Giorgio Barberis è docente di Storia del pensiero politico contemporaneo nell’Università del Piemonte orientale e vicedirettore dell’Associazione Cultura e Sviluppo di Alessandria. È autore di numerosi volumi e saggi nell'ambito della storia e della filosofia politica contemporanee.
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Mentre i simboli del fascismo tornano a infestare le nostre città, il monito di Umberto Eco sul “fascismo eterno” si mostra particolarmente attuale: «Il fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme ‒ ogni giorno, in ogni parte del mondo. […] Libertà e liberazione sono un compito che non finisce mai».
Gioire per il calcio. Non parlo dei successi azzurri nel campionato europeo. Ma dell’Alessandria, tornata in serie B dopo quasi mezzo secolo, vincendo all’ultimo rigore contro il Padova. È solo una partita di calcio, certo. Ma no, non è mai, soltanto una partita di calcio. È vita. È storia, di tutti e di ciascuno.
Dopo la pandemia (anzi, mentre la pandemia è ancora in atto) occorrono cambiamenti profondi nello stile di vita e nel modello di sviluppo. Lo dicono tutti, a sinistra e persino a destra. Ma i fatti spesso smentiscono le parole. Eppure ci sono alcuni punti fermi. Tra questi la centralità della ricerca, del pubblico, della solidarietà.
Nella serie C, e nelle serie minori in genere, i vizi del calcio si esaltano. Alle deficienze societarie si aggiungono (da ultimo in Lucchese-Alessandria) gesti di violenza di calciatori e tecnici nei confronti di avversari o arbitri. Il tutto nella indifferenza o nella incapacità di intervenire dei vertici federali.
«Sono orgoglioso del colore della mia pelle. Di essere francese, senegalese, napoletano, uomo», così Kalidou Koulibaly, roccioso difensore del Napoli, dopo i boati e gli ululati di San Siro. È auspicabile che questa lezione di civiltà induca arbitri e dirigenti del calcio ad abbandonare pavidità e complicità col razzismo.
A Buenos Aires invece del big match tra River Plate e Boca Juniors è andata in scena la violenza. La partita sarà giocata a Madrid, a diecimila chilometri! Il calcio è certamente la metafora di una società violenta e allo sbando. Ma, anche per questo, non sarebbe stato meglio non giocarla, questa partita?
Ci sono partite di calcio e squadre che fanno parte della leggenda, della cultura popolare, della letteratura. Persino della politica. Il Barça, il Real Madrid, il River Plate, il Boca Juniors… Speriamo che tutto non sia distrutto dal business. Perché si può sognare la luna anche correndo dietro a un pallone.
Cos’altro deve succedere, in questa tremenda estate?! Il disumano dilaga, oltre ogni limite sopportabile. È un molto capovolto. Bisogna rovesciarlo. Per questo occorre ribellarsi riaprendo uno spazio per la politica e riattivando il conflitto.