Matteo Saudino, laureato in storia e filosofia, insegna filosofia presso il liceo “Giordano Bruno” di Torino. È autore di "La filosofia non è una barba" (Vallardi, 2020) e, con Chiara Foà, di "Cambiamo la scuola. Per un'istruzione a forma di persona" (Eris Edizioni, 2021) e “Il prof fannullone. Appunti di una coppia di insegnanti ribelli nell’esercizio del mestiere più antico del mondo (o quasi)” (Independently published, 2017). È ideatore di "BarbaSophia", canale YouTube (https://www.youtube.com/channel/UCczAmcE87UncfJLyrfA2wUA) in cui spiega e racconta concetti e storia della filosofia.
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Nel mezzo della crisi politica, economica e sociale che sta logorando l’Italia, la scuola pubblica è sempre più in difficoltà e non c’è ombra degli investimenti tanto annunciati. I risultati delle prove Invalsi 2021 sono nettamente peggiori dei precedenti e si acuisce il divario tra nord e sud. Ma davvero è tutta colpa della DAD?
Si torna a scuola! Ma ad accogliere gli studenti ci sono scelte didattiche calate dall’alto e innovazioni classiste. Intanto stanno per arrivare i fondi del Recovery Plan. Sperando che servano ad affrontare le vere priorità della scuola: la riduzione del numero di studenti per classe e la riprogettazione degli spazi.
La scuola non ha retto alla prova del virus. Ciò che manca è una visione condivisa. Occorrono degli Stati Generali dal basso per ridisegnare tutto: programmi, didattica, spazi, valutazione, formazione dei docenti, edifici, borse di studio, orari, protagonismo studentesco. Proviamoci!
Il ritorno a scuola è avvenuto con molte ombre ma anche con qualche luce. Pur nel caos della nomina dei docenti annuali, caratterizzata da errori e disfunzioni ancora maggiori che negli anni precedenti, le scuole, come sempre nelle emergenze, hanno saputo tirar fuori, nonostante la carenza strutturale di fondi, energie inaspettate.
A pochi giorni dall’inizio delle lezioni la scuola è nel caos. La pandemia, anziché produrre uno sforzo comune e soluzioni condivise, sta provocando strumentalizzazioni e risse sui media e tra le forze politiche. Se non si cambia registro non si andrà lontano e la sconfitta sarà di tutti.
In molti hanno pensato che la pandemia fosse l’occasione per rivedere le priorità del nostro modello di sviluppo e, in esso, del sistema scolastico. Non è stato e non è così. Anche perché ciò che occorre è un vero e proprio new deal, di medio periodo, in cui una nuova cultura della scuola diventi egemone nella società.
L’anno scolastico in presenza è finito. Resta la didattica a distanza: con zone d’ombra e potenziali opportunità. Per capire in quale direzione costruire la scuola del presente e del futuro bisogna esaminarle senza manicheismi. Poi la strada da intraprendere dipenderà da noi.
Il Coronavirus si è abbattuto come un uragano sulla scuola, che si trova ad affrontare una situazione di crisi senza precedenti. In questi giorni di chiusura forzata è opportuno non farsi travolgere dal panico ed elaborare alcune riflessioni sui rischi, i cambiamenti e le opportunità che si prospettano per il sistema scolastico.
La compiaciuta pubblicazione, nel sito di un istituto scolastico romano, del diverso riferimento sociale dei propri plessi non è una semplice, stupida gaffe ma la fotografia di una realtà riscontrabile ovunque nel Paese: quella di una scuola sostanzialmente classista che riproduce, anziché eliminare (o attenuare), le disuguaglianze.
Ritorna alla maturità il tema di storia e sparisce la scelta delle buste per l’avvio del colloquio orale. Modifiche all’apparenza modeste. Ma ragionare sul passato per capire il presente e uscire dall’immaginario dei quiz televisivi può aiutare la scuola a diventare luogo di formazione e gli studenti a essere più liberi e consapevoli.