Chiara Gabrielli è professoressa associata di diritto processuale penale presso l’Università degli studi di Urbino Carlo Bo, dove insegna anche ordinamento giudiziario. Si interessa di temi che intrecciano la Costituzione, il processo penale e la politica. Tra i suoi libri, la monografia "Intercettazioni e cariche istituzionali" (Giappichelli, 2017). Fa parte del consiglio di presidenza dell’associazione Libertà e Giustizia. È tra i curatori del festival Parole di Giustizia.
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Secondo il pm, il procedimento a carico del sottosegretario Delmastro va archiviato. Il gip non è d’accordo e dispone il giudizio. Il guardasigilli grida allo scandalo e annuncia modifiche del sistema. A torto. Ché se il pm potesse decidere senza controllo se procedere o meno l’obbligatorietà dell’azione penale sarebbe una pura finzione.
Un programma elettorale deve, per definizione, indicare prospettive precise. Non è il caso dell’accordo sulla giustizia penale intervenuto nel cento destra, destinato, secondo le previsioni, a governare nella prossima legislatura. In esso ci si limita a slogan talmente generici da prestarsi a qualsiasi traduzione legislativa. Non si dice niente, e questo niente lo si dice anche piuttosto male.
Un pubblico ministero si candida a sindaco di Napoli: non viene eletto ma approda in consiglio comunale. Intanto rientra il ruolo e viene assegnato alla Corte d’appello di Campobasso. Scoppia la polemica sull’imparzialità, reale e percepita, del magistrato prestato alla politica. E sono in molti a ritenere che oggi, tra i due ruoli, non possano esserci porte girevoli.