Invisibili e necessari

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Sulle spiagge di Massa, dove mi accade di abitare, la nuova amministrazione leghista, tra i suoi primi atti, ha mandato i vigili urbani per sequestrare le merci degli ambulanti e far fermare, così dicono loro, l’illegalità. Fanno concorrenza sleale ai negozianti, dicono con supremo sprezzo del ridicolo.

E poi danno fastidio. Certo, mica le spiagge sovraffollate, con i vicini di ombrellone che ti fiatano addosso, i rumori delle radio, i prezzi esorbitanti. Il fatto è che questi sono lì, sotto gli occhi di tutti: sono esposti, troppo visibili. Si faccia dunque spiaggia pulita.

Quelli che stanno nelle campagne a sudare tutto il giorno sotto un sole insostenibile, senza ombrellone, per pochi euro, loro invece sono invisibili. E dunque possono restare. Non danno fastidio: anzi, è grazie a loro se possiamo comprare a quaranta centesimi una bottiglia di passata di pomodoro.

In questo caso, l’illegalità prospera, e nessuno si sogna di fermarla.

Poi, certo, a volte tocca subire il fastidio di leggere la notizia di dodici di loro che muoiono in un colpo solo schiantandosi, sul loro pulmino scassato e stipato, contro un camion (tragica ironia della sorte: «il postfordismo sono i camion sulle strade», hanno scritto). Ma il giorno dopo ci se ne dimentica, che vuoi che sia. Tanto ci se ne dimentica sempre, da anni e anni.

Andai diverse volte, una decina di anni fa, nelle campagne foggiane dove si raccolgono i pomodori, là dove sono morti quei dodici braccianti. Conobbi molti di loro, mi feci raccontare, cercai di comprendere il meccanismo di tutta quella filiera. Ebbene, in dieci anni non è cambiato praticamente nulla. La Grande Distribuzione Organizzata continua a imporre i suoi prezzi al ribasso (anzi, al doppio ribasso), di modo che l’agricoltore è costretto a utilizzare servi clandestini da sottopagare, pena l’esclusione dal mercato. Che è impegnato a fornirci le bottiglie di passata di pomodoro a quaranta centesimi: ci possiamo davvero lamentare di questo?

Le cose per i braccianti delle nostre campagne non cambiano, perché non abbiamo alcun interesse a farle cambiare. E allora è ancora tristemente attuale quello che scrivevo dieci anni fa, in Servi:

«Michael non se ne rende conto, ma lui è indispensabile all’intera economia italiana. L’economia italiana muterebbe forma, senza i Michael, i Marcus, i Mircea. Anche perché dietro di loro ci sono molti Hassan, immigrati regolari che però sono, a loro volta, potenzialmente clandestini, e lo saranno sempre finché la legge prevederà la concessione del permesso di soggiorno legandola a un contratto di lavoro. Gli Hassan che popolano i cantieri del Nord, per esempio, quelli per le grandi opere, magnifiche e progressive. Costretti a lavorare in nero o in seminero, costretti a piegarsi a ogni forma di ricatto, a ogni salario, a ogni richiesta del padrone e del padroncino. Anzi, del “Patrone”, com’è la pronuncia dei Michael e dei Marcus. Perché i Michael e gli Hassan siano indispensabili al sistema economico italiano lo sanno anche i bambini: la concorrenza globale la si affronta abbattendo i costi del lavoro e incrementando la flessibilità dei lavoratori. Chi meglio di un clandestino, allora? Michael e Hassan non hanno mai sentito la parola “postfordismo”, ma la conoscono sulla pelle, perché loro ne sono le mani. Il liberismo globale – e l’Italia, il Paese industrializzato che fa più ampio ricorso al lavoro nero, e in cui l’economia sommersa cresce di anno in anno, ha di certo un ruolo d’avanguardia – ha bisogno di queste braccia; fatte salve le mani, però. I gesti delle mani, quelli non si devono vedere».

Gli autori

Marco Rovelli

Marco Rovelli scrive libri, fa musica e insegna filosofia e storia nei licei. Ha scritto, tra l’altro, tre reportage narrativi su questioni del margine della società (perché è dal margine che si vede il centro): “Lager italiani” (BUR, 2006), sui centri di detenzione per migranti; “Lavorare uccide” (BUR, 2008), sulle morti sul lavoro; “Servi” (Feltrinelli, 2009), racconto di un viaggio nell’Italia dei lavoratori clandestini negli agrumeti, nei campi di pomodori e nei cantieri. Musicalmente è legato al patrimonio del canto sociale e popolare.

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One Comment on “Invisibili e necessari”

  1. É ormai da 75 anni ( sono veramente tanti ) che “la meglio gioventù finisce sotto terra”, a cominciare dai partigiani caduti in montagna sognando e lottando per un mondo migliore e solidale fino ai raccoglitori di pomodori ( gli Alì dagli occhi azzurri ) caduti nella piana di Capitanata fuggiti dalle guerre e dalla fame, ….essi sempre umili… essi sempre colpevoli…essi sempre sudditi….e sempre sognando anche loro un mondo più giusto e solidale…
    Ma fino a quando compagni!!!
    “gridiamo a tutta forza: PIETÁ L’É MORTA”
    ( Pietá l’é morta: canzone partigiana con testo di Nuto Revelli
    cantata splendidamente dai “Modena City Rambles” )
    Inviato da iPhone

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