Moni Ovadia è un attore, drammaturgo, scrittore e compositore di famiglia ebraica. Tale ascendenza influenza tutta la sua opera, diretta al recupero e alla rielaborazione del patrimonio artistico, letterario, religioso e musicale degli ebrei dell’Europa orientale. Politicamente impegnato nella sinistra è profondamente critico nei confronti della politica ultranazionalista del Governo di Israele e impegnato nella difesa dei diritti della Palestina e dei palestinesi.
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La maggioranza delle persone ignora la vita dei paesi che all’improvviso diventano teatri di guerre. Io sono stato in Ucraìna. Ho conosciuto Kiev e Odessa. Sono diventato amico di danzatori e artisti strepitosi. Mi sono avvicinato a un genio della letteratura come lo scrittore ebreo Isaak Babel’. Ho frequentato il popolo sbandato, assillato, eccentrico da lui cantato. È stato un grande privilegio.
L’Italia non si è mai disintossicata dall’infezione del fascismo. Sta lì il brodo di coltura dei movimenti neofascisti, alimentati, da un lato, dalle profonde ingiustizie sociali e, dall’altro, dall’anticomunismo viscerale delle destre parlamentari e dalla loro incapacità di fare i conti col passato. Se non si rimuovono queste condizioni – inutile illudersi – non si arginerà il rinascente fascismo.
Le violenze contro i detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere sono gravissime e inqualificabili. E rinviano a ciò che le ha preparate e favorite: il disinteresse della politica a tracciare il confine che separa la barbarie dalla civiltà e la diffusa cultura forcaiola a fronte del carcere e della sua organizzazione.
Israele ha il pieno diritto di esistere e di difendere i propri confini. Non sono certo io a contestarlo. Quel che contesto sono le politiche dei Governi di Israele. I territori palestinesi sono stati occupati e colonizzati e oggi, nelle zone controllate dagli israeliani, c’è un vero e proprio apartheid. Questa è la situazione. E io dovrei tacere?
L’ultimo libro di Emiliano Brancaccio è una vera epifania. Ci voleva! Per smontare la falsa idea che la democrazia esista solo nel sistema capitalistico e per dimostrare come, al contrario, la promozione di libertà e democrazia imponga l’uscita da tale sistema. Un’uscita che è non solo necessaria ma anche possibile.
In un tempo drammatico come l’attuale, una società di persone colte non accetterebbe lo starnazzio insensato dei media, rifiuterebbe i vaniloqui propagandistici di politicanti di ogni genere e, qualora fosse costretta a quarantene, saprebbe trasformare la costrizione in ricchezza interiore. Ecco perché occorre investire in cultura.
La gazzarra revanscista che si scatena ogni anno nel “Giorno del ricordo” richiede chiarezza. La solidarietà per gli esuli istriani non può occultare il fatto che la responsabilità principale per quanto accaduto nella seconda guerra mondiale è della peste nazifascista.
Il “Giorno della Memoria” è stato istituito per ricordare il genocidio di sei milioni di ebrei. Ricordare è un dovere ineludibile ma sempre prestando attenzione all’oggi. Come ebreo io mi sentirò al sicuro solo quando nessuno avrà titolo di opprimere, sfruttare, usare, strumentalizzare, schiavizzare i suoi simili, a cominciare dai palestinesi.
Sempre più frequenti sono i casi di nomine alla guida di istituzioni culturali grandi e piccole di “disciplinati” incompetenti, di annullamento o mancato finanziamento di eventi con artisti sgraditi e via seguitando. È un segnale di imbarbarimento del tessuto civile ma anche di imbecillità e di miopia politica.
Gridare “al lupo, al lupo” di fronte all’immigrazione non risolve i problemi. L’immigrazione serve da ogni punto di vista a noi. Accogliere è non solo giusto dal punto di vista evangelico e dei diritti universali dell’uomo ma anche per evitare il declino irreversibile delle società avanzate.