Giorgio Sichera è dottorando di ricerca in Diritti e Istituzioni presso l’Università degli Studi di Torino.
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Il Portogallo, unico Stato d’Europa a guida socialista e noto per il costo della vita decisamente basso, sta vivendo una situazione economica e sociale gravissima. La scuola e la sanità sono diventate inaccessibili e i prezzi sono saliti alle stelle. Conseguenza soprattutto della immigrazione di qualità fino a ieri fiore all’occhiello del Paese. C’è di che riflettere anche per l’Italia.
Al di là dell’oceano, in Messico, la guerra che scuote l’Europa sembra non esistere: né sul piano istituzionale (data l’ambivalenza del presidente Lopez Obrador) né nella percezione dei cittadini (che vivono a contatto con problemi di disuguaglianza e di povertà di dimensioni inimmaginabili). Le sole reazioni emerse sono quelle dettate dal timore di rovinare le relazioni con Stati Uniti e Unione Europea.
Il PNRR può essere l’occasione per colmare il divario territoriale che attanaglia il nostro Paese. Ma per farlo occorre abbandonare il pregiudizio infondato secondo cui al Sud vengono destinate più risorse pubbliche che al Nord e definire a livello centrale i servizi che devono essere garantiti a tutti e per fornire i quali regioni ed enti locali devono disporre delle necessarie risorse.
Il disinteresse dell’Occidente nei confronti della guerra infinita nella Repubblica democratica del Congo si accompagna all’inadeguatezza degli interventi di peacekeeping dell’ONU e all’autoreferenzialità della cooperazione internazionale. Il vero intervento umanitario è realizzato dalla popolazione stessa e il sistema si regge solo perché i poveri aiutano altri poveri.
Da decenni la guerra devasta la Repubblica Democratica del Congo. Non è – o non è soprattutto – un conflitto etnico. Le strategie, le finalità e il bottino finale di quella guerra non stanno in Congo ma in soggetti sovranazionali interessati allo sfruttamento delle sue enormi risorse e materie preziose del cuore dell’Africa.