Fermare l’emorragia di umanità

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“Rosso è il colore che ci invita a sostare. Ma c’è un altro rosso, oggi, che ancor più perentoriamente ci chiede di fermarci, di riflettere, e poi d’impegnarci e darci da fare. È quello dei vestiti e delle magliette dei bambini che muoiono in mare e che a volte il mare riversa sulle spiagge del Mediterraneo.

Di rosso era vestito il piccolo Alan, tre anni, la cui foto nel settembre 2015 suscitò la commozione e l’indignazione di mezzo mondo. Di rosso erano vestiti i tre bambini annegati l’altro giorno davanti alle coste libiche. Di rosso ne verranno vestiti altri dalle madri, nella speranza che, in caso di naufragio, quel colore richiami l’attenzione dei soccorritori.

Muoiono, questi bambini, mentre l’Europa gioca allo scaricabarile con il problema dell’immigrazione – cioè con la vita di migliaia di persone – e per non affrontarlo in modo politicamente degno arriva a colpevolizzare chi presta soccorsi o chi auspica un’accoglienza capace di coniugare sicurezza e solidarietà.

Bisogna contrastare questa emorragia di umanità, questo cinismo dilagante alimentato dagli imprenditori della paura. L’Europa moderna non è questa. L’Europa moderna è libertà, uguaglianza, fraternità.

Fermiamoci allora un giorno, sabato 7 luglio, e indossiamo tutti una maglietta, un indumento rosso, come quei bambini. Perché mettersi nei panni degli altri – cominciando da quelli dei bambini, che sono patrimonio dell’umanità – è il primo passo per costruire un mondo più giusto, dove riconoscersi diversi come persone e uguali come cittadini.”

 

Una giornata per riflettere e per provare davvero a mettersi nei panni degli altri.

“Sabato 7 luglio indossiamo una maglietta rossa per un’accoglienza capace di coniugare sicurezza e solidarietà” è l’appello che don Luigi Ciotti, presidente nazionale Libera e Gruppo Abele, Francesco Viviano, giornalista, Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci, Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente e Carla Nespolo, presidente nazionale ANPI fanno a tutti noi.

 

 

 

Se fosse tuo figlio – di Sergio Guttilla

Se fosse tuo figlio
riempiresti il mare di navi 
di qualsiasi bandiera. 

Vorresti che tutte insieme 
a milioni 
facessero da ponte 
per farlo passare.

Premuroso, 
non lo lasceresti mai da solo
faresti ombra 
per non far bruciare i suoi occhi, 
lo copriresti 
per non farlo bagnare
dagli schizzi d’acqua salata. 

Se fosse tuo figlio ti getteresti in mare, 
uccideresti il pescatore che non presta la barca, urleresti per chiedere aiuto, 
busseresti alle porte dei governi 
per rivendicarne la vita. 

Se fosse tuo figlio oggi saresti a lutto, 
odieresti il mondo, odieresti i porti 
pieni di navi attraccate.
Odieresti chi le tiene ferme e lontane
Da chi, nel frattempo
sostituisce le urla 
Con acqua di mare.

Se fosse tuo figlio li chiameresti
vigliacchi disumani, gli sputeresti addosso. 
Dovrebbero fermarti, tenerti, bloccarti
vorresti spaccargli la faccia, 
annegarli tutti nello stesso mare. 

Ma stai tranquillo, nella tua tiepida casa
non è tuo figlio, non è tuo figlio. 
Puoi dormire tranquillo
E sopratutto sicuro. 
Non è tuo figlio. 

È solo un figlio dell’umanitá perduta,
dell’umanità sporca, che non fa rumore. 

Non è tuo figlio, non è tuo figlio. 
Dormi tranquillo, certamente 
non è il tuo. 

Sergio Guttilla 
—-
29 giugno 2018
Dedicata ai 100 morti in mare, morti affogati
in attesa di una nave che li salvasse.

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