Maurizio Pallante, laureato in lettere, si occupa di economia ecologica e tecnologie ambientali. Nel 2007 ha fondato il Movimento per la decrescita felice, di cui è presidente onorario. È autore di numerosi saggi e articoli
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A differenza di quanto si ritiene, l’insostenibile crescita demografica nei Paesi poveri ha tra le sue cause il sistema economico dei Paesi ricchi, fondato sulla crescita della produzione di merci. La strada da percorrere per invertire la tendenza è, dunque, quella della decrescita economica. A meno di non continuare a pensare che gli strumenti per ridurre la popolazione mondiale siano le pandemie e le guerre…
L’improprietà dell’antropocentrismo è conclamata. Alle autorevoli voci che lo sostengono si aggiunge quella di papa Francesco che, ribaltando l’impostazione della Chiesa, invoca una rivoluzione culturale che realizzi un’ecologia integrale, riconoscendo il ruolo insostituibile, nell’equilibrio del pianeta, di ogni specie vivente.
La concezione antropocentrica del mondo non tiene conto del fatto che se per accrescere la disponibilità di risorse si accresce lo sfruttamento delle altre specie viventi e si sconvolgono gli equilibri che regolano i rapporti tra i fattori abiotici, si otterrà il risultato opposto di peggiorare le condizioni di vita della specie umana.
I problemi sociali e il cambiamento climatico si preannunciano drammatici. Ad essi la coalizione di centro destra e quella sedicente di centro sinistra rispondono, senza sostanziali differenze, con la ricetta perdente di una ripresa economica sul modello prepandemia. È, dunque, strategico un successo elettorale di chi si oppone a questa ricetta e in particolare, data la debolezza di Unione Popolare, del M5S.
Anche se non può essere considerata una componente della sinistra, la decrescita si inserisce nel sistema dei valori che la sinistra ha interpretato negli ultimi 250 anni della storia. Per riportare le parole di Bobbio, si colloca dalla parte «di chi ritiene che gli uomini siano più eguali che diseguali» e «parte dalla convinzione che la maggior parte delle diseguaglianze sono sociali e, in quanto tali, eliminabili».
Dopo aver accusato per mezzo secolo gli ecologisti di essere nemici della scienza e del progresso, i loro avversari hanno cambiato strategia manipolando le parole per schierarsi, all’apparenza, dalla loro parte. Incredibilmente una parte del mondo ambientalista non solo li ha accolti, ma ha accettato che assumessero il ruolo guida che volevano ricoprire.
La ristrutturazione energetica del patrimonio edilizio è indispensabile per ridurre le emissioni di gas climalteranti. Ottima, dunque, l’idea di finanziare le spese per migliorare di almeno due classi le prestazioni energetiche degli edifici. La legge in vigore è, peraltro, economicamente insostenibile e fonte di profonde disparità. Ma ci sono miglioramenti possibili. Sol che lo si voglia.
Le emissioni di CO2 sono aumentate perché si è tentato di conciliare l’inconciliabile: cioè di farle diminuire senza smettere di finalizzare l’economia alla crescita della produzione di merci. Eppure il dato è sempre più chiaro: anche il soddisfacimento di tutto il fabbisogno energetico con fonti rinnovabili non basta se non si procede di pari passo con una drastica riduzione della domanda.
La decrescita, intesa come riduzione selettiva e governata della produzione di merci inutili e dannose, degli sprechi e delle inefficienze, è la strada obbligata per rientrare nei limiti della sostenibilità ambientale. Ma è anche l’unico modo per superare la crisi economica creando occupazione in attività utili che consentono di attenuare i fattori della crisi ecologica.