Il lutto per Berlusconi e il servilismo di Università e giuristi

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È bastata una sola opposizione istituzionale alla vergogna del lutto di Stato per la morte di Silvio Berlusconi per gettare nello sgomento la sua triste corte. Una minuscola opposizione, proveniente dall’Università per stranieri di Siena, uno dei più piccoli atenei d’Italia (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2023/06/14/le-bandiere-della-stranieri-oggi-non-sono-a-mezzasta/). Ma un’opposizione a viso aperto, argomentata, istituzionale. Dignitosa. E, quindi, inevitabilmente destinata a spiccare, nell’indegno panorama istituzionale complessivo.

Al di là delle scontate richieste di dimissioni/rimozione/licenziamento provenienti dai clientes politici del defunto patronus – come se l’articolo 33 della Costituzione non sancisse l’autonomia universitaria –, particolarmente rivelatrice è la reazione di alcuni intraprendenti giuristi che, contro il rettore senese Tomaso Montanari, vorrebbero veder applicato l’articolo 650 del codice penale (Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità). Una norma tesa a colpire chi, disobbedendo a ordini delle autorità di pubblica sicurezza basati sulla legge (provvedimenti del giudice, ordinanze contingibili e urgenti ecc.), metta a repentaglio interessi collettivi quali la giustizia, la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico o l’igiene pubblica: ordini che, dunque, nulla hanno a che vedere con il lutto nazionale disposto, sulla base di una decisione politica con una circolare – tra i cui destinatari non risultano, peraltro, le università (probabilmente per una sorta di inerzia burocratica che, correttamente, per il momento ancora induce gli uffici redigenti a rispettare l’autonomia universitaria) – basata su un’altra circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri: la n. UCE/3.3.13/1/5654 del 18 dicembre 2002, che disciplina il lutto nazionale. Insomma: giuristi dal curriculum prestigioso, che, in un tragicomico ribaltamento dei ruoli, per difendere l’indecorosa memoria di un uomo che ha passato la propria vita politica a fuggire dalla giustizia, pretendono ora, contro i suoi critici, di estendere per via interpretativa la portata, tassativa per Costituzione, della norma penale. Una pretesa sconcertante: far scaturire conseguenze penali da una circolare governativa!

Ad accrescere l’incredulità per la vicenda è la solitudine in cui il sistema universitario italiano ha lasciato il piccolo ateneo senese. Come se l’intera università italiana non avesse pagato un prezzo altissimo agli anni del berlusconismo. Come se l’accademia non avesse subito l’umiliazione delle forche caudine prima della Moratti, poi della Gelmini. Efficientismo aziendalista, competizione interuniversitaria, burocratizzazione spinta, valutazione quantitativa, precariato lavorativo. Questa l’eredità berlusconiana. E tanti tagli. I più draconiani di sempre. Meno 1,3 miliardi di euro all’anno, su un totale di 7,4 miliardi. Un colpo quasi mortale, testimoniato dal crollo del numero dei professori, dei ricercatori, dei collaboratori linguistici, del personale tecnico-amministrativo. Per non dire delle gravissime ripercussioni su immatricolazioni e laureati.

Uscire dalla disastrosa crisi economica del 2007-2008 scaricandone il costo sulla cultura e sulla ricerca scientifica: impossibile immaginare una visione politica più ottusa. Illudersi di salvare il Paese distruggendone la capacità di futuro. Anche questo è stato Silvio Berlusconi. Il risultato è un sistema universitario che si regge, oggi, sul precariato lavorativo, che umilia la libertà didattica e di ricerca, che laurea in prevalenza figli di laureati, che – colmo dell’autolesionismo – spinge laureati e persino dottori di ricerca a cercare all’estero uno sbocco alle proprie conoscenze e capacità lavorative. Sosteniamo il costo della formazione di alcuni tra i più qualificati lavoratori tedeschi, inglesi, statunitensi: una vera assurdità, anche in termini strettamente economici.

