Francesco Fantuzzi, animatore del gruppo civico Reggio Città Aperta, consigliere della cooperativa di finanza mutualistica e solidale Mag6, è promotore di iniziative di partecipazione civica culturale e ambientalista nel settore dei beni comuni. Ha scritto da ultimo, con Franco Motta, "Dentro la zona rossa. Il virus, il tempo, il potere" (Sensibili alle foglie, 2020).
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La foto che ritrae i principali leader politici (Conte escluso) in posa di gruppo al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini dà l’immagine di un teatrino in cui gli attori fanno finta di litigare in pubblico ma sono sempre pronti a trovare accordi in privato. Superfluo dire che la cosa non può che sconcertare i cittadini e alimentare disaffezione e sfiducia nei confronti della politica.
Da vaccinato, ritengo che il green pass sia un errore. Ma ancor più mi preoccupa il crescere dell’intolleranza nei confronti di chi la pensa diversamente. I problemi complessi necessitano di analisi articolate, non di tifoserie. E invece stiamo creando un mondo diviso tra buoni e cattivi, responsabili e untori, consapevoli e soldatini orwelliani.
Il linguaggio, come noto, non descrive la realtà, la plasma a suo piacimento. Il cosiddetto green pass ne è un caso di scuola. Cosa c’è di green in un pass che attesta una o più vaccinazioni e che abilita ad alcune attività e ne esclude altre? Certo il termine non aiuta a capire i motivi reali di questo strumento e a fare valutazioni conseguenti.
Stiamo ricadendo nella zona rossa. Senza avere il coraggio di chiamarla col nome appropriato e inventando colorazioni improbabili per non riportare alla luce termini inquietanti come lockdown. Ma il sistema vacilla e bisogna cambiare registro. Per intanto, l’unico vaccino disponibile è la consapevolezza.
Si comincia, sui media e nelle stanze della politica, a parlare di Natale agitando dubbi e speranze. Comunque sia, sarà un Natale diverso in cui anche i riti familiari verranno ridimensionati. Non sarà un male se diventerà un’occasione per invertire la corsa ai consumi e la sconsiderata tendenza della crescita infinita su un pianeta finito.
Nei due mesi del lockdown, autovetture, aeroplani, la maggior parte delle fonti di rumore è scomparsa dal nostro orizzonte sonoro. E ha fatto la sua comparsa, anche in città, il silenzio: una condizione esistenziale nuova e aliena per la società del rumore. Ma abbiamo imparato a non rompere quel silenzio, a non temerlo, a conviverci?
In questi due mesi la tecnologia ha offerto importanti opportunità di rapporti sociali e di attività didattiche e lavorative, riducendo i rischi di contagio. Ma, per altri versi, è apparso chiaro che essa, lungi dall’essere la medicina, è parte del problema posto dall’epidemia. Senza una sintesi ragionata e prudente non ne usciremo.
Tra i nostri stili di vita ce n’è uno che il Covid-19 ha sbattuto in prima pagina e che può essere devastante per la nostra salute: il consumo eccessivo di carne. Siamo di fronte al peggior amico dell’uomo (amico per il gusto, peggiore per le conseguenze). Se non lo ridurremo congruamente presto saranno nuovamente guai.
In questo periodo stiamo scoprendo quanto le nostre vite siano piene di cose superflue. Quando il tempo non è più scandito dal ritmo dell’economia, l’orologio biologico ricerca una nuova armonia che non è più data dal valore degli oggetti che possediamo, ma dal senso stesso di un tempo che sembra non trascorrere, sembra immoto.
La Zona rossa non è solo l’Italia. È ciò che il pianeta ha posto a propria tutela, tentando di mettere l’uomo in quarantena. Sperando che non sia troppo tardi e che questa drammatica vicenda ci offra, una volta usciti dalla quarantena, l’opportunità di cambiare finalmente rotta e stili di vita, di lavoro e di consumo.