Gianfranco Ragona insegna Storia del pensiero politico all'Università di Torino. Si occupa di storia del pensiero anarchico e del socialismo otto-novecentesco. Tra i suoi libri più recenti: Socialismo di frontiera. Autorganizzazione e anticapitalismo (Rosenberg & Sellier, 2018), scritto con Monica Quirico.
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A margine dello sciopero della fame di Alfredo Cospito i media e la politica si sono rincorsi nella denuncia di un incombente “pericolo anarchico”. Ma esiste davvero questo pericolo? È lecito dubitarne posto che negli ultimi decenni il solo fatto di violenza alle persone rivendicato da anarchici è stato il ferimento dell’ingegner Adinolfi. Altri sono i veri pericoli per la nostra democrazia.
Le analisi sulla guerra in Ucraina sono eterogenee e divergenti. Anche a sinistra. Ma il punto di partenza è, in tutti i casi, un modello interpretativo superato che continua a porre al centro delle dinamiche internazionali i concetti di Stato e di imperialismo, trattando con sufficienza l’emergere di istituzioni politiche alternative allo Stato sovrano che sono, invece, la vera novità del presente.
I tempi cupi in cui viviamo chiedono di frenare la catastrofe e, insieme, di formulare un ideale alternativo di convivenza. Ciò impone di evitare il ritiro dalla politica e di collegare i piccoli ai grandi nodi intessendo nuove trame di rapporti. Anche per comporre una visione globale unitaria, in nome della lotta al capitalismo.
La pandemia rappresenta, nelle nostre vite, una svolta epocale. Per non esserne travolti bisogna individuare subito strade nuove, all’insegna della prudenza, ma non della paura irrazionale dell’altro. E, se non ci sono, progettarne di nuove. Ma, prima, bisogna accordarsi sulla direzione da prendere e, per farlo, prendere parola.