«La libertà è come l’aria, ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare» (Piero Calamandrei).
Già, ma quanto vale la nostra comune libertà?
La fase 2 della sospensione delle nostre libertà, si apprende, inizierà prima dalle fabbriche, e solo dopo dalle persone. Peraltro da fabbriche in cui assai spesso si lavora senza tutele sanitarie adeguate, con una penosa autocertificazione vagliata (?) dai prefetti (!). Il sogno proibito di un capitalismo estremo: le persone ridotte letteralmente a produttori senza diritti e consumatori senza libertà. Produrre, consumare, crepare. Ma, si apprende, questo sarà brevissimo: e avviene perché ci sono i ponti festivi di primavera, e non possiamo liberare gli italiani: che, sennò, abuserebbero della loro libertà. La svolta paternalista: festeggeremo la Liberazione in casa perché non sapremmo gestire la nostra libertà. Dal maggioritarismo al minoritarismo: nel senso che ci ritroviamo in stato di minorità.
Ma non è il momento di polemiche, e nemmeno di critiche, e nemmeno di un pensiero diverso, ci si dice. Non sono d’accordo. Io penso questo: saremo dopo quel che siamo ora (come è già stato scritto in queste pagine: https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2020/03/23/saremo-domani-quel-che-siamo-oggi-riflessioni-per-il-dopo-coronavirus/). Il modo in cui gestiamo l’emergenza, quel modo sarà la cifra del dopo.
E questo modo è, per molti versi, l’esasperazione negativa di ciò che combattevamo prima.
Mille sono i fronti su cui ora – proprio ora – occorre combattere una battaglia politica. Sanità pubblica, diritti dei lavoratori e dei loro corpi ridotti a merce, diritti di chi non ha una casa in cui rimanere né i soldi per vivere, diritto alla vita degli anziani, diritto all’istruzione e libertà di insegnamento, finanziamento della ricerca e accesso ai ruoli di responsabilità scientifica e mille altre questioni vitali. Insomma, la ricostruzione dello Stato dalle sue fondamenta: secondo il progetto della Costituzione.
Ma un fronte appare preliminare a tutti gli altri: e si chiama democrazia. Tutti i maestri di diritto costituzionale ci hanno spiegato che sì, si possono e si devono comprimere le libertà per garantire a tutti (e specie ai più deboli: ricordiamolo) vita e salute. Sacrosanto. Ma hanno anche aggiunto: purché sia per un tempo breve, e certo. Condizione necessaria per rimanere in regime democratico.
Bene, onestamente nessuno sa quanto la compressione delle nostre libertà durerà. Si rincorrono gli studi: sei mesi, un anno, due anni da ora? Appare chiaro che anche il prossimo anno scolastico potrà essere in remoto – con conseguenze psicologiche, sociali e culturali che non voglio nemmeno immaginare.
Se le cose stanno così, deve essere il Parlamento a decidere: non il signor presidente del Consiglio dei ministri.
Avrei voluto che il Parlamento avesse un ruolo anche nella costruzione del decreto Cura Italia, da cui pure dipende la vita di milioni di italiani: l’assenza di una vera discussione e la incredibile decisione del Governo di porre la fiducia significano che la democrazia è ridotta a una pura formalità. Di questo passo il taglio ai parlamentari potrebbe essere del 100%: se per le decisioni più gravi prese, forse, nella storia della Repubblica il ruolo delle Camere è pari a zero, perché tenerle aperte?
Da cittadino ora pretendo che siano i miei rappresentanti a discutere a fondo, e di fronte al Paese: chiedendo e ottenendo la migliore documentazione scientifica, comprese le necessarie ammissioni di ignoranza e di impotenza. Perché le cose che non sappiamo sono forse ora ancora più decisive di quelle che sappiamo.
Vorrei che si considerasse quel che si fa negli altri paesi europei: in alcuni – per dire – si può andare nei parchi, in altri i conviventi (famiglie o nuclei di qualunque sorta) possono uscire insieme, purché a distanza dagli altri. Vorrei che lo si considerasse, lo si soppesasse: e poi si decidesse, e si spiegasse perché lo si è deciso. Non sono dettagli: sono la sostanza della vita di noi tutti non sappiamo fino a quando.
