Alberto Negri è stato inviato speciale di "Il Sole 24 Ore" per il Medio Oriente, l'Africa, l'Asia centrale e i Balcani dal 1987 al 2017. In tale qualità ha seguito i principali eventi politici e di guerra degli ultimi 30 anni, dal conflitto Iran-Iraq all'Afghanistan, dalle guerre dei Balcani a Baghdad 2003, dall'Algeria 1991 alla Siria 2011-2016, dalla Tunisia 2011 alla Turchia. Collabora attualmente a “Il manifesto”.
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L’ipotesi di una tregua nel conflitto in Ucraina compare sia nelle parole (pur smentite) del capo della Wagner, sia nell’ultimo numero di “Foreign Affairs”, la rivista della diplomazia Usa. La prospettiva evocata è quella di un cessate il fuoco con ritiro di entrambe le parti da una nuova linea di contatto e creazione di una zona smilitarizzata monitorata dall’Onu o dall’Osce a cui far seguire l’apertura di colloqui di pace.
Un tempo i curdi che a Kobane resistevano al Califfato erano i nostri eroi. Oggi ce li siamo dimenticati. Peggio. Svezia e Finlandia stanno consegnando al Governo di Ankara resistenti curdi fino a ieri considerati rifugiati e le armi italiane ed europee sono in prima fila nel colpire i territori e le città del Rojava. È in questo clima che è maturata la strage dei curdi al centro culturale di Parigi, che non può essere considerata solo il gesto xenofobo isolato di un estremista privo di collegamenti.
All’epoca della guerra all’Isis i curdi erano eroi, acclamati come i difensori contro la barbarie. Ora, per far entrare Svezia e Finlandia nella Nato, abbiamo svenduto la loro sorte e i tanto conclamati valori occidentali a Erdogan, un sultano che straccia i diritti umani e che ha stabilmente occupato pezzi di Siria e di Iraq senza che nessuno osi alzare un sopracciglio.
Joe Biden sembra quasi spingere Vladimir Putin a entrare in Ucraina: minaccia ma non propone nulla. Una situazione per certi versi ineluttabile visto quanto accaduto negli ultimi vent’anni dopo essersi cacciata nel cul de sac preparato dagli americani, con interventi militari dall’esito devastante che nel gergo comune si chiamano sconfitte, politiche e militari.
Israele, che non ammette neppure di condurre test nucleari, possiede tuttavia circa 400 testate che può lanciare con missili, aerei e sottomarini. Per questo si può dire che oggi sia il dottor Stranamore del Medio Oriente. Anche se nessuno, né nemici né tantomeno amici, dice nulla, nell’imminenza della Conferenza sul Trattato di non proliferazione.
Di Siria e Yemen ormai si tace. Raddoppio delle colonie nel Golan, raid sugli Houthi: è il Patto d’Abramo tra Israele e Arabia saudita benedetto da Trump e ora da Biden. Il tutto con il silenzio complice dell’Unione europea e di un’Italia con un Ministro degli esteri inesistente.
La lezione dell’Afghanistan è di una evidenza spietata. Per Usa e Nato bisognava (e bisogna) esportare la democrazia con gli eserciti. Ma i raid aerei e le forniture militari non hanno aiutato i civili bensì il mercato delle armi, che oggi, per di più, sono prevalentemente in mano ai talebani dopo che l’esercito afghano si è sciolto come neve al sole.
Angelo Del Boca, partigiano nell’Oltrepò e nella Val Trebbia, contribuì a liberare il Paese. Poi, da storico, continuò l’opera, liberando l’Italia dallo stereotipo degli “italiani brava gente” coltivato durante un colonialismo spietato che ci ostinavamo a raccontare diverso, dimenticando, tra l’altro, le 100mila vittime libiche.
Erdogan va all’attacco di Macron ed evoca uno scontro di civiltà. Tutti abboccano all’amo mentre il tema è altro e sta in poste geopolitiche importanti come il controllo del Mediterraneo, delle rotte del gas e del petrolio, delle influenze dal Nordafrica al Caucaso e la finta pace del mondo arabo con Israele voluta da Trump.
Lo spettacolare omicidio del generale Soleimani ha un obiettivo chiaro: isolare l’Iran e polverizzare gli Stati arabi e musulmani che si oppongono a Israele, il guardiano degli USA nella regione, e all’Arabia Saudita. Anche a costo di una nuova guerra mondiale.