Fase 2: il Governo Conte declina vita e salute

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«Babbo, perché oggi non possiamo cenare a casa con i nonni e gli zii, ma domani possiamo andare al ristorante, senza mascherina, a un metro da un signore che magari è venuto a Firenze da Milano per lavoro?». Cosa rispondere a questa domanda di una ragazza quattordicenne senza incrinare per sempre la sua fiducia nelle istituzioni della Repubblica?

La risposta l’ha data il presidente del Consiglio, nella conferenza stampa del 16 maggio: «La vita e la salute dei cittadini restano valori non negoziabili ma dobbiamo declinarli diversamente, altrimenti non potremo mai ripartire fino al vaccino, cosa che non possiamo permetterci. Dobbiamo ripartire. Non ci possiamo permettere di non farlo». Declinare diversamente la vita: sarei curioso di sapere quale articolo della Costituzione sorregga questa strategia politica. E anche di sentire il parere degli illustri costituzionalisti che hanno finora “coperto” l’azione dell’esecutivo: dicevano (giustamente) che il diritto alla vita viene prima di tutti gli altri. Ebbene, ora che viene dopo, hanno qualcosa da dire?

Già, perché l’avvocatesca preterizione di Conte vuol dire che d’ora in poi la vita e la salute vengono dopo le esigenze dell’economia: prima produrre, poi vivere. E la cosa sconcertante è l’accelerazione parossistica di questa “diversa declinazione” del valore della vita: dal 3 giugno si aprono i confini delle regioni (tutte: ma la Lombardia non è la Calabria!), e nello stesso giorno l’Italia apre le frontiere a chi proviene dalla zona Schengen, e senza quarantena. Dunque, nel famoso ristorante del centro di Firenze potranno esserci non solo lombardi, ma anche parigini e svedesi.

È bastato che l’Italia rischiasse di essere esclusa dai corridoi del turismo estivo, ed ecco che la declinazione del valore della vita è cambiata. E, d’altra parte, basta passeggiare ora nel centro delle nostre città: centinaia di persone assembrate, in buona parte senza mascherina o con la mascherina tirata giù. E nemmeno l’ombra delle decine di pattuglie che fino a pochi giorni fa fermavano anche chi andava a comprare il giornale: da una specie di stato d’assedio siamo passati a un bomba libera tutti, senza soluzione di continuità. (Un bomba libera quasi tutti, veramente: perché della scuola, e dunque anche del lavoro femminile, chissenfrega…).

Nonostante la comprensibile euforia di questa sorta di liberazione collettiva, è fin troppo evidente che siamo seduti su una polveriera. Gli epidemiologi continuano a dire che non è vero che la carica virale del Covid sia diminuita, che non ci sono certezze sulle virtù profilattiche del sole e del caldo e che la distanza di un solo metro nei ristoranti è inefficace. E a leggerli mette i brividi il ricordo della seconda, letale ondata della Spagnola: che arrivò nell’agosto 1918.

Naturalmente spero con tutto me stesso che il virus scompaia, ma la speranza non cancella il pensiero critico. E le domande si affollano. Cosa succederebbe con una seconda ondata? I suoi effetti sulla vita e sulla salute sarebbero incalcolabili. E anche l’economia, in nome della quale ora rischiamo il tutto per tutto, potrebbe allora davvero schiantarsi. E se invece tutto andrà bene (come speriamo), dovremmo forse concludere che se il governo avesse per tempo predisposto piani di emergenza e comprate le mascherine, avremmo potuto evitare il lockdown?