Vorrei che si discutesse a fondo e poi si decidessero alcune regole. Chiare, comprensibili, razionali, fondate, uguali per tutto il Paese. Perché – sul piano delle libertà – la cosa peggiore che sta succedendo è che la confusione delle fonti e ancor più la vaghezza delle norme (per dirne una tra mille: cosa diavolo vuol dire prossimità? Il quartiere, come quando ci si vuole imporre il ‘poliziotto di prossimità’, o i duecento metri stabiliti dalla Lombardia?) stanno lasciando un enorme margine di arbitrio alle forze dell’ordine.
Ora, io ho una sincera gratitudine verso questi lavoratori che, per stipendi da fame, sono per strada a farsi alitare in faccia da legioni di furbetti, ma vedo anche che questa situazione sta facendo regredire le coscienze a una situazione da antico regime. Non sai mai se quel che stai facendo sia passibile di sanzione: tutto è rimesso alla discrezione dell’uomo in divisa che ti trovi davanti. Ecco, questa è una situazione che si sta facendo insostenibile: e che, proiettata in mesi o in anni e soprattutto valutata nelle sue conseguenze di lungo periodo, mi pare davvero fatale.
E nodi più grandi andranno sciolti: lavoreranno (e usciranno di casa?) gli immuni, i giovani, le donne? E come si accerterà l’immunità? E poi i controlli: droni, applicazioni, satelliti, tracciamenti… A decidere i contorni di questa distopia orwelliana non potrà essere solo il signor presidente del Consiglio: e non si dica che di fatto siamo temporaneamente una virtuosa “dittatura scientifica”, perché il Comitato tecnico scientifico non fornisce – né potrebbe – al Governo certezze oggettive o decisioni già confezionate: fornisce invece elementi, più o meno certi, in base ai quali orientare una scelta. Che è, e resta, politica: e che dunque va fatta in Parlamento, con la massima trasparenza e con la ricerca del massimo consenso possibile.
Dovremo discutere di molte cose, dovremo pretendere risposte e cercare terribili verità su quel che è successo in questi mesi: dovremo farlo con feroce determinazione.
Ma non sapremo dove farlo se nel frattempo ci saremo convinti che la democrazia non ci serve più: anzi, che la democrazia sia una zavorra che ora non ci possiamo permettere.
Non è il momento di polemiche sterili, ossia che non producano soluzioni. Dire cosa c’è da fare, senza approntare nulla per farlo, manco mezza proposta è sterile.
Il concetto di “prossimità” è strettamente legato ad un principio di buonsenso che, in questi tempi in cui viviamo con un virus pericoloso, contagioso e molto sconosciuto, tenga conto intelligentemente della salute propria, dei conviventi e degli altri. La norma esatta non esiste per definire il concetto di prossimità, che deriva da materia penale. E Lei pretende l’esattezza ora. E non sarebbe questa una polemica sterile, visto che Lei non appronta straccio di soluzione?
Elisabetta Franchi. Sotto il punto di vista scientifico puoi fare anche 500 km in macchina o 10 di corsa, ma se non ti avvicini a nessuno non puoi contagiare o essere contagiato.
Questo è uno dei mille esempi di un DPCM scritto male, spesso senza ratio scientifica e senza fondamento democratico.
esatto, da qui si capisce l’indiscrimita privazione della libertà. Non vedo la mia compagna da 2 mesi e mezzo (per scelta ci siamo divisi durante la fase di emergenza), mi separano da lei 10 km e non posso vederla. Non chiedo feste, ristoranti, stadi, ma rivedere la persona che amo, nonostante godiamo di ottima salute. No, un momento, esistono gli asintomatici: terrore, il contagio, il pericolo, sto bene ma sono pericoloso. IL DUBBIO: la fine di tutto.