Il disprezzo della cultura, il rifiuto della riflessione critica, il dileggio dell’originalità di pensiero sono stati, d’altronde, la costante del berlusconismo: una visione della società il cui orizzonte culturale non è mai andato oltre al livello della barzelletta. «Con la cultura non si mangia» è uno dei più noti slogan dei suoi anni. Di qui, la ridicola idea della scuola delle tre “i”: impresa, informatica, inglese. Un’idea per la quale compito della scuola – anch’essa devastata in età berlusconiana da tagli economici senza precedenti – non è formare cittadini consapevoli, come progettavano Piero Calamandrei, Costantino Mortati, Concetto Marchesi e Aldo Moro, ma “produrre” lavoratori disciplinati, immediatamente “spendibili” al servizio delle imprese. L’ennesima miopia: il mondo del lavoro non vive in un tempo immobile e ciò che davvero conta è l’acquisizione di un metodo di apprendimento che consenta di mantenersi sempre aggiornati.

Disprezzo e ignoranza. Questo è stato il rapporto di Berlusconi con la cultura. Per questo è particolarmente significativo che in questi giorni indegni, in cui l’intero sistema istituzionale si è genuflesso al cospetto del suo devastatore morale e politico, la sola voce dissonante si sia levata proprio da un’università. Se l’osceno tentativo di trasformare la morte di un capo-fazione – a suo agio più nell’anti-Stato che nello Stato – in motivo di lutto nazionale non è riuscito nel suo intento, lo dobbiamo, oltre che ai tanti cittadini che hanno manifestato il proprio dissenso, soprattutto al garbato ma fermo «preferirei di no» proferito dall’Università per stranieri di Siena.

Gli autori

Francesco Pallante

Francesco Pallante è professore ordinario di Diritto costituzionale nell’Università di Torino. Tra i suoi temi di ricerca: il fondamento di validità delle costituzioni, il rapporto tra diritti sociali e vincoli finanziari, l’autonomia regionale. In vista del referendum costituzionale del 2016 ha collaborato con Gustavo Zagrebelsky alla scrittura di "Loro diranno, noi diciamo. Vademecum sulle riforme istituzionali" (Laterza 2016). Da ultimo, ha pubblicato "Contro la democrazia diretta" (Einaudi 2020) e "Elogio delle tasse" (Edizioni Gruppo Abele 2021). Collabora con «il manifesto».

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2 Comments on “Il lutto per Berlusconi e il servilismo di Università e giuristi”

  1. Ringrazio il Prof Pallante per il bellissimo articolo. Il berlusconismo ha minato le basi del nostro sistema democratico, ha proposto riforme che non hanno niente a che fare con il buon funzionamento del nostro Stato. Idee strumentalizzate dalla destra, in cerca di potere da anni, come la riduzione dei parlamentari che, invece, avevano un impatto minimo sulle spese ed ora l’autonomia differenziata, che costituisce, a mio avviso, l’ennesimo tentativo di portare opacità nel sistema di distribuzione dei fondi statali, i risultati del decentramento delle funzioni alle regioni ha causato danni che sono sotto gli occhi di tutti, perfino, nelle regioni più attive come l’Emilia – Romagna, allo stesso modo, non si capisce, se non in un’ottica di autoritarismo, la necessità del presidenzialismo e di altre pseudo-riforme che hanno l’unico scopo di ridurre la libertà nel nostro Paese, anche, ieri, i delfini berlusconiani hanno sottolineato la “necessità” della divisione delle carriere in magistratura, che costituisce un altro passo avanti verso l’imbavagliamento di uno dei settori più importanti della società, dopo l’acquisizione e lo stravolgimento di quello audiovisivo ed editoriale. Cordiali saluti da una tecnologa dell’Istat.

  2. Un intervento come sempre efficace e “istruttivo” per un pubblico non particolarmente edotto sui temi giuridici.
    Un solo rettore con la “schiena” dritta ma tanti cittadini con lui ( per fortuna!)
    Vorrei però sottolineare che quei principi della scuola come azienda sono tipici di una politica che si vorrebbe diversa e non perché abbia copiato il berlusconismo ma perché ci ha creduto e ci crede ancora…

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