Filippo Barbera è professore ordinario di sociologia economica e del lavoro presso il Dipartimento CPS dell’Università di Torino e fellow presso il Collegio Carlo Alberto. Si occupa di innovazione sociale, economia fondamentale e sviluppo delle aree marginali. Tra le sue pubblicazioni più recenti, “Economia Fondamentale”, Einaudi, 2019 (come Collettivo per l’economia fondamentale) e “Metromontagna” (a cura di, con Antonio De Rossi, Donzelli, 2021). Fa parte del Forum Diseguaglianze e Diversità e del Direttivo dell’associazione “Riabitare l’Italia”.
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Il successo di Fratelli d’Italia non è attribuibile solo alla presenza mediatica della sua leader. C’è, insieme, un blocco sociale di interessi e un solido radicamento territoriale costruito nel tempo lungo tre rivoli principali: appartenenti alla “destra storica” e/o “extraparlamentare”, transfughi di Forza Italia e una schiera di sindaci, assessori e consiglieri appartenenti alla piccola e media borghesia dei servizi.
La narrazione degli eventi storico-sociali – lo vediamo nel racconto della guerra di Putin e della crisi di governo – è sempre meno attenta ai fatti e alla loro complessità e serve piuttosto a mostrare la collocazione di chi racconta, a costruire false rappresentazioni o a esporre esclusivamente ciò che serve agli interessi del potere.
L’invasione dell’Ucraina è a un punto di svolta. La strategia europea – sostenere la resistenza della popolazione ucraina con l’invio di armi in attesa che le sanzioni sortiscano effetti tangibili – è destinata al fallimento. Con conseguenze tragiche per la popolazione civile. L’unica via d’uscita è una pace ragionevole all’esito di un negoziato dallo sguardo lungo.
Dopo la pandemia e il confinamento, l’occupazione delle scuole superiori del mese di febbraio è stata, per molte ragazze e ragazzi, un’importante occasione di socializzazione. Ma la sua composizione sociale e la sua “geografia” e diffusione nel tessuto territoriale dimostrano una netta frattura con la politica. Almeno a giudicare da una ricerca sulla situazione torinese.
La priorità per una classe dirigente all’altezza dei tempi è quella di impegnarsi per ricostruire spazi, luoghi e modalità per sperimentare in modo pratico la capacità di aspirare a un futuro condiviso. È un lavoro lungo e faticoso di costruzione politica e istituzionale, i cui effetti benefici si potranno vedere solo nel tempo e che, se ci saranno, potranno costituire le basi sociali per una nuova domanda di politica.
Più che la biopolitica bisognerebbe temere la “necropolitica” ovvero la politica che contempla la morte come esito socialmente accettabile. Questo hanno praticato i governi, compreso il nostro, che hanno sacrificato le esigenze di normalità (soprattutto economica) alla tutela della salute
Chi desideriamo essere? Quanta paura abbiamo di confrontarci con le diseguaglianze che costituiscono le condizioni necessarie per immaginare il nostro futuro? Da qui, più che da vuote parole chiave in ossequio allo spirito del tempo, deve partire la discussione pubblica sulle risorse del Next Generation Europe.