Marco Rovelli scrive libri, fa musica e insegna filosofia e storia nei licei. Ha scritto, tra l’altro, tre reportage narrativi su questioni del margine della società (perché è dal margine che si vede il centro): “Lager italiani” (BUR, 2006), sui centri di detenzione per migranti; “Lavorare uccide” (BUR, 2008), sulle morti sul lavoro; “Servi” (Feltrinelli, 2009), racconto di un viaggio nell’Italia dei lavoratori clandestini negli agrumeti, nei campi di pomodori e nei cantieri. Musicalmente è legato al patrimonio del canto sociale e popolare.
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Nei nomi dei ministeri e dei ministri chiamati a dirigerli il nuovo governo mostra quali sono i corni del problema che abbiamo di fronte, e del pericolo che corriamo, nel presente e per l’avvenire. Imprese, made in Italy, natalità, merito, sport. È l’offensiva di un lessico contemporaneo che non ha più bisogno di ricorrere al vecchio e oggi improponibile armamentario del “libro e moschetto”.
In spiaggia si vedono, e dunque vanno cacciati. Nelle campagne, a raccogliere pomodori per pochi euro, non si vedono. E, se vogliamo comprare una passata di pomodoro a 40 centesimi, sono necessari. Che restino, allora. Invisibili. E se muoiono, che sarà mai!