E’ così. Tomaso Montanari ha tracciato una sintesi molto accurata di ciò che deve rimanere sempre presente. Il tema delle libertà e della pratiche della democrazia, da conservare lucide e nette. In primo piano, il tema della salute pubblica, che coinvolge non solo la regione che ha privatizzato di più, ma anche le altre, perchè alla fine di tutto, finito l’ entusiasmo della “sanità che ha tenuto”, si dovrà vedere e dire a scapito di “cosa” ha tenuto. Per esempio, della sospensione di ogni altro tipo di cura.
Ci sarà di ricucire , mantenendo il filo dei fondamenti del nostro vivere democratico.
I problemi che dovremo fronteggiare sono quelli che già c’erano prima, sottolineati in blu dall’attuale drammatica esperienza, e, forse, da essa può partire un serio impulso alla loro soluzione, magari con nuovi ideali in testa!Siamo rinchiusi, ristretti e sottoposti a controlli di polizia ( magari sarebbe stato più utile incrementare quelli sanitari!), è vero. Però lo stiamo accettando perché riteniamo che sia utile per noi stessi e per l’umanità tutta.E anche questo mi pare un esercizio di demoncrazia, non crede?
Comprendo e condivido i timori che Tomaso Montanari esprime per le sorti della democrazia.
Mi sembra però che nel suo scritto non ponga abbastanza in luce la gravità, e la novità, del pericolo che l’umanità sta correndo e della responsabilità solidale che dobbiamo mettere in campo.
Resterei perciò vigile sulle necessarie misure di emergenza (che contengono al loro interno anche delle ingiustizie e possono rivelarsi discriminatorie), ma avvierei da subito il confronto e l’elaborazione su cosa deve essere radicalmente cambiato perché il dopo-coronavirus non si uguale al prima (nell’economia, nei rapporti interpersonali e sociali, nella vita comunitaria, nelle scelte politiche, nella rivalutazione del collettivo, del pubblico e dei beni comuni), voltando pagina rispetto all’individualismo ed all’esaltazione del privato prevalenti nelle nostre società.
Gentile signora concordo: niente polemiche sterili, è il momento in cui ognuno deve fare la sua parte. A cominciare dal Parlamento che deve svolgere il proprio ruolo istituzionale. L’uso del Decreto Presidente Consiglio Ministri può essere considerato un atto di coraggio allo scoppio dell’emergenza; quando, in aggiunta alla sospensione dell’attività parlamentare, diventa lo strumento ricorrente occorre inforcare gli occhiali. In ballo ci sono le condizioni su cui ridare un futuro (spero converrà, auspicabilmente più equo) al Paese. Appare costruttivo, come cittadini, non affidarsi al solo “buonsenso” – peraltro diversificato – ma chiedere tutti insieme che sia tenuto ben saldo il timone della Costituzione. Questo è quanto su cui veniamo invitati a riflettere dal professor Montanari, che personalmente ringrazio.
Le norme giuridiche dovrebbero si tenere conto del concetto di buonsenso, ma senza trovare la scappatoia per essere poco chiare (delegando ad esso). Il buonsenso difatti risente parecchio della soggettività individuale: ad esempio il mio buonsenso mi potrebbe portare ad allontanarmi da casa per circa 1 km; ma il mio vicino di casa anziano, seguendo la sua concezione di buonsenso potrebbe limitarsi a rimanere davanti al portone…..
Però un comune mortale – a prescindere da tutte le problematiche dovute all’emergenza – visto che comunque in giurisprudenza vige il noto principio “la legge non ammette ignoranza”, dovrebbe avere quantomeno il sacrosanto diritto di sapere a priori se una certa condotta è sanzionabile: nel senso che l’ignaro cittadino non dovrebbe avere le idee più chiare solo dopo aver ricevuto la sanzione, ma soprattutto prima (per far si di non riceverla). Tornando all’esempio: siamo arrivati al punto che se vengo fermato mentre svolgo attività motoria “in prossimità di casa”, per non ricevere nessuna sanzione posso in pratica solo sperare che il mio buonsenso sia compatibile con quello dell’agente di turno (o di chi gli da le direttive)!!!!
Una “ammiscafrancesca” notevole. Alcuni spunti degni immersi in un mare di confusione. Probabilmente il Prof è troppo immerso nell’Arte Moderna.
