In difesa del pensiero critico, per la ricerca di nuove strade

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Quando il pensiero razionale si fa ideologia può diventare dogmatico e intollerante. Il pensiero razionale è pensiero critico. Il pensiero critico induce al dubbio, non si trincera, non aggredisce, perché non produce certezze.

Molti intellettuali “progressisti”, anche comunisti, ribadiscono, giustamente, di credere nella scienza. Ma molti sembrano ignorare che la ricerca scientifica è collettiva ma non pubblica (tanto meno “comune”). La ricerca scientifica è prevalentemente finanziata da produttori di tecnologie, siano software, macchine o medicine. Merci che per essere prodotte, distribuite e consumate seguono le regole del mercato, cioè gli interessi privati. È scegliere la scienza e il suo metodo che ci dà il diritto di criticarla quando questa è il prodotto di esigenze tecnologiche, quindi del mercato, o quando diventa strumento politico per salvaguardare un potere o per abbatterlo. Quegli stessi intellettuali ribadiscono, giustamente, il dovere dello Stato di difendere la salute e la vita dei cittadini, ignorando, forse, che lo Stato è una entità astratta se non prende corpo attraverso i governi che ne determinano l’azione. E i governi si giudicano dalle scelte e dalle azioni che compiono. Per questo il cittadino ha il diritto di criticare il governo. Criticare il governo per le politiche economiche e sociali: per le scelte inique e di classe, per le privatizzazioni, l’assenza di investimenti e di politiche di trasformazioni strutturali è giusto e necessario.

Appare bizzarro che per difendere il ruolo “insostituibile” dello Stato, quegli intellettuali abbiano pressoché sospeso la critica agli errori, alle contraddizioni, alle inadempienze nella gestione della “pandemia”. Ci riferiamo a una politica di contrasto al virus mirata più a salvaguardare la produzione e i consumi che non la salute dei cittadini. Mentre l’urgenza era usare lo “stato d’emergenza” per investire subito nella ricerca pubblica mirata al virus SARS-CoV-2; non esaurire la strategia di contrasto al virus solo ai vaccini ma sperimentare farmaci in grado di ridurre gli effetti della malattia; rafforzare la medicina territoriale e predisporre e applicare un protocollo per le cure domiciliari; abolire il numero chiuso alla Facoltà di medicina già dall’anno accademico 2020-21; ampliare, anche provvisoriamente, il parco dei mezzi di trasporto pubblico; ridurre il numero degli studenti per classe assumendo nuovo personale. Così sarebbe stato possibile svolgere un ruolo di tutela per tutti, senza usare il green pass come strumento di ricatto o per distinguere i “buoni” dai “cattivi” e alimentare così la cultura dello stigma. L’autocensura degli intellettuali sembra abbia risparmiato, almeno in parte, le critiche alle scelte economiche e sociali del governo. Non così per i media (tutti, carta stampata e TV) che esaltano tutto ciò che viene fatto dal governo del “ragioniere” Draghi e fanno solo chiacchiericcio politico, oltre ad allarmare i cittadini!

La nostra impressione è che, di fronte all’ennesima drammatica conferma della fragilità umana, alla constatazione dei disastri provocati dall’uomo, alla crisi del pensiero occidentale antropocentrico e colonizzatore, alle sue conoscenze scientifiche che si fanno via via più complesse e incerte; di fronte alla “crisi della politica”, che per noi è anche crisi dello Stato democratico uscito dalla Rivoluzione francese, gli intellettuali sembra si diano un gran d’affare per rinverdire le suggestioni positiviste, per attaccarsi, in qualche modo, alla speranza delle “magnifiche sorti e progressive” dell’umanità. A noi pare che riemerga anche quel sentire giacobino che fa dello Stato l’unico involucro sicuro della politica. Eppure i fallimenti sono stati tanti, le sconfitte storiche e personali drammatiche e dolorose… Noi vorremmo che si avesse il coraggio di fare i conti con la storia e di pensare oltre, di “disertare il presente” quale prodotto di un passato oltre il quale andare, di abbandonare la speranza, di immergerci nella nostra condizione fragile e precaria e cercare percorsi inevitabilmente inediti. Sono saltati i riferimenti, cerchiamo altre strade.

Gli autori

Marco Sansoè

Marco Sansoè ha insegnato Lettere per 40 anni nelle scuole superiori. Segretario provinciale del PRC a Biella dal 1996 al 2008 è uscito dal PRC nel 2009. Dal 2008 anima il Laboratorio sociale "La città di sotto", fa parte del “Coordinamento Biella Antifascista” e collabora con la web radio "betteRadio".

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One Comment on “In difesa del pensiero critico, per la ricerca di nuove strade”

  1. Commento: Se invece di fare i bilanci contabili (monetari) usassimo strumenti simili a quelli già utilizzati per i libri contabili, per fare invece bilanci energetici quali sarebbero i viventi fruitori di risorse sulla terra a debito e quali a credito? Abbiamo veramente la capacità di fare i giusti calcoli? Se si, siamo in condizione di pianificare una modalità di riequilibrio? Possiamo disattendere il principio di Entropia per il quale non è possibile fare niente senza un declassamento dell’energia per cui quando in un fenomeno fisico si trasforma energia da un livello più basso ad uno più alto questa trasformazione non può avvenire senza far regredire parte dell’energia del livello più basso a livello ancora più basso. Il Calore è una forma di energia di qualità tanto inferiore quanto più alta è la temperatura. Per ottenere energia elettrica dall’energia Calore ne dobbiamo chiaramente aumentare la temperatura con aumento di debito energetico, Tutto questo per farci capire che possiamo vivere solo per quanto il Sole ci permette! Forse questo è l’unico modo per chi vive al massimo cento anni per guardare oltre nel tempo!

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