Daniela Calzolaio è psicologa e psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia a orientamento sistemico-relazionale. Grande appassionata del pensiero sistemico e dell'epistemologia della "complessità". Collabora con l'associazione "PeaceLink" e con "Il Manifesto in rete".
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A luglio il presidente Biden ha autorizzato l’invio in Ucraina di bombe a grappolo, pur messe al bando dall’Onu fin dal 1 agosto 2010. Il dibattito pubblico che ne è seguito ha evocato la vecchia categoria del “fine che giustifica i mezzi”. Ciò aumenta la probabilità che la scelta sia digerita in modo indolore dalla popolazione ma elude la questione (pur cruciale) della congruità dei mezzi rispetto al fine.
Le guerre hanno come complemento immancabile l’attivazione, da parte delle minoranze al potere, di meccanismi diretti a influenzare l’opinione pubblica. Non c’è solo la propaganda bellica esplicita. Ancor più conta il ricorso a parole ed espressioni suggestive perché sempre più, come è stato scritto, il linguaggio non rispecchia la realtà, ma piuttosto crea una realtà.
In un mondo dominato dall’esaltazione dell’individuo, dalla competitività e dalla necessità di una perenne dimostrazione di obiettivi raggiunti, non è difficile immaginare che tutto possa essere visto come una sfida. Ma in una sfida, due soluzioni si palesano al pensiero: raccogliere o meno il guanto. Una terza via non c’è o, meglio, non è contemplata (a meno che non si scelga di non giocare a quel gioco).
«Gli Italiani sono confusi», dicono media e politici. Chissà che, invece, siano sconcertati e indignati. Che abbiano capito benissimo come stanno le cose e che ciò li lasci attoniti. Il fatto è che se ciò venisse riconosciuto i politici perderebbero il potere di porsi come coloro che “sanno” e dovrebbero rendere conto di quello che hanno fatto e fanno.