Sono anch’io molto preoccupata per la democrazia e sono attorniata da gente altrettanto preoccupata. Inoltre sono preoccupata perché temo sia solo l’inizio e che questa pandemia si ripeti ancora e poi ancora perché all’uomo manca sempre di più il contatto con il tutto. Ogni essere, animale o vegetale, è inserito in un ecosistema e quando non c’è equilibrio qualcosa prende il sopravvento e il debole soccombe. Non sento parlare di difese immunitarie che rinforzerebbero la specie. Questo non si improvvisa, ma esorto a pensarci, a iniziare almeno nelle scuole e negli ospedali a somministrare cibi più genuini e a seguire le direttive dell’OMS.
Almeno iniziamo da quì
Leggendo che almeno la metà dei commenti è di persone che hanno accettato di perdere i diritti più fondamentali per paura di un virus, lo sconforto è grande.
Persone che accettano di vivere nascosti invece di affrontare con coraggio e dignità il pericolo.
Per giustificarsi parlano del diritto alla salute dei più fragili, ma non riescono minimamente a pensare che si possono aiutare i più fragili aiutandoli a non contagiarsi con pratiche igienicosanitarie, senza rinunciare alle libertà proprie.
Io ho 42 anni, salute normale, voglio vivere e combattere, non aspettare il virus rintanato in casa.
Non pretendo certo di andare in giro senza guanti, mascherina e distanziamento quando sono tra gli altri, ma non vedo perché debba essere privato della libertà di girare da solo o di lavorare e vivere rispettando strette precauzioni di sanità sociale.
Ma quello che posso dire è che oggi 9 aprile sono sempre di più le persone che stanno cominciando a capire che molte regole non sono così sensate e sono sempre di più quelli che protestano.
Forse non tutto è perduto.
Applauso a Montanari e ad Adriano Esposito.
Leggere il pensiero del Prof. Montanari e del Sig. Esposito mi rincuora e mi dà fiducia che non tutta l’umanità sia addormentata, obnubilata e manipolabile. Personalmente nel mio raggio di azione fin dall’inizio ho compreso che dietro la (finta) pandemia c’era un progetto pianificato di instaurare una dittatura e di privarci di elementari diritti civili (ad esempio chiuderci in casa per impedirci di manifestare contro il 5G). Credo che l’unica speranza sia unire le forze fra persone consapevoli per riprenderci risolutamente le nostre vite, una persona da sola rischia di soccombere. Sarei felice di potermi mettere in contatto con voi.
La situazione in cui ci troviamo presenta aspetti che dire complicati e difficili è poco. Ci sono elementi di verità in tutti i commenti e, ovviamente, nell’articolo di Montanari e allora trovare il percorso giusto per uscire dal bosco è oltremodo impegnativo. E’ certo che governare un nucleo familiare (dove ci conosciamo tutti) è altra cosa da governare i comportamenti dei cittadini di un paese che ne ha 60 mln. In più questo virus è quasi completamente sconosciuto e insieme estremamente contagioso e agisce in una antroposfera iperconnessa come mai nella sua storia. In altri secoli le malattie hanno dimezzato le popolazioni dell’Europa e decimato quelle delle Americhe. Se oggi la nostra specie riesce a limitare fortemente questi esiti le ragioni sono facilmente comprensibili. I pericoli per la democrazia sono quelli da molti indicati e i provvedimenti presi , visti con gli occhi di ciascuno degli intervenuti, appaiono sicuramente grossolani e approssimativi. Tuttavia “primum vivere” e dunque penso che quel che possiamo fare è tenere alta la vigilanza ed esprimere e diffondere ovunque la critica accompagnandola sempre alla proposta. Questa è essenziale altrimenti ci si condanna alla sterilità che ricorda la famosa battuta finale del grande Gino Bartali: “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare!”
Rispondo insieme al “vogliamo la luna” in cui sono chiusi commenti ed a questo che è un “anch’esso un “Volere la luna” perché la Costituzione è stato il primo “Volere la luna” che ha nutrito tutti gli altri.