Come nella prima fase, anche ora quello che manca è un dibattito parlamentare in cui appaia chiaro al Paese qual è la posta in gioco, quali i rischi, quali gli scenari. Siamo tenuti all’oscuro: prima il Governo ha deciso per noi che, tra la borsa e la vita, sceglieva la vita. Ora sceglie la borsa. Se nel primo caso il coinvolgimento del Parlamento avrebbe potuto migliorare i modi con cui si attuava il confinamento (sul piano della democrazia, dei diritti e della loro certezza, della qualità della vita quotidiana), nel secondo caso avrebbe potuto se non altro indurre a una modulazione più prudente delle riaperture: per esempio imponendo velocità diverse alle regioni diversamente colpite, e pretendendo test, tamponi, campionature.

Invece niente: ora come prima si procede a mosca cieca. E si deve sperare che chi guida sappia cosa fa.

I pochi che muovevano al Governo questo tipo di critiche nella fase 1 sono stati aggrediti dagli “amici di Conte”. Uno degli argomenti più usati (almeno da sinistra), è che le critiche sarebbero state fatte da giovinastri ansiosi di andare a correre al parco, egoisticamente incuranti della salute dei più vecchi. Ebbene, ora che è evidente che nella fase 2 il Governo Conte considera i vecchi carne da cannone per i campi di battaglia dell’economia, spero che almeno questa inconsistente “argomentazione” possa esserci risparmiata.

Gli autori

Tomaso Montanari

Tomaso Montanari insegna Storia dell’arte moderna all’Università per stranieri di Siena. Prende parte al discorso pubblico sulla democrazia e i beni comuni e, nell’estate 2017, ha promosso, con Anna Falcone l’esperienza di Alleanza popolare (o del “Brancaccio”, dal nome del teatro in cui si è svolta l’assemblea costitutiva). Collabora con numerosi quotidiani e riviste. Tra i suoi ultimi libri Privati del patrimonio (Einaudi, 2015), La libertà di Bernini. La sovranità dell’artista e le regole del potere (Einaudi, 2016), Cassandra muta. Intellettuali e potere nell’Italia senza verità (Edizioni Gruppo Abele, 2017) e Contro le mostre (con Vincenzo Trione, Einaudi, 2017)

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3 Comments on “Fase 2: il Governo Conte declina vita e salute”

  1. Concordo pienamente con il prof. Montanari, che ringrazio per la sua visione sempre alta e lucida.
    Trovo molto grave e preoccupante che decisioni che riguardano le nostre vite e i diritti sanciti dalla Costituzione vengano prese senza alcun dibattito in Parlamento. Quasi a dare ragione a coloro che ritengono la democrazia parlamentare uno strumento vecchio e superato

  2. L’apertura delle frontiere europee e dei confini regionali a giugno è una previsione. Previsione. A seconda di come va la curva dei contagi. Previsione.
    Vorrei veramente capire una cosa: la fase 1 l’ha scontentata perché “troppi vincoli” e l’uscita solo in prossimità, e chiuse le chiese, chiusi i parchi e controlli troppo stringenti sulle certificazioni etc.
    La fase due la scontenta perché si prova, prudentemente, a lasciare un poco di spazio (e non portare la mascherina è da irresponsabili, ma non si possono certo acchiappare tutti).
    Ma oltre a manifestare criticamente scontentezza, può fare qualcosa di altro? Sì: usare comportamenti responsabili per quello che come singolo può fare. E, oltre a puntare il ditino, provare a fornire soluzioni…
    Se il governo avesse fatto, se avesse preso…a posteriori, è un po’ sterile, no?

  3. Tomaso Montanari il 9/04/2020 su questo sito: “La svolta paternalista: festeggeremo la Liberazione in casa perché non sapremmo gestire la nostra libertà. Dal maggioritarismo al minoritarismo: nel senso che ci ritroviamo in stato di minorità.”

    Tomaso Montanari il 18/05/2020 su questo sito: “E, d’altra parte, basta passeggiare ora nel centro delle nostre città: centinaia di persone assembrate, in buona parte senza mascherina o con la mascherina tirata giù. E nemmeno l’ombra delle decine di pattuglie che fino a pochi giorni fa fermavano anche chi andava a comprare il giornale”

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