scritto, qui giace il partito che ha tradito i lavoratori e le sue famiglie.” (Fulvio) ; “Pure pagare, per leggere stronzate …. andate parlare con la gente giornalari d’élite ……” (Lorenzo Lorenzon); “È rimasta chiusa in qualche banca” (luca savi); “Provare all’ufficio soggetti smarriti.” (Nemesi); “Ormai gli italiani hanno tirato lo sciacquone!” (Andreas Tonazzi); “Tirate la catena e osservate bene le fogne, prima o poi attraverserà la sx sotto forma di cilbro alquanto deforme, ec o l’unico modo x ritrovare la sinistra.” (Dylan); “Ha fatto le peggio merdate a danno della patria, e voi, li vorreste ritrovare?? vi metterei su un gommone (con piccolo forellino) e vi farei prendere il largo.” (Daniele). E così via… Solo un paio, su una cinquantina, sono consonanti con l’autore dell’articolo e non ostili al Pd e alla sinistra in generale.