Io non vogliola luna, voglio alcune cose concrete, Negli anni 70 tra giovani laureati al loro primo lavoro, ricordo diverse letture e diverse frequentazioni fra queste letture, Panzieri, che era già morto ma i cui quaderni rossi giravano. La luna in Panzieri non c’era, cera una concretezza molto forte, da lavoratore, impiegato od operaio, la differenza non c’è. Seguendo Panzieri ed altri, il che vuol dire riprendendo l’esperienza dei lavoratori che ci avevano preceduto, nell’azienda in cui lavoravo, abbiamo scioperato per tanti obiettivi nei contratti nazionali e aziendali: per la parità di trattamento malattia tra operai ed impiegati, che allora nell’industria metalmeccanica non c’era, per le 150 ore. per i corsi serali per studenti lavoratori, per il diritto di assemblea in fabbrica. Non mi dica che queste cose le abbiamo chieste perché c’erano nella Costituzione. Nella Costituzione c’è tutto perché c’è “Volere la luna” e non c’è niente perché tutto te lo devi ottenere con le lotte. Mi ricordo ancora alla fine del turno di mensa la prima assemblea autogestita, i lavoratori che giravano tra i tavoli con i manifesti che pregavano tutti di fermarsi e di partecipare all’assemblea, in cui si è poi indetto lo sciopero, con corteo interno, per aver il diritto di ‘assemblea e lo si è ottenuto. Poi sono arrivati quelli che volevano la Luna. I Tronti, i Negri. nomi che ancor oggi sono in giro a volere la luna (ma è la loro Luna molto concreta, è l’ambizione dei leader, è il desiderio di fama e di notorietà, perché sempre, se dietro la spinta etica che ci muove, non c’è il lavoro razionale, allora prevalgono le motivazioni più immediate ed individualiste.
Lei mi dirà che poi con volere a luna si vogliono anche le cose di cui ho detto sopra. Non è così, le cose di cui ho parlato richiedono, ancora prima di essere proclamate. di conoscere la realtà, bene e di porsi i problemi concreti per ottenerle. Lo slogan volere la luna è un ottimo modo per eccitare la fantasia e sviare la spinta etica che ha mosso questi giovani. Se volessero veramente (e io penso che lo vogliano, ma appunto tanti, soprattutto tra i Negri e i Tronti, in realtà vogliono altro) se dunque lo vogliono veramente, dopo aver fatto le manifestazioni per i migranti ragioneranno di come inserirli nella nostra società, considerando insieme i tanti italiani che vivono condizioni non molto dissimili da quelle dei migranti e non disinteressandosene.
La democrazia é in crisi non per colpa di chi democratico non è e fa quindi quello che ci si aspetta da lui, ma per quelli che si dicono democratici e come la sinistra ufficiale, si sono in realtà aggregati al “campo” della politica. O come troppi altri, perché vogliono la luna. Ed ogni volta ripartono da zero. E’ la storia di tutti (tutti!) i movimenti italiani di protesta negli ultimi 20 anni. Forse se volessero ragionarci su (se no a che servono i tanti bei nomi di intellettuali che si leggono nel sito?) e proponendo la terra qualcosa si otterrebbe (non facendo l’ennesimo partito, ovviamente!).
Gentile Montanari,
condivido pienamente il suo allarme, anche se ormai temo che siamo già ben oltre il “rischio” e siamo già a pieno titolo al di fuori del perimetro democratico.
Ben venga una discussione parlamentare, se qualcuno ha qualcosa da dire. Eppure il sospetto è che il parlamento, in seguito a qualunque discussione, farà solo qualcosa di moto simile a ciò che ha già fatto quello ungherese.
Da moto tempo (quasi senza eccezione) si è promossa l’idea che la democrazia sia quella in cui la maggioranza vince e che tale vittoria le tributi anche l’autorità di zittire il dissenso.
La rinuncia a tutti i diritti costituzionalmente garantiti, diversi da quello alla salute, sta avvenendo proprio in forza di una diffusissima volontà popolare. E poco importa se proprio sanità e welfare di domani saranno le prime vittime di quest’approccio ottuso.
