Filippo Miraglia, già responsabile del settore immigrazione e ora vice presidente nazionale dell'Arci, è stato protagonista di diverse campagne in favore dei migranti. Ha scritto, con Cinzia Gubbini, "Rifugiati, Conversazioni su frontiere, politica e diritti" (2016).
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I Governi europei hanno raggiunto l’accordo su immigrazione e asilo: ogni Paese potrà respingere direttamente i “migranti di provenienza da Paesi terzi con bassa probabilità di ottenere l’asilo” verso Paesi insindacabilmente definiti sicuri. È un colpo mortale al diritto di asilo e una vittoria dei sovranismi e delle destre xenofobe (che pure, in un cinico gioco delle parti, si dicono insoddisfatti).
Il Governo ostacola le operazioni di salvataggio dei naufraghi raccolti in mare dalle navi di alcune ONG consentendo lo sbarco esclusivamente ai “fragili”. Solo dopo il richiamo dell’UE e una serie di ricorsi ai tribunali fa marcia indietro ricorrendo, per salvare la faccia, a un escamotage. È una scelta miope e illegittima. Un’altra politica è possibile a partire da un’analisi non demagogica dei flussi migratori.
Il presidente del Consiglio Draghi, nel corso della trasferta turca presso il sultano Erdogan, ha affermato che l’Italia è il Paese europeo più aperto per i migranti ma che ora si è raggiunto un tetto insuperabile. È una affermazione falsa sia comparativamente sia guardando alla nostra situazione concreta. Il fatto che sia condivisa dimostra solo l’insufficienza della nostra classe dirigente.
Di fronte all’esodo dall’Ucraina l’UE ha finalmente adottato misure nuove, seppur insufficienti, per l’accoglienza dei profughi. Ma, intanto, sulle stesse frontiere proseguono respingimenti e discriminazioni, i richiedenti asilo provenienti da Afghanistan e Siria sono bloccati in Turchia e nel Mediterraneo si continua a morire. Evidentemente ci sono profughi di serie A e profughi di serie B.
Il presidente del Consiglio Draghi esprime “soddisfazione” per le azioni della Guardia costiera libica contro i migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo e promette ulteriori aiuti e assistenza. Come se ignorasse i lager, le violenze, le torture. Meglio gli affari che i diritti umani.
Dopo mesi di rinvii il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che supera parte delle norme ideologiche dei decreti Salvini in tema di accoglienza, asilo e ONG. È un primo passo ma i limiti sono molti e la strada per lasciarci alle spalle la stagione del razzismo istituzionale è ancora lunga.
Ci sarà un decreto per concedere il permesso di soggiorno ad alcune categorie di migranti? È probabile, sull’onda dell’emergenza. Ma quel che si profila è un provvedimento al ribasso: per alcune categorie di lavoratori soltanto e per la durata di pochi mesi. Non basta. Occorre una regolarizzazione generalizzata e stabile.
L’intesa Italia-Libia del 2017, diretta a bloccare i flussi migratori finanziando e supportando la Guardia costiera libica, è stata prorogata. Non sono bastate, a impedirlo, le violazioni dei diritti umani realizzate dalla Guardia costiera e nei campi di raccolta dei profughi. Cos’altro occorre?
Il governo giallorosa ha mutato il linguaggio ma non le politiche migratorie, tuttora legate allo schema del ministro della paura: nessun cambiamento nella gestione dei flussi dalla Libia, nei salvataggi in mare e sul fronte dell’accoglienza. È facile prevedere che ciò riporterà rapidamente il Paese tra le braccia dei razzisti.
Da 10 anni è praticamente impossibile entrare in Italia per lavoro. Così oggi ci sono centinaia di migliaia di lavoratori stranieri irregolari. Ciò produce situazioni di sfruttamento e di ricatto e nuoce all’economia sana del Paese. C’è una sola soluzione razionale, giusta e utile: istituire forme di regolarizzazione permanente.