Enzo Martino, avvocato del lavoro in Torino, è tra i fondatori dell’Associazione “Comma2” ed è stato vicepresidente nazionale dell’associazione Avvocati Giuslavoristi Italiani.
Contenuti:
Il tema del salario minimo per legge come antidoto (almeno parziale) al lavoro povero è da tempo all’ordine del giorno, accompagnato da rifiuti pregiudiziali o ideologici anche da parte sindacale. Rifiuti a dir poco sorprendenti e che rischiano di determinare una irreversibile rottura con una parte significativa del mondo del lavoro, sempre più priva di rappresentanza sia politica che sindacale.
Nel novembre 2019 la legge ha stabilito che ai rider si applica la disciplina del lavoro subordinato. Un anno dopo il giudice del lavoro di Palermo precisa che un rider operante sotto la direzione dell’algoritmo di “Glovo” è a tutti gli effetti un lavoratore subordinato. Ma l’effettività dei diritti dei ciclofattorini è ancora in forse.
Era prevedibile che Confindustria usasse l’emergenza per rilanciare la liberalizzazione dei contratti a tempo determinato. Meno scontato che a tale richiesta si accodasse il ministro Gualtieri. La domanda è d’obbligo: chi ha nostalgia del Jobs Act fino a dimenticarne gli insuccessi?
La disciplina del Jobs Act «è tale da incoraggiare, o quantomeno da non dissuadere, il ricorso al licenziamento illegittimo». Così il Comitato Europeo dei Diritti Sociali ha abbattuto una delle pietre miliari della riforma del mercato del lavoro introdotta dal Governo Renzi. Spetta ora al nostro legislatore adeguarsi.
La Cassazione, definendo la causa promossa dai riders di Foodora, è stata esplicita: ad essi, e ai collaboratori etero-organizzati in genere, vanno applicate tutte le tutele del lavoro subordinato. È un salto di qualità notevole che assicura, finalmente, tutele efficaci a lavoratori in posizione di debolezza socio-economica.
Il Jobs Act e il depotenziamento delle tutele dei lavoratori in caso di licenziamento illegittimo arrivano davanti alla Corte costituzionale e alla Corte di giustizia europea. Anche se limitate ai licenziamenti collettivi, eventuali decisioni di accoglimento dei ricorsi riaprirebbero i giochi sull’intera materia.
Le norme a tutela dei riders approvate con legge del 2 novembre scorso segnano un importante salto di qualità rispetto alla precedente legislatura e sono un segnale che il lavoro può essere efficacemente tutelato in tutte le sue forme, superando la dicotomia paralizzante tra il lavoro subordinato e il lavoro autonomo.
Nel nostro Paese una buona parte degli occupati guadagna meno che in passato e vive in una situazione di estrema precarietà. La contrattazione collettiva non è riuscita a contrastare il fenomeno e ciò ha posto al centro del dibattito, non senza polemiche, la questione del salario minimo garantito per legge.
La reintegrazione nel posto di lavoro e il ripristino dell’articolo 18 sono ancora lontani ma, cancellando la predeterminazione rigida e automatica dell’indennità spettante al lavoratore licenziato senza giusta causa, la Corte costituzionale ha riaperto la partita delle conseguenze dei licenziamenti illegittimi.
Il cosiddetto decreto dignità sta per diventare legge. Nel passaggio alla Camera ci sono stati arretramenti e il contrasto al lavoro precario resta insufficiente e contraddittorio. E tuttavia è un segnale in controtendenza rispetto alle politiche del lavoro dell’ultimo quindicennio.