Gianluigi Trianni è medico di Sanità Pubblica, già Direttore Sanitario (Careggi Firenze) e Generale (ASL 1 Lecce). E' attivo nei "Comitati per il ritiro di ogni autonomia differenziata, per l’unità della Repubblica e l’eguaglianza dei diritti" e in "Medicina Democratica".
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Il Governo ha deciso un ulteriore taglio al bilancio della sanità già insufficiente per garantire la funzionalità del SSN. E la presidente del Consiglio afferma che il problema non sono i soldi, ma il modo in cui vengono spesi. Intanto i cittadini si pagano le cure o rinunciano a curarsi. Se tutto questo non basta, a quando uno sciopero generale?
Dopo la privatizzazione si assiste, per la Sanità, alla concentrazione di capitali e alla finanziarizzazione, che affidano le politiche del settore al “mercato” e ai “mercanti”. In Italia ciò accade soprattutto nel settore farmaceutico e nella Regione Lombardia ma il fenomeno è in espansione. Per arginarlo non c’è che il protagonismo del pubblico, cioè l’opposto della politica di questo Governo (e di quelli che lo hanno preceduto).
Per la sanità il fallimento della regionalizzazione è già oggi macroscopico e inconfutabile. L’avvento dell’autonomia regionale differenziata produrrebbe una ulteriore balcanizzazione della sanità pubblica con crescita a dismisura di disuguaglianze e disfunzioni. Per questo non bastano le correzioni: l’operazione deve essere contrastata nella sua interezza, senza se e senza ma.
La Nadef approvata dal Governo dimissionario delinea, per i prossimi anni, un decremento della spesa sanitaria. Intanto incombe l’autonomia differenziata, veicolo di ulteriori regali al privato e agli imprenditori della salute. È una dichiarazione di guerra alla sanità pubblica, in spregio all’epica gestione del Covid-19 da parte del SSN e dei suoi professionisti, e un insulto ai più deboli e ai ceti popolari.
L’autonomia regionale differenziata è al centro sia del programma elettorale della destra che di quello del centro sinistra. È un dramma preannunciato per la salute, sempre più appannaggio delle regioni ricche. Poche e deboli le opposizioni Eppure occorre mobilitarsi e far sentire voci critiche: prima che sia troppo tardi!
Siamo arrivati ai bandi per la fornitura di servizi ospedalieri di ostetricia e ginecologia. Accade a Modena. La privatizzazione si estende e tocca settori fondamentali. E non basta. Senza un cambio di direzione politica e una programmazione di ampio respiro, in sanità ci aspetta di peggio: una ulteriore privatizzazione con l’autonomia regionale differenziata.
Il Governo Draghi si appresta a dare il colpo mortale al Servizio sanitario nazionale. Non solo ripropone l’autonomia differenziata (che significa passare a 19+2 Servizi sanitari regionali diversi) ma, nello stesso tempo, prevede la riduzione del finanziamento pubblico aprendo la strada ad assicurazioni e produttori privati.
C’è voluto il Papa, nella recita dell’Angelus durante il recente ricovero al Gemelli, per ricordare l’importanza fondamentale e irrinunciabile di «un servizio sanitario gratuito, che assicuri un buon servizio accessibile a tutti». Sembra un concetto dimenticato, nonostante il Covid. A quando il risveglio almeno della sinistra?
I ripetuti ritardi nella consegna dei vaccini e la mancanza di trasparenza al riguardo propongono una questione centrale in una politica della salute: la costituzione di un Network pubblico del farmaco. I precedenti ci sono e le proposte non mancano. Manca la volontà politica.
Lo Stato ha bisogno di risorse e c’è chi, al fine di aumentare gli (insufficienti) stanziamenti per la sanità propone di tagliare la spesa sociale. È una proposta irricevibile. Per molte ragioni, ma anzitutto perché la salute delle persone dipende dalle condizioni di vita prima ancora che dall’offerta di servizi sanitari di cura.