Gianluigi Trianni è medico di Sanità Pubblica, già Direttore Sanitario (Careggi Firenze) e Generale (ASL 1 Lecce). E' attivo nei "Comitati per il ritiro di ogni autonomia differenziata, per l’unità della Repubblica e l’eguaglianza dei diritti" e in "Medicina Democratica".
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La Nadef approvata dal Governo dimissionario delinea, per i prossimi anni, un decremento della spesa sanitaria. Intanto incombe l’autonomia differenziata, veicolo di ulteriori regali al privato e agli imprenditori della salute. È una dichiarazione di guerra alla sanità pubblica, in spregio all’epica gestione del Covid-19 da parte del SSN e dei suoi professionisti, e un insulto ai più deboli e ai ceti popolari.
L’autonomia regionale differenziata è al centro sia del programma elettorale della destra che di quello del centro sinistra. È un dramma preannunciato per la salute, sempre più appannaggio delle regioni ricche. Poche e deboli le opposizioni Eppure occorre mobilitarsi e far sentire voci critiche: prima che sia troppo tardi!
Siamo arrivati ai bandi per la fornitura di servizi ospedalieri di ostetricia e ginecologia. Accade a Modena. La privatizzazione si estende e tocca settori fondamentali. E non basta. Senza un cambio di direzione politica e una programmazione di ampio respiro, in sanità ci aspetta di peggio: una ulteriore privatizzazione con l’autonomia regionale differenziata.
Il Governo Draghi si appresta a dare il colpo mortale al Servizio sanitario nazionale. Non solo ripropone l’autonomia differenziata (che significa passare a 19+2 Servizi sanitari regionali diversi) ma, nello stesso tempo, prevede la riduzione del finanziamento pubblico aprendo la strada ad assicurazioni e produttori privati.
C’è voluto il Papa, nella recita dell’Angelus durante il recente ricovero al Gemelli, per ricordare l’importanza fondamentale e irrinunciabile di «un servizio sanitario gratuito, che assicuri un buon servizio accessibile a tutti». Sembra un concetto dimenticato, nonostante il Covid. A quando il risveglio almeno della sinistra?
I ripetuti ritardi nella consegna dei vaccini e la mancanza di trasparenza al riguardo propongono una questione centrale in una politica della salute: la costituzione di un Network pubblico del farmaco. I precedenti ci sono e le proposte non mancano. Manca la volontà politica.
Lo Stato ha bisogno di risorse e c’è chi, al fine di aumentare gli (insufficienti) stanziamenti per la sanità propone di tagliare la spesa sociale. È una proposta irricevibile. Per molte ragioni, ma anzitutto perché la salute delle persone dipende dalle condizioni di vita prima ancora che dall’offerta di servizi sanitari di cura.
La politica sanitaria del Governo Conte è in sconfortante continuità con quella dei governi precedenti. Invariate le risorse e incrementata la privatizzazione, aumentano le differenze tra le regioni e restano invariati i ticket (salva la demagogica soppressione del superticket). Cosa c’è di nuovo in tutto ciò?
Nella bozza del Patto per la salute 2019-2021 tra Ministero della sanità e Regioni si prevede un appalto generalizzato di prestazioni a fondi sanitari e assicurazioni private, così realizzando un’ulteriore privatizzazione del Servizio sanitario nazionale pubblico e dei sempre più necessari servizi sociosanitari per una popolazione che invecchia.