Monica Quirico, storica, è honorary research fellow presso l'Istituto di storia contemporanea della Södertörn University di Stoccolma. La sua ricerca verte sulla storia e la politica svedese, spesso in prospettiva comparata con l'Italia. Tra le sue pubblicazioni più recenti, Socialismo di frontiera. Autorganizzazione e anticapitalismo (Torino, Rosenberg & Sellier, 2018), scritto con Gianfranco Ragona.
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Sull’altare della sicurezza, interna ed esterna, la Svezia sta sacrificando ciò che l’aveva resa, pur tra molte contraddizioni, una “superpotenza morale”. Gli anticorpi sono da ricercare non nella sinistra di governo, riformista o radicale che sia, ma nella rete di organizzazioni e movimenti, laici e religiosi, che si oppongono alla barbarie, in nome di quella solidarietà e giustizia di cui il paese è stato a lungo modello per il mondo.
Mentre in Italia il nuovo Governo prepara un’offensiva generalizzata sulle grandi opere, in Europa anche a destra è in corso un ripensamento. È il caso della Svezia dove la nuova maggioranza ferma i lavori di una linea ad alta velocità osservando, tra l’altro: «Puntare sull’alta velocità rischia di compromettere altri investimenti necessari. Gli investimenti nella rete ferroviaria devono privilegiare i treni pendolari».
L’Italia ha “finalmente” un presidente del Consiglio donna. Peccato che il dato biologico non corrisponda a quello politico. Meloni stessa ha sgombrato il campo dagli equivoci, quando ha postato un video in cui, ammiccando, esibiva due meloni. Il gesto non è solo la riprova di quanto la volgarità paghi nella politica italiana ma segnala anche l’adesione al peggior modello machista.
Il vento di destra soffia anche in Svezia. I socialdemocratici, pur confermandosi il primo partito, non sono in grado di formare un governo. Vince la destra, in particolare quella estrema, che sarà l’asse portante della maggioranza. All’orizzonte lo smantellamento del welfare, una politica dell’immigrazione selettiva e la corsa al riarmo.
Anche in Svezia sono prossime le elezioni politiche, che si terranno l’11 settembre. E il panorama presenta molti punti convergenza con il trend europeo. A farla da padrone sono, infatti, la paura e le connesse politiche sicuritarie che hanno soppiantato e fatto appassire quel welfare che aveva reso la Svezia un modello in tutto il continente.
Mentre la destra si appropria (deformandole) di parole d’ordine della sinistra e quest’ultima insegue principi e progetti della prima, va in scena lo spettacolo imbarazzante di una sinistra “responsabile” impegnata in un farsesco e suicida “t’amo, non t’amo” che coinvolge Letta, Calenda, Fratoianni, Bonelli, Di Maio e gli ultimi transfughi di Forza Italia. Occorre ben altro per combattere l’egemonia della destra.
L’eterogeneità delle critiche rivolte ai “pacifisti” rivela che la contraddizione è negli occhi di chi guarda: di chi si lava la coscienza chiedendo armi che altri useranno. Noi, la “sinistra occidentale”, sappiamo poco dell’Europa dell’est; ma conosciamo bene il nostro mondo e il suo assolutismo amorale che pretende di dominare sull’intero globo con l’unica concretezza che conosce: quella del denaro, e delle armi.
Nell’Europa centro-orientale (Ungheria, Polonia, Cechia, Slovacchia, Bielorussia, Ucraina e anche Russia) l’estrema destra estende il suo peso culturale e contribuisce a creare un’altra immagine di Europa, intesa come comunità spirituale fondata sulla famiglia, lo Stato nazionale e il cristianesimo. Un report del CBEES di Stoccolma, antecedente all’invasione dell’Ucraina, lancia l’allarme.
L’avvicinamento alla NATO della Svezia e della Finlandia, da lungo tempo neutrali, è un fatto di grande rilievo sulla scena geopolitica. Non solo per i suoi effetti di ulteriore instabilità della regione, ma anche per il conseguente assottigliarsi dell’area della neutralità e del suo stesso concetto, in un momento in cui la ripresa del conflitto tra le grandi potenze la rende particolarmente necessaria.
In una lunga intervista a Volere la Luna a margine del suo ultimo libro (“Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico”), Emiliano Brancaccio parla della guerra, della emergenza climatica e dello scenario catastrofico che può scaturire dalla crisi capitalistica, individuando come alternativa, necessaria e possibile, una pianificazione democratica.