Pasquale Pugliese, nato a Tropea, vive e lavora a Reggio Emilia. Di formazione filosofica, si occupa di educazione, formazione e politiche giovanili. Impegnato per il disarmo, militare e culturale, è stato segretario nazionale del Movimento Nonviolento fino al 2019. Cura diversi blog ed è autore di “Introduzione alla filosofia della nonviolenza di Aldo Capitini” e "Disarmare il virus della violenza" (entrambi per le edizioni goWare).
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“L’obbedienza non è più una virtù”: nel 1965 don Milani stava parlando anche di noi e della nostra obiezione di coscienza alla guerra. Oggi più che mai perché, quando in ogni conflitto c’è un rapporto inversamente proporzionale tra vittime civili e militari e, in epoca atomica, la guerra non può essere di difesa non esistono guerre giuste.
Lo scambio epistolare tra Albert Einstein e Sigmun Freud sul “perché la guerra?”, del luglio-agosto 1932, aiuta a riflettere sul tragico ritorno della guerra in Europa e sul suo necessario superamento. Il pensiero di Einstein è chiaro: la logica della guerra non si supera con statuizioni giuridiche, ma costruendo mezzi alternativi per la risoluzione dei conflitti, cioè preparando la pace.
Il gesto dei giovani che hanno imbrattato l’ingresso del Senato per denunciare l’inerzia delle istituzioni di fronte alla crisi climatica ha ottime motivazioni e si inquadra nella condivisibile prospettiva della disobbedienza nonviolenta. Ma le sue modalità rischiano di renderlo controproducente, alienadogli la simpatia dell’opinione pubblica.
Durante la prima guerra mondiale, la notte di Natale del 1914, soldati britannici, tedeschi e francesi uscirono dalle trincee, imposero una tregua di fatto e fraternizzarono con il nemico. Fu un lume della ragione che rimane ancora acceso, passando di generazione in generazione, contro l’oscurantismo della guerra. Ma i governanti di oggi, come quelli di allora, non vogliono coglierlo. La guerra deve continuare, comunque!
La campagna elettorale non promette nulla di buono. Mentre Giorgia Meloni denuncia una generalizzata devianza giovanile, Matteo Salvini rilancia il servizio militare obbligatorio come strumento “per raddrizzare tante ragazze e tanti ragazzi”. Dall’isteria bellica al servizio militare raddrizzativo all’ora di armi a scuola (introdotta di recente in Polonia), un’onda violenta si abbatte sugli adolescenti.
Un anno fa le truppe statunitensi fuggivano precipitosamente dall’Afghanistan abbandonando la popolazione al potere dei talebani. L’anniversario impone una riflessione su decenni di politica internazionale estesi fino all’oggi. In Afghanistan hanno perso tutti, tranne il complesso militare-industriale che ha visto lievitare i propri profitti di morte. È quel che rischia di accadere in Ucraina.
È uno tra i più pericolosi dei 77 precedenti, questo anniversario dello sgancio delle bombe atomiche statunitensi su Hiroshima e Nagasaki. Prima la guerra in Ucraina e poi l’escalation della tensione tra USA e Cina intorno allo status di Taiwan ci stanno riportando all’amara realtà del possibile uso di armi atomiche in un conflitto armato. C’è un’alternativa: la cancellazione delle armi nucleari dalla faccia della terra.
Andiamo a elezioni anticipate mentre infuria una guerra a cui anche l’Italia partecipa. Ciò rende ineludibile, per chi ha a cuore la soluzione (o almeno il contenimento) della crisi sistemica globale in atto, definire un’agenda politica in cui trovino posto non un generico e residuale accenno alla pace e all’ecologia ma alcuni precisi punti programmatici fondati sulla teoria e la pratica del disarmo.