Guido Ortona, economista, è stato professore di Politica economica presso l’Università del Piemonte orientale. Le sue ricerche hanno riguardato soprattutto le economie di tipo sovietico, l’economia del lavoro e l’economia comportamentale. Tra i suoi libri, da ultimo, I buoni del tesoro contro i cattivi del tesoro (Robin, 2016)
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A questo punto della guerra due cose sono ormai chiare: la Russia ha incontrato una resistenza superiore a quella attesa e gli Stati Uniti puntano a una guerra di lunga durata. Meno chiaro è perché l’Italia è così subalterna a NATO e Stati Uniti e non si muove autonomamente per una soluzione di compromesso. Le ragioni sono diverse e concorrenti.
È difficile, in presenza di una guerra, azzardare previsioni su cosa succederà all’economia. Ma, in ogni caso, di fronte a un’Europa che cresce mentre l’Italia non ne è capace, è prevedibile che l’idea di aiutare l’Italia diventi sempre più impopolare nei paesi europei economicamente forti e che le politiche di austerità diventino sempre più popolari. Con conseguenze che sarebbero drammatiche.
Il titolo di questo intervento può sembrare retorico e nazionalista, quindi tipicamente di destra: ma era il motto di Ernesto Guevara. Ed è un motto giusto anche qui e ora. Le decisioni politiche che hanno il massimo effetto sulla vita delle persone vengono prese a livello nazionale. Questo, dunque, deve essere il terreno del massimo impegno per la sinistra.
Tassare i ricchi con un’imposta patrimoniale sarebbe giusto, necessario e possibile. E allora, perché non lo si fa? Certo perché la cosa non è gradita a chi dovrebbe pagarla. Ma c’è una ragione politica più forte: se mancano le risorse “bisognerà” privatizzare ulteriormente, i lavoratori saranno più ricattabili e così via.
Le leggi dell’economia in voga da 50 anni (in primis, l’efficienza dei mercati e l’esistenza di un equilibrio stabile) si sono rivelate sbagliate: per la decisiva ragione che viviamo in un ambiente dinamico in cui gli agenti interagiscono. Occorre costruire un nuovo paradigma. È quel che fa Mauro Gallegati nel suo ultimo libro.
Un sistema proporzionale puro, coessenziale alla democrazia, richiede, per funzionare in condizioni difficili, una regola di decisione in grado di sostituire quella del voto della maggioranza quando questa non c’è. Una regola esiste, e porta il nome di Condorcet. Ma occorre studiarne le implicazioni per arrivare a una proposta realistica.
La gravità della situazione impone un trasferimento di risorse a chi ne ha bisogno. Serve un’imposta di solidarietà sulla ricchezza finanziaria, diciamo del 5 x mille. Impossibile? Non credo. Forse anche i ricchi la accetterebbero. Ma i loro valletti in Parlamento non lo sanno.
La differenza fra entrate fiscali e spesa pubblica si avvia a essere, nella migliore delle ipotesi, pari al 3,5% del PIL. È circa quanto paghiamo annualmente per interessi sul debito (che dunque è destinato a restare invariato, con tutti i vincoli connessi). È possibile uscire da questo vicolo cieco?
Le politiche economiche dovrebbero avere come obiettivo quello di far star bene la gente. Non sempre è facile. In ogni caso, per provarci, occorre partire da alcuni dati di fatto: il debito pubblico e la sua entità, i vincoli europei, le scelte possibili e i loro effetti.
Premessa: Che fare? Sinistra ed economia. Le politiche economiche con cui la sinistra si propone di affrontare le crisi o di promuovere il benessere dei cittadini si sono sempre …