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Fabrizio Venafro, laureato in scienze politiche, studia la società contemporanea sotto il profilo socio economico, con taglio interdisciplinare.
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L’ampliamento degli impianti sciistici sul Terminillo è prossimo. Nonostante i fiumi di parole spesi per sottolineare la necessità di mutare una rotta che porta alla catastrofe ambientale, in concreto si continua a ferire il territorio. Anche per la sinistra di governo costruire e devastare è meglio che mantenere e salvaguardare.
Oggi il compito da affrontare è demistificare la narrazione che il neoliberalismo ha prodotto negli ultimi quarant’anni. È evidente che la politica deve tornare a esercitare un ruolo preponderante, ma il modello a cui aspirare non è il semplice ritorno al welfare state keynesiano: il consumismo e l’idea di sviluppo forsennato su cui si fonda rischiano di gettarci in un tunnel senza uscita.
Ambientalismo e lotta di classe sono alternativi? Certo, se si considera la tutela dell’ambiente una sorta di giardinaggio o, al contrario, se la si ritiene compatibile con il capitalismo. Ma i fatti dimostrano sempre più che si tratta di facce della stessa medaglia ché diseguaglianze e distruzione ambientale procedono di pari passo.
Cosa c’entra la questione ambientale con l’emergenza sanitaria? Quest’ultima ha più le sembianze di un evento accidentale, naturale, inaspettato, mentre la prima – com’è sempre più chiaro – è determinata dall’azione del modello economico dei paesi sviluppati. In realtà, i due eventi hanno parecchi punti in comune.
Sembra di essere proiettati in un film post apocalittico. E non sarà facile uscirne. Già si prospettano due strade: provare nuove prospettive (e, prima ancora, un nuovo modo di pensare) o insistere nel modello attuale, accelerandolo ulteriormente per recuperare il terreno perduto. Non è, evidentemente, la stessa, cosa.
La crisi climatica, che funge da amplificatore di tutte le nostre contraddizioni, può essere lo stimolo per un cambiamento epocale del sistema economico. Ma, per andare in questa direzione, c’è bisogno di una rivoluzione copernicana nella visione stessa della vita che parta dall’abbandono del mito del PIL.