L’inganno della “pace giusta”

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I referendum farsa della Russia e la sciagurata pioggia di missili scatenata contro l’Ucraina come rappresaglia per l’attentato al ponte di Kerch in Crimea hanno nuovamente alzato i toni (per il momento solo quelli) di un conflitto sempre più aspro e duraturo. E con il trascorrere del tempo e le conseguenze della guerra sulle economie degli stati coinvolti nel conflitto, l’ampio consenso che aveva accompagnato la scelta bellicista sembra mostrare qualche prima e timida crepa. La guerra permanente (come definita dal direttore de La Stampa Massimo Giannini) è infatti un potentissimo anestetico, capace di spegnare progressivamente gli originari ardori interventisti.

Ecco allora che dopo la dottrina della guerra giusta si fa largo tra leader politici e nel dibattito pubblico la dottrina della pace giusta. La prima è servita all’indomani dell’aggressione russa per giustificare il sostegno militare all’Ucraina. La seconda serve oggi per giustificare il prolungamento di una guerra che non lascia intravedere spiragli di pace. Scrive Pasquino: «Qualunque pace che segua dall’imposizione armata di uno dei contendenti sull’altro, in particolare se ne esce vittorioso l’aggressore, non deve essere considerata giusta da nessun pacifista e meno che mai dall’aggredito» (Domani, 12 ottobre 2022). Non ogni pace è accettabile e dunque – ecco il sottinteso – vale la pena proseguire una guerra giusta fino a quando non si sarà raggiunta una pace altrettanto giusta.

Ma qual è la pace giusta? Escludiamo pure i due estremi e cioè l’imposizione armata e dunque la vittoria di una parte sull’altra (soprattutto dell’aggressore sull’aggredito). Ma tra questi due estremi inaccettabili ci sono molte soluzioni intermedie che si collocano ora un po’ più vicino alla vittoria di una parte ora un po’ più vicino alla vittoria dell’altra (a seconda dei risultati pratici che il negoziato produce). E tra le diverse soluzioni intermedie, quali sono quelle giuste e quelle ingiuste?

Leggendo e ascoltando i reportage e le testimonianze degli inviati di guerra, appare abbastanza chiaro che stabilire in concreto il confine tra pace giusta e ingiusta è tutt’altro che facile, forse impossibile. Per chi ancora vive la guerra di striscio, la pace giusta coincide spesso con la vittoria finale (costi quel che costi). Per chi ha la sventura di vivere sulla linea del fronte, la pace giusta coincide con un “cessate il fuoco” immediato (ciò che conta è che l’incubo della guerra finisca il prima possibile). Mettere un aggettivo alla guerra per giustificarla e alla pace per allontanarla è dunque prerogativa di quanti – per il momento – non stanno ancora vivendo l’incubo della guerra. Di norma, chi vive sotto le bombe non si pone il problema della guerra giusta, né tanto meno quello della pace giusta. Per chi vive sulla propria pelle, quotidianamente, gli orrori di un conflitto armato è tutto infinitamente più nitido: la guerra è ingiusta e la pace è giusta. Basterebbe ascoltare la testimonianza di uno – come Gino Strada – che la guerra l’ha vissuta per davvero, entrandoci dentro. Continuare a giocare con le parole (prima con la guerra e oggi con la pace) significa nascondere ciò che veramente si vuole: vincere la guerra, costi quel che costi.

Gli autori

Matteo Losana

Matteo Losana è professore associato di Diritto costituzionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino. È autore di saggi e monografie in tema di fonti del diritto e diritti costituzionalmente garantiti.

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One Comment on “L’inganno della “pace giusta””

  1. “Per chi vive sulla propria pelle, quotidianamente, gli orrori di un conflitto armato è tutto infinitamente più nitido: la guerra è ingiusta e la pace è giusta”
    Se così fosse gli ucraini (perché sono loro che stanno sotto le bombe e che negli ultimi giorni non hanno riscaldamento luce e acqua) non ci avrebbero neanche provato a resistere. Evidentemente nel suo aggiunto qualcosa non torna. E comunque al di là della polemica a distanza con Pasquino non capisco quale sia la sua “proposta”.

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