Giovanni Caprio, pubblicista, già ricercatore sociale e direttore di istituzioni pubbliche e di fondazioni private, si occupa prevalentemente di governo locale, partecipazione e beni comuni.
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La disparità territoriale nell’accesso alle cure è, in Italia, una realtà, una frattura che costringe le cittadine e i cittadini a spostarsi da una regione all’altra per essere curati. Con l’Autonomia differenziata prevista nel disegno di legge Calderoli questa frattura è destinata a diventare una voragine. Per evitare che ciò accada e salvaguardare almeno un minimo di Sistema sanitario nazionale occorre mobilitarsi. Subito.
Il Servizio Sanitario Nazionale è inadeguato, il Sud è prossimo al “deserto sanitario”, la povertà è ai massimi storici, gli sfratti per morosità aumentano mentre, parallelamente, crescono i super ricchi e i loro patrimoni. Per invertire la tendenza bisognerebbe potenziare la sanità ed evitarne la frammentazione, investire nel welfare prelevando risorse dai redditi più alti. Ma il Governo continua a percorrere la strada opposta.
Per l’Unione degli Studenti Universitari e la Cgil nel rendiconto degli alloggi universitari realizzati con il PNRR vengono conteggiati, con il classico gioco delle tre carte, anche alloggi preesistenti. Ma la presidente del Consiglio accusa i denunciati di “remare contro”. Nel suo mondo al contrario non basta ridimensionare gli organi di controllo e i contrappesi istituzionali. Anche i cittadini non devono disturbare il manovratore.
Di fronte agli stupri di gruppo e alle violenze di adolescenti contro donne giovanissime non basta farfugliare di derive social e di pornografia dilagante. Occorre prendere atto che la questione è prima di tutto culturale, che gran parte dei giovani ha difficoltà ad affrontare serenamente il tema della sessualità e che, per questo, è necessario introdurre l’educazione sessuale obbligatoria a scuola.
Un’indagine della Federazione Autonoma Bancari e un rapporto di Cgil, Sunia e Udu fotografano una situazione del Paese allarmante: aumentano le famiglie indebitate (che sono oggi 6,8 milioni) e, soprattutto nel Sud, l’importo delle rate da pagare; nello stesso tempo cresce il disagio abitativo, attestato dal fatto che, negli ultimi cinque anni, gli sfratti sono stati 236 mila, di cui 205 mila per morosità.
Il proibizionismo come politica di governo delle droghe è fallito checché ne dica la “virile” retorica di chi lo ha sostenuto e lo sostiene. Tra questi le destre al governo, affette, peraltro, da singolare strabismo, dato il loro agitarsi scomposto soltanto alla parola “droghe”, a fronte della totale inerzia, per esempio, di fronte al consumo di alcol e soprattutto ai suoi 7.700.000 consumatori a rischio.
Dopo il Servizio bilancio del Senato, che ha sottolineato come l’Autonomia differenziata non potrà essere a costo zero, anche l’Ufficio parlamentare di bilancio è intervenuto criticamente sul meccanismo di finanziamento delle prestazioni sottratte dalle Regioni allo Stato. Ma la maggioranza tira dritto e pensa di eliminare gli organi di controllo.
Delle alluvioni, anche di quelle prossime, sappiamo tutto. Sappiamo l’incidenza decisiva degli interventi umani. E sappiamo, per esempio, che l’Emilia Romagna è la terza Regione italiana per consumo di suolo e la prima per cementificazione in aree alluvionali. Sappiamo tutto, ma si preferisce dire che non era mai successo niente di simile, archiviare in tutta fretta la “pratica” e continuare esattamente come prima.
In Italia vi sono attualmente 8 donne detenute ogni 100.000 abitanti donne (a fronte di un’incidenza di 182 per gli uomini). La presenza delle donne detenute nelle carceri italiane costituisce il 4,2% del totale. Il 31 gennaio 2023 erano in carcere 2.392 donne, tra cui 15 madri con 17 figli. Per porre all’attenzione la questione delle madri detenute con figli è stata lanciata la campagna “Madri fuori contro lo stigma”.
Il Rapporto disuguaglianze della Fondazione Cariplo appena pubblicato documenta con dati degli ultimi anni una realtà già nota del nostro assetto scolastico: chi parte economicamente e socialmente svantaggiato non riesce, nella gran parte dei casi, a recuperare i divari con cui si è affacciato al sistema dell’istruzione. In altri termini, la scuola non riduce ma, al contrario, cristallizza le disuguaglianze di partenza.