Michele Canalini insegna in un istituto professionale e tecnico della Lunigiana. Si occupa principalmente di scuola, tema su cui ha pubblicato due libri: "L’insegnante di terracotta. La Buona Scuola… e poi?" (Mimesis, 2018) e "La ricreazione a distanza. Una manica di studenti alle prese con quei pezzi di insegnanti" (Kimerik, 2021). Ha lavorato come docente di lingua italiana presso l’Università del tempo libero del comune di Carrara. Antifascista per educazione e convinzione, ha collaborato con l'Anpi di Pesaro e Urbino. Appassionato di cinema, ha scritto per il sito di divulgazione cinema4stelle.it e per il sito di informazione culturale idranet.it.
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Il fascismo si ripresenta talora accompagnato da una presa di distanza dal regime e con un recupero del carattere di movimento “rivoluzionario”, portatore di un taglio netto con il passato e di una richiesta di profondo rinnovamento. Ma non v’è, in ciò, nulla di nuovo ché questi due aspetti coesistevano anche nel fascismo storico. Da qui l’esigenza di usare come anticorpo la memoria.
La trincea, evocata in una traccia dell’esame di maturità, ha oggi significati opposti: camminamento scavato sul fronte di una guerra anacronistica e linea di resistenza contro la strumentalizzazione della cultura a fini di parte. È quest’ultima accezione che dobbiamo coltivare, memori che la lezione della storia impone di resistere durante i periodi bui nonostante l’arrivo dei nuovi “dominatori”.
Il centenario della nasciata di don Milani ha riproposto due cardini del suo insegnamento: la necessità di una scuola inclusiva e accogliente e il ruolo della lingua come strumento di rivendicazione sociale e di denuncia delle ingiustizie. Con un corollario: il “merito” della scuola è solo la sua capacità di valorizzare ciascuno muovendo dal punto di partenza in cui lo hanno collocato il caso, o la vita.
Ostinati e in direzione contraria, per parafrasare De André, sono oggi gli insegnanti, rimasti una delle poche istituzioni che si assumono la responsabilità di fronteggiare la fragilità dei giovani. Questo è il loro vero compito, uguale ovunque. E per questo non sono il costo della vita o la mancanza di servizi essenziali di un qualsiasi centro urbano a doverli differenziare nella veste retributiva.
Il Governo ha voluto affiancare all’istruzione, nella denominazione del relativo ministero, il merito. Meglio rovesciare i termini e parlare, invece che di scuola del merito, del merito della scuola. Se non altro come riconoscimento del fatto la scuola è il luogo in cui l’incontro quotidiano di centinaia di migliaia di insegnanti e studenti realizza uno spirito di comunità e di sana reazione all’alienazione sociale.
Difficile immedesimarsi in un neomaggiorenne. Ma su due punti è semplice: la scuola e le elezioni. Nella scuola nulla cambierà alla ripresa, come nulla è cambiato negli anni scorsi. E quanto alle elezioni, non c’è traccia di attenzione ai problemi giovanili. Come stupirsi se la speranza di quel neomaggiorenne è che non finiscano le vacanze?