Valentina Pazé insegna Filosofia politica presso l’Università di Torino. Si occupa, in una prospettiva teorica e storica, di comunitarismo, multiculturalismo, teorie dei diritti e della democrazia. Tra le sue pubblicazioni: In nome del popolo. Il potere democratico (Laterza, 2011) e Cittadini senza politica. Politica senza cittadini (Edizioni Gruppo Abele, 2016)
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A più di due anni dall’inizio della pandemia, è tempo di chiedersi se l’esperienza del confinamento abbia avuto effetti duraturi, e quali, sulle nostre società. È stata solo una momentanea interruzione del nostro modo ordinario di vivere? O va interpretata come una forma di sospensione, propedeutica a un ripensamento radicale del nostro modello di sviluppo?
Nelle epoche oscure la linea di demarcazione tra il bene e il male sfuma ed è facile essere attratti dal conformismo. Da qui la necessità di un lavoro lungo e faticoso di elaborazione, costruzione di pratiche, intreccio di relazioni. Ma anche le epoche luminose, in cui i valori in gioco sono chiari e leggibili, non sono esenti da rischi di semplificazioni e isolamento.
La guerra in Ucraina prosegue e l’ONU, pur preposta a «mantenere la pace e la sicurezza internazionale» non è in grado di fermarla. Per molte ragioni ma soprattutto perché un’autorità sovranazionale non può far rispettare il divieto della guerra se gli Stati non sono disposti a disfarsi dei loro eserciti e dei loro arsenali. La pace si ottiene solo disarmando gli Stati. Da qui occorre partire.
La storia è piena di guerre, ma anche di soldati che, in varie epoche e su diversi fronti, non si sono impegnati quanto previsto nel colpire, trafiggere, scannare, squartare, massacrare altre persone. Ossia nello svolgere il mestiere per cui erano stati addestrati. È difficile crederlo in questi giorni in cui si sentono quasi solo venti di guerra eppure, a ben guardare, gli esempi non mancano.
In alcuni passaggi del suo discorso di insediamento il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha invitato a restituire centralità al Parlamento. Al di là della retorica, non sembra però che ci sia oggi reale consapevolezza della gravità della situazione, come conferma il carattere confuso e contraddittorio della discussione in corso sulla legge elettorale e sulla riforma dei regolamenti parlamentari.
Due appelli, della “Rete nazionale scuole in presenza” e di “Famiglie senz’auto”, contestano l’obbligo di green pass per gli studenti che usano mezzi di trasporto pubblici per andare a scuola, sollevando tra l’altro il problema, reale, che a essere penalizzati sono i ragazzi provenienti dalle famiglie più disagiate.
Come difendere le istituzioni democratiche minacciate da rigurgiti di fascismo? Una possibile risposta è il modello tedesco della “democrazia protetta”, incentrato sullo scioglimento dei partiti “anti-sistema”. Ma ci sono forti dubbi sulla sua efficacia nel combattere i nemici della democrazia. E anche sulla sua compatibilità con lo spirito della Costituzione italiana.
L’appello del direttore generale dell’OMS ai paesi ricchi a non procedere con la vaccinazione dei più giovani e a destinare i vaccini alle fasce a rischio dei paesi poveri è caduto nel vuoto. Così anche in Italia è iniziata la vaccinazione di massa degli adolescenti. Ma è una scelta razionale o, alla lunga, sbagliata e miope (oltre che razzista e disumana)?
Garantire la vita presente e futura sul pianeta, mantenere la pace, promuovere rapporti amichevoli tra i popoli, realizzare l’uguaglianza. Questo il progetto della Costituzione della terra: grandiosa utopia giuridica, ma soprattutto progetto politico che offre un orizzonte strategico alle molte battaglie di associazioni e movimenti.
L’università non è solo il susseguirsi di lezioni. È anche relazioni, incontri, biblioteche, scoperte, politica. Superfluo dirlo: anche prima della pandemia la situazione non era idilliaca e i problemi erano molti e gravi. Ma certo non sarà l’istituzionalizzazione della DAD a risolverli.