Silvia Manderino, avvocata a Venezia, è componente del direttivo dell'Associazione nazionale Giuristi democratici
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Le parole di Meloni e di La Russa sono dei macigni. Su questa Repubblica grava il pesante ingombro di chi, messo al suo vertice, falsifica la storia, ripudia l’antifascismo che ha costruito la democrazia italiana, tenta l’epurazione della memoria collettiva, prova a riabilitare il passato fascista da cui non ha alcuna volontà di allontanarsi. Il no pasaran! dei repubblicani spagnoli contro il franchismo valga oggi, qui, in Italia.
Accade a Marcon, piccolo comune della terraferma veneziana. Maestri e genitori decidono di intitolare il nuovo plesso scolastico a Tina Anselmi. Ma il sindaco e la giunta di destra si oppongono: dare il nome di una partigiana a una scuola non si può fare. Alla fine del braccio di ferro prevale la scelta della scuola, ma resta la ferita di amministratori pubblici che calpestano i valori della Costituzione antifascista.
La vittoria della destra è stata schiacciante, tanto quanto la sconfitta della sinistra, che, dispersa e senza progetto, rischia di restare solo nell’anima e nella ragione di tanti cittadini. Per invertire la tendenza occorre ricostruire un tessuto civile, politico, culturale, sociale comune. Non sarà facile e dovrà coinvolgere tutte le forze che alla sinistra in qualche modo si richiamano.
Vent’anni fa, a ostacolare il progetto illiberale e un po’ golpista della destra, c’era una grande comunità di persone unite da un sentire comune in difesa di princìpi e valori. Anche allora era priva di reali referenti politici. Ma c’era. È questo che oggi occorre ricostruire.
Senza reali opposizioni e grazie all’introduzione di presunzioni legali in tema di legittima difesa, lo slogan della Lega per cui «la difesa è sempre legittima» sta per diventare legge. Ma trasformare il Paese in un Far West con licenza di uccidere non giova alla sicurezza e lede i princìpi fondamentali del sistema.