E' titolare delle cattedre di Scienza della politica, presso il Dipartimento di studi giuridici, politici, economici e sociali dell'Università degli Studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro", si è occupato tra l'altro dell'analisi dei processi produttivi (fordismo, post-fordismo, globalizzazione), della "cultura di destra" e, più in genere, delle forme politiche del Novecento e dell'"Oltre-novecento". La sua opera più recente: "Populismo 2.0".
È coautore con Scipione Guarracino e Peppino Ortoleva di uno dei più diffusi manuali scolastici di storia moderna e contemporanea (Bruno Mondadori, 1ª ed. 1993).
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I 523 giorni del governo Draghi hanno lasciato il sistema politico italiano in uno stato di disgregazione senza precedenti. La grande fuga del Migliore dalle sue responsabilità – perché è di questo che si è trattato – lascia dietro di sé scenari aperti a una preoccupante rivincita della destra peggiore. La mancata riforma elettorale in senso proporzionale è una responsabilità inescusabile del Pd in primo luogo e dell’intero campo democratico.
Austin che parla di cessate il fuoco mentre la sua amministrazione stanzia 40 miliardi per la guerra, Draghi che dice di aver convinto Biden a cercare una soluzione di pace e fa un deccreto per mandare in Ucrania armi pesanti sono la lingua biforcuta della guerra, quella che prepara uno scenario da incubo con lo smantellamento di tutti i dispositivi di sicurezza creati al tempo della guerra fredda
Per l’insetto “è lo sfolgorare della fiamma, per l’uccello sono gli occhi fissi del serpente”, per l’uomo è l’attrazione irresistibile del vuoto ovvero della GUERRA. Quello che viviamo oggi è una vertigine che annienta l’istinto di conservazione e attrae irresistibilmente verso la rovina. Irriso da media e politici il pacifismo è l’unica risorsa salvifica oggi.
In nome di un irragionevole affidamento al fascino della guerra, l’impensabile e l’indicibile è diventato “opzione possibile”. Nell’universo mediatico il ricorso alle armi è considerato l’unica dimensione concepibile mentre le ragioni della nonviolenza sono irrise come appannaggio di “anime belle”. E’ il momento di ricordare il motto gandhiano: “Occhio per occhio e il mondo diventa cieco”
Questa nuova orrenda guerra si combatte negli stessi luoghi in cui ottanta anni fa si consumò la tragedia dell’Armata italiana in Russia. Solo la memoria di chi l’ha vissuta davvero e conosciuta da vicino può aiutarci a rifiutare la guerra come male universale, e a respingere le facili retoriche sulla corsa alle armi come sostegno alle vittime.
“Oltre la fabbrica c’è il territorio”. Si apre così il più recente libro di Aldo Bonomi e dei ricercatori del Consorzio Aaster, prismatica mappatura della metamorfosi in corso nel capitalismo di ultima generazione, quello che uscito “dalle mura” dell’impresa mette al lavoro lo spazio sociale e le vite che lo abitano
L’elezione di Mattarella, decisa sull’asse che va da Palazzo Chigi al Quirinale, certifica la crisi profonda della democrazia italiana, con un Parlamento delegittimato (da sé) e un Esecutivo sempre più autonomo. Mentre si profila la minaccia mortale del Presidenzialismo, che permetterebbe al primo demagogo di turno di prendersi il Paese intercettando le passioni tristi di un popolo disorientato. È questo il pericolo contro cui combattere, da ora!
Il “Governo dei miracoli” viaggia a tutto vapore, come il Titanic, verso il suo iceberg istituzionale di fine gennaio. La pandemia dilaga nel Paese e il sistema dei partiti non è mai stato così diviso e frammentato. L’incubo di un’elezione presidenziale sfregiata dalla presenza di Berlusconi si fa possibile. A questo punto è la notte.
Il combinato disposto tra la conferenza stampa di fine anno del Presidente del Consiglio Draghi (con relative bugie) e le reazioni dei partiti politici della sua maggioranza (con relativi sgambetti) la dice lunga sul drammatico marasma istituzionale che si rischia a inizio ‘22. E anche sullo strato di ipocrisia che ha avvolto sia le parole dell’uno che quelle degli altri.
La sentenza del tribunale di Locri contro Mimmo Lucano e il suo “modello Riace” aveva già fatto inorridire molti al momento del giudizio. Ora, lette le motivazioni, la sensazione di trovarsi di fronte a uno scandalo giudiziario è rafforzata. Non solo un’ingiustizia, ma un capovolgimento kafkiano della realtà.