Elisabetta Grande insegna Sistemi giuridici comparati all’Università del Piemonte orientale. Da oltre un ventennio studia il sistema giuridico nordamericano e la sua diffusione in Europa. Ha pubblicato, da ultimo, Il terzo strike. La prigione in America (Sellerio, 2007) e Guai ai poveri. La faccia triste dell’America (Edizioni Gruppo Abele, 2017)
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Il discorso alla nazione di Biden del 19 ottobre propone un’analisi e una prospettiva prive di qualsivoglia elemento di novità. È chiaro, in esso, l’intento di Biden di usare i conflitti in Ucraina e in Palestina come opportunità per la ripresa economica del Paese. A conferma che è l’arsenale militare il motore dell’economia statunitense.
La situazione sociale degli Stati Uniti è sempre più grave. La ragione sta in un sistema economico che crea disuguaglianza e, con essa, povertà diffusa. Ma per alcuni nostri corrispondenti “progressisti” – come Federico Rampini – il degrado di città come San Francisco è dovuto all’atteggiamento buonista dell’amministrazione dem.
Il rinvio a giudizio di Donald Trump con l’accusa di avere organizzato un complotto al fine di impedire l’insediamento del presidente eletto Biden è un fatto dirompente. Ancora una volta è sul filo del rasoio del diritto e dei suoi riflessi processuali che si gioca, negli Stati Uniti, una partita politica cruciale per la tenuta democratica del paese.
La Corte suprema degli Stati Uniti ha dichiarato incostituzionale l’uso di quote riservate alle minoranze nelle università. La decisione è stata una vittoria dei conservatori. Ma, paradossalmente, potrebbe stimolare un’inversione di rotta nelle politiche scolastiche del Paese, nella direzione di un’uguaglianza oggi inesistente tra bianchi e neri.
Alzare il costo dei biglietti e abbassare quello del lavoro è la logica delle aziende ferroviarie di là e di qua dell’oceano. E quando i lavoratori protestano i Governi reagiscono negando loro (o limitando) il diritto di sciopero. Lo ha fatto in Italia, il 13 luglio, il ministro Salvini; lo aveva fatto, a dicembre, Biden negli Stati Uniti. È la legge del profitto, che non vuole eccezioni: né a destra né a sinistra.
L’accordo per salvare gli Stati Uniti dal default per lo sfondamento del tetto del debito è stato raggiunto. Il risultato però, per quanto celebrato da Biden come una grande vittoria per tutti, rappresenta ancora una volta una sconfitta per gli americani più deboli a tutto vantaggio di quelli più ricchi. I vincitori (scontati) di questo impasse sono innanzitutto i rappresentanti della potentissima lobby delle armi.
Negli Stati Uniti il numero dei posti di lavoro disponibili ha superato quello dei lavoratori alla ricerca di occupazione. Ciò ha determinato un calo della disoccupazione sotto il minimo storico, aumenti salariali significativi e una ripresa del conflitto sindacale. Ma la cosa, paradossalmente, preoccupa la Federal Reserve che risponde aumentando i tassi di interesse e cercando di “raffreddare” l’economia.
Comunque finisca nei tre Stati ancora in bilico, nel midterm non c’è stata la prevista vittoria travolgente dei repubblicani. Trump non ha sfondato. Ma a vincere sono stati il tatticismo, l’eccesso di polarizzazione e la manipolazione del voto (attraverso la costruzione dei collegi elettorali in base a criteri di convenienza) che hanno prevalso sul confronto di merito e ulteriormente indebolito la democrazia.
Donald Trump è il simbolo delle fragilità strutturali della democrazia degli Stati Uniti, in balia di un ex presidente che continua a trasgredire le regole del sistema democratico ma che è ancora capace di trainare il consenso di una consistente fetta dell’elettorato. Ciò rende assai delicata la gestione dei processi in corso a suo carico che, paradossalmente, gli stanno dando una grossa mano.
Le decisioni della Corte Suprema degli Stati Uniti sul porto d’armi e sull’aborto segnano un punto di non ritorno. La Corte ha scelto di abbandonare il piano tecnico e di scendere direttamente nell’agone politico, così ponendo una pietra tombale sulla sua credibilità come giudice delle leggi e decretando il declino del modello statunitense, associato a un ideale di civiltà giuridica avanzata.