In sintesi, come da copione abusato dalla Storia, se dittatura avremo, sarà per democratico plebiscito.
Oggi, gentile Montanari, a lei e a tanti altri intellettuali – spero con questo epiteto di non screditarla agli occhi dei più – a tanti intellettuali, dicevo, chiedo di dare una mano affinché il dissenso possa essere organizzato ed espresso. Anche se oggi siamo una minoranza, siamo comunque molti ad esigere un approccio diverso a questa emergenza sanitaria. Ma come ho detto da principio, la crisi di democrazia è conclamata. Sardine o libellule, in piazza non se ne potranno vedere. Che fare?
Gentile Lenzi,
credo che una precisazione sia fondamentale. L’imperativo “primum vivere” è condivisibile finché non si scambia “vivere” con “sopravvivere”. Occorre ricordare che se abbiamo una Repubblica costituzionale è grazie a gente che ha ritenuto la morte un rischio accettabile in cambio della libertà.
Condivido l’articolo di Tomaso Montanari, studioso di alto profilo, capace di intrecciare la lettura delle opere artistiche con i problemi etici, morali e sociali del nostro tempo, che non sono assai diversi, a leggerli bene, dai problemi delle epoche vissute dagli artisti a lui più cari. La fretta di tornare a produrre – costi quel che costi – è nella logica del sistema capitalistico, della società dei consumi, quella tanto criticata da Pasolini e che tanta ingiustificata avversione suscitò anche in chi doveva, invece, difenderla, a cominciare dall’Unità, il giornale dei comunisti. Oggi non si usa più parlare di superamento del capitalismo; si ha quasi timore di pronunciare la parola. Non ha paura il Papa, che lo ripete a ogni occasione, e che solo chi non vuole comprendere continua a ignorare. La triste esperienza del comunismo vissuta nei Paesi dell’Est d’Europa ( guai ad immaginare una sua riedizione) ha consegnato l’Occidente alla macchina mercantilizzatrice, come non si era mai conosciuto prima. La pandemia ci ha rivelato in quale imbuto ci siamo cacciati; come noi stessi siamo diventati un ingranaggio di quel meccanismo perverso che se non proviamo a rompere finirà con l’annientare tutti. Bisogna cominciare a pensare un diverso modo di organizzare la vita dei popoli, indispensabile per fronteggiare i problemi che noi tutti abbiamo contribuito a creare, a immaginare un governo del mondo, un unico Stato che non deve essere né ideologico, né confessionale, ma laico e democratico. Tra le sue priorità devono esserci lo svuotamento degli arsenali di guerra e l’abolizione della proprietà. A esso si deve arrivare senza alcuna rivoluzione sanguinaria, ma solo con la maturità piena di uomini e donne consapevoli che, senza un diverso ordine, a rischio di estinzione, sarà l’intero pianeta.
Nicola Filazzola
Un medico libertario, Enrico Manicardi, è convinto che il virus non si trasmette attraverso il contatto, citando come prova il grafico che mostra l’impennata dei casi proprio a partire dalla sospensione della libertà. Secondo lui la causa è proprio quella e io sono propensa a credergli, perché un virus che obbliga le persone a stare lontane per un tempo indefinito, spaventate e diffidenti di sé e degli altri, è il sogno di ogni dittatore. “L’epidemia è il sogno del tiranno”. Il virus ha fatto meno di trentamila morti su una popolazione di sessanta milioni qui in Italia e trecentomila su sette miliardi nel mondo, e la metà erano anziani malati vittime della negligenza del sistema sanitario. L’emergenza sanitaria non c’è.
Sto leggendo la tesi di Federico Sollazzo: Tra Totalitarismo e Democrazia; è proprio il momento di leggerla per capire come la società dell’uomo oramai è governata da un meccanismo che utilizzando i propri strumenti sta conformando tutti gli uomini ai criteri tecnici di sopravvivenza, facendogli credere di essere liberi ma in realtà trasformandoli in automi facilmente governabili, completamente asserviti. chi non si integra nel sistema, giova allo stesso proprio per far vivere tutti nell’illusione di Libertà. Saluti.