Luigi Pandolfi, laureato in scienze politiche, giornalista pubblicista, scrive di politica ed economia su vari giornali, riviste e web magazine, tra cui "Il Manifesto", "Micromega", "Economia e Politica". Tra i suoi libri più recenti: "Metamorfosi del denaro" (manifestolibri, 2020).
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Al primo e vero banco di prova con i provvedimenti di bilancio, il Governo Meloni si rivela alla stregua di un qualsiasi governo tecnico. Prima le regole di bilancio (e i vincoli europei), poi le persone. E quel poco che c’è da spendere si spende per alleggerire le tasse a chi può pagarle e per non disturbare chi vive di profitti. Per non dire del rafforzamento della vituperata legge Fornero…
Perché in Italia lo spread è tornato a salire? Perché i mercati temono per i nostri conti pubblici e, per prestarci soldi, vogliono maggiori interessi. La questione, peraltro, è strutturale e per allentare la tensione sui mercati e far respirare i paesi più indebitati occorrerebbe trasformare i titoli acquistati nell’ambito del quantitative easing in obbligazioni irredimibili. Titoli senza scadenza e a tasso zero. Ma l’Europa non ci sente.
L’80% del denaro in circolazione è privo di corrispondenti riserve ed è, in realtà, credito delle banche (e debito per chi lo riceve). Ma le banche fanno credito per fare profitti, non per sostenere l’economia. E così si favorisce chi ha mezzi, si producono ulteriori disuguaglianze e si creano crisi ricorrenti. Occorre dunque – sostiene Enrico Grazzini in un recente libro – cambiare l’architettura del sistema monetario.
La situazione economica non è buona. Se andrà bene quest’anno avremo una crescita di poco sopra lo zero, ed è possibile che si vada direttamente in recessione. Ma il Governo, intento a magnificare piccoli interventi sparsi qua e là, sembra non accorgersene e cancella (o depotenzia) il reddito di cittadinanza e il superbonus edilizio, cioè le due misure che hanno maggiormente trainato la domanda interna.
Grazie al rialzo dei tassi, i profitti delle banche sono lievitati. Nel primo trimestre di quest’anno le 5 banche più importanti hanno accresciuto del 57,6% il proprio “margine di interesse”. Giusto, dunque, tassarle, nonostante i malumori della borsa. Ma se ciò servirà soprattutto a consentire di abbassare le tasse sui redditi più elevati sarà solo un trasferimento di risorse all’interno del segmento medio-alto della società.
I primi provvedimenti del Governo in materia economica hanno un segno univoco: meno Stato, meno tasse per le imprese e per chi fa profitti, mano tesa agli evasori, crociata contro il reddito di base, bocciatura del salario minimo. Lo scollamento con i bisogni reali del Paese è drammatico. Nemmeno i governi tecnici di Monti e Draghi avevano osato tanto.
Un recente libro dello storico e ricercatore svizzero Daniele Ganser (“Le guerre illegali della NATO”) apre una falla nella narrazione mainstream – che riguarda anche la guerra in Ucraina – secondo cui il regno dei cattivi è sempre l’altro da sé. Dove il “sé”, manco a dirlo, è l’insieme degli Stati che compongono, per convenzione, il cosiddetto Occidente, dall’Europa al Pacifico.
E fu così che la misteriosa “agenda Draghi”, su cui tanto si era favoleggiato nel corso della campagna elettorale, finì per materializzarsi con la manovra del Governo guidato da Giorgia Meloni, colei che col suo partito aveva preso tanti voti fingendosi all’opposizione dell’esecutivo del banchiere. Ma la destra è fatta così. Incendiaria quando è fuori dal palazzo, padronale e compatibilista quando ne varca la soglia.
L’alta inflazione fa crescere la distanza tra ricchi e poveri. Lo attesta persino uno studio della Bce. Niente di nuovo se non che, nell’ultimo anno, il fenomeno ha avuto un’accelerazione senza precedenti. Solo il Governo sembra non preoccuparsene, preso dall’esigenza di affermare la propria “identità”, con misure di repressione del dissenso, di mistificazione della storia, di attacco a chi salva vite in mare.
Un segno della crisi della sinistra sta anche nel lessico usato dai suoi epigoni. Il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle classi subalterne è stato determinato dalla loro sconfitta nello scontro con il padronato. Ma il lavoro salariato non è scomparso e, per invertire la tendenza, occorre ripartire dalla classe lavoratrice. Senza cercare di sostituirla con qualcos’altro, anche nel lessico.