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Lorenzo Guadagnucci, giornalista e blogger, lavora al “Quotidiano nazionale” (Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno). Durante il G8 di Genova del luglio 2001 fu tra i giovani percossi e arrestati nella suola Diaz. Fondatore e animatore del Comitato verità e giustizia per Genova ha scritto, con Vittorio Agnoletto, “L’eclisse della democrazia. Le verità nascoste sul G8 di Genova” (2011).
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Stefano Cucchi incontrò 140 persone nel calvario seguito all’arresto e concluso con la morte, fra caserme, celle di sicurezza, infermerie, camere d’ospedale, tribunali, mezzi di trasporto. Com’è possibile che un cittadino in stato d’arresto, segnato dalla violenza, sia trattato con tanta indifferenza?
È una delle prime volte, nel nostro Paese. Quindici agenti di polizia penitenziaria di San Gimignano sono indagati per il delitto di tortura. Ciò avviene in base a una legge del 2017, pur minimalista e insufficiente. La tortura è fra noi e finora non è stata contrastata in modo adeguato sul piano politico e culturale.
Nel romanzo di Camilleri “Il giro di boa” il commissario Montalbano esprime rabbia e vergogna per l’operato della polizia al G8 di Genova del luglio 2001. È l’unico poliziotto importante a dire la verità: per la precisa ragione che è un poliziotto inesistente, ché la polizia reale non ha mai rinnegato gli atti e i fatti della Diaz.
A Genova il 20 luglio si presentano di solito, per ricordare, poche centinaia di persone, ma molte, molte di più sanno, a dispetto della rimozione pubblica, che Genova G8 è parte della memoria e dell’identità collettiva di un bel pezzo d’Italia. Genova G8 è un lievito, anche in questo terribile 2019.
L’attacco personale al giudice che ha emesso un provvedimento sgradito è ormai un classico per il Ministro dell’interno Salvini. Come sempre non importano i fatti. Ma non è questo il punto. L’obiettivo è intimidire quel giudice e, soprattutto, i suoi colleghi per ottenere conformismo e acquiescenza.
Il pestaggio, a Genova, del giornalista di “Repubblica” non è un atto isolato. La mente va a quanto accaduto nelle stesse strade nel luglio 2001 e poi in decine di altri luoghi. Nulla è cambiato da allora. E le responsabilità dei vertici istituzionali e della politica sono sotto gli occhi di tutti.
La stagione dei sindaci-sceriffo non tramonta mai e anzi si rinnova di continuo da oltre un decennio. A volte riscoprendo un vecchio amore: le zone rosse. Il panorama spazia da piccoli paesi come Calolziocorte a grandi città come Firenze e ai sindaci (di destra e di centro sinistra) si affiancano i prefetti.
Il 15 febbraio il gip militare di Roma ha archiviato il procedimento aperto nel 2011 sulla strage di Domenikon: 150 civili uccisi in Grecia nel 1943 per rappresaglia dall’esercito italiano. 76 anni dopo non si poteva probabilmente fare altrimenti. Ma sarebbe auspicabile che non venisse archiviata anche la memoria.
25 anni fa, in Chiapas, iniziava una nuova stagione che negli anni successivi, da Seattle a Genova, si è sviluppata all’insegna di “un altro mondo possibile”. Sappiamo com’è finita. Ma il crac finanziario del 2008 ha dimostrato quanto fossero fondate quelle analisi. Da lì occorre ripartire per una nuova idea di politica.
Una democrazia si regge sulla trasparenza. È ciò che manca in Italia, come dimostrano l’omertà e i falsi che hanno accompagnato il caso Cucchi.