Carmen Benitez è stata sino a pochi mesi fa funzionaria dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro nella sede regionale per l'America Latina di Lima in Perù, dedicandosi prevalentemente alle attività di sostegno e formazione rivolte alle organizzazioni dei lavoratori.
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Il Perù ha votato. Ha perso Keiko Fujimori, candidata di una destra fascista e corrotta, sostenuta dai poteri forti; ha vinto Pedro Castillo, espressione di una sinistra divisa, debole e maschilista, che ha però colto il malcontento delle popolazioni più povere. La speranza è che sappia darvi risposta.
Il primo turno delle elezioni presidenziali in Perù ha imprevedibilmente mandato al ballottaggio Pedro Castillo e Keiko Fujimori, entrambi, per diversi motivi, impresentabili. C’è chi, forse suggestionato dalla pandemia, sostiene che il 6 giugno i peruviani dovranno scegliere tra la peste e il colera.
Nel primo turno delle presidenziali ecuadoregne Andrès Arauz ha sconfitto nettamente la candidata sostenuta dal presidente uscente Moreno. Ancora non è chiaro con chi si confronterà al ballottaggio ma c’è, in ogni caso, uno spostamento a sinistra dell’elettorato. Anche se non mancano le ombre.
Il 15 novembre si è svolto in Brasile il primo turno delle elezioni comunali che ha interessato 150 milioni di elettori. Era anche un test in vista delle elezioni presidenziali del 2022. I candidati di Bolsonaro sono stati quasi tutti battuti ma a beneficiare della sconfitta è stato più il centro che una sinistra divisa, seppur in ripresa.
Il Perù è scosso dalle manifestazioni. Si protesta per la destituzione del presidente Vizcarra ma la ragione profonda è l’insofferenza, soprattutto dei giovani, nei confronti di un sistema politico corrotto. Ora è stato costretto a dimettersi il presidente provvisorio ed è forte la richiesta di un processo costituente.
In Cile il cambiamento della Costituzione voluta da Pinochet per ingabbiare la democrazia è stato approvato con il 78% dei voti. È stato il frutto di un movimento plurale e unitario che ha messo in ginocchio il governo Piñera. Come in Bolivia una settimana prima, hanno vinto le donne, gli indigeni, i movimenti, i sindacati dei lavoratori.
Il 18 ottobre, in Bolivia, Luis Arce è stato eletto presidente con il 53 per cento dei voti. I boliviani hanno cancellato il golpe di un anno prima contro Evo Morales. È stata una straordinaria vittoria dei movimenti sociali, delle donne, dei campesinos, delle popolazioni indigene che continuano a credere in «un altro mondo possibile».