Michele Passione è avvocato a Firenze. È stato componente dell’Osservatorio Carcere dell’Unione delle Camere Penali Italiane.
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Carcere, pena, giudizio, potere. Sono anelli concentrici, tasselli di un sistema che costruisce marginalità, messi a nudo da Fabrizio De André in numerose canzoni. Molte e originali sono le storie raccontate, che seguono strade diverse, cifre differenti, che segnalano «come le verità del potere siano le verità di oggi».
Anche la giustizia penale è piegata al populismo, cioè alla strumentalizzazione per la ricerca di consenso politico. Molti i veicoli dell’operazione: l’invocazione di ordine e sicurezza, la previsione di pene esemplari, una sorta di “diritto penale massimo” e, se non basta, la disobbedienza alle decisioni giudiziarie garantiste.
Il carcere ha sfondato, con la fine di novembre, le 60.000 presenze al giorno e nel corso dell’anno i suicidi tra i detenuti sono saliti 63. In questo quadro le “nuove” linee programmatiche dell’Amministrazione propongono strade vecchie e fallimentari «in perfetta sintonia con il Ministro della giustizia».