Moreno Biagioni, impegnato dal secolo scorso nel movimento antirazzista, antifascista e pacifista fiorentino, fa parte della Rete Antirazzista, del Comitato "Fermiamo la guerra", della Rete Antifascista di San Jacopino-Puccini-Porta al Prato.
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Sono passati più di 30 anni da quando il Consiglio comunale dichiarò Firenze “città operatrice di pace”. Cosa resta di quella stagione? E, soprattutto, che fare oggi? Alcune idee: programmare un Forum permanente per la Pace e, per intanto, organizzare un incontro internazionale per riproporre con forza il cessate il fuoco in Ucraina. All’insegna delle parole di padre Balducci: “Se vuoi la pace, prepara la pace”.
Con il nuovo millennio il pacifismo e i movimenti per la pace, pur senza riuscire a impedire nuove guerre, si sono fatti più consapevoli. È diventata, in particolare, percezione diffusa la convinzione che la guerra, vero flagello dell’umanità, si evita non solo omettendo di sposarne la cultura e di prepararla con nuove armi ma anche costruendo alleanze con chi opera per l’uguaglianza e la salvaguardia della natura.
Dopo la seconda guerra mondiale la cultura pacifista riprende vigore e se ne ha un’eco nelle costituzioni e nei trattati internazionali. Nei decenni successivi, poi, le speranze si alternano con le delusioni e sono queste ultime a prevalere (dalla guerra fredda fino alle operazioni di polizia internazionale e alle guerre umanitarie). Ma i movimenti per la pace, per i disarmo e contro il nucleare restano vivi e presenti
Il pacifismo e i movimenti per la pace hanno radici antiche, fin dal regno del Faraone Amenofi IV, che bandì tutte le guerre. Da allora si inabissano e rispuntano, con modalità assai diverse (opere d’arte, lotte di donne, scioperi, iniziative umanitarie e via seguitando) ma con tratti comuni, a testimonianza di una storia che continua.
Si è appena concluso, a Firenze, il ventennale del Social Forum del 2002. Assai diverso, anche il termini di partecipazione, dall’originale, l’evento ha aggiunto, a quelli di allora, obiettivi nuovi: in particolare la lotta al razzismo e al fascismo, che si manifestano in maniera sempre più evidente in Europa e, con il Governo Meloni e non solo, in Italia.
A due settimane dalle elezioni del 25 settembre i giochi sembrano fatti con la sola incertezza dell’entità del successo di una destra fascista e dal programma impresentabile, favorito dalla scelte suicide del PD. Ma la risposta non può essere la rassegnazione. Abbiamo argomenti forti per motivare al voto anche coloro che, sfiduciati, si sono rifugiati nell’astensione o nella scheda bianca. Usiamoli!
In questo periodo, in cui la guerra ha ripreso pieno campo e scatenato diffusi impulsi bellicisti, occorre una ripresa di iniziativa delle realtà pacifiste, capace di rilanciare e ampliare la mobilitazione del secolo scorso che aveva prodotto l’obiezione fiscale alle spese militari e la campagna per la denuclearizzazione del territorio.
Sono passati quasi vent’anni dal Social Forum fiorentino del 2002. Allora si riuscì, in pochi giorni, a ribaltare la posizione (inizialmente ostile) della città e a costruire rapporti estesi e significativi. Oggi bisogna ripetere l’operazione anche se i cambiamenti intervenuti sono profondi e il sentimento prevalente non è più la paura di chi vuole il cambiamento ma una generale e rassegnata indifferenza.
In primo piano c’è l’impegno contro la guerra. A fianco, le indispensabili azioni per far fronte alla crisi ambientale e climatica. È, ancora una volta, Davide contro Golia, un Golia più forte di quello biblico. Ma per chi ritiene che occorra cercare di assicurare un futuro all’umanità, è un percorso obbligato, fatto sia di iniziative per cambiare le politiche generali che di scelte individuali.
In Toscana i guasti provocati dalle multinazionali (moderni “padroni del vapore”, lontani e inafferrabili) si toccano con mano. Le vicende di GKN e di Toscana Aeroporti insegnano e dimostrano in modo evidente che una resistenza efficace passa necessariamente dai territori e dalla restituzione di senso e ruolo alla politica (e alla sinistra).