Maria Chiara Acciarini è stata insegnante e preside in una scuola media superiore e ha fatto parte della segreteria della CGIL Scuola di Torino. È stata consigliera comunale di Torino e, poi, deputata e senatrice in rappresentanza dei Democratici di Sinistra, che ha lasciato nel 2007. Ha scritto tra l’altro, con Alba Sasso, il libro “Prima di tutto la scuola” (2006).
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Il Politecnico di Torino, trascinando con sé anche l’Università, stringe un accordo per la produzione di cartografia con Frontex e lo tiene fermo nonostante le documentate denunce sul coinvolgimento dell’agenzia nei violenti respingimenti dei migranti alle frontiere europee. Per contrastare e denunciare questa impropria commistione è nato “Certo” (Coordinamento per l’Etica della Ricerca di Torino).
Il Giorno della Memoria è stato istituito dalla legge «in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici nei campi nazisti». Una proposta di legge approvata dal Senato, si muove, peraltro, in direzione contraria, omettendo ogni richiamo agli antifascisti inviati nei lager, anch’essi macchia indelebile di un regime da cui chi ci governa non vuole prendere le distanze.
Fra il 18 e il 19 dicembre di un secolo fa le squadracce fasciste di Piero Brandimarte uccisero, a Torino, 11 antifascisti e ne ferirono altri. La strage fu rivendicata da Brandimarte che, peraltro, ne fu assolto, anche a Liberazione avvenuta, da una corte d’assise d’appello. È una delle tante rimozioni di cui ancora paghiamo le conseguenze.
Il 5 maggio 1945 le truppe americane raggiunsero il campo di concentramento di Mauthausen, ultimo dei lager nazisti a essere liberato. I superstiti erano in condizioni disperate. E tuttavia, 10 giorni dopo, riuscirono a diffondere un appello, noto come il “giuramento di Mauthausen”, che è, incredibilmente in quelle condizioni, un inno alla libertà, alla giustizia sociale e alla pace. Non dovremmo dimenticarlo.
Il 27 gennaio 1945 caddero i cancelli di Auschwitz. 77 anni dopo, il Giorno della Memoria ci ricorda l’abisso in cui era precipitata l’umanità, ma anche coloro che vi si opposero. Di quella tragedia stanno venendo a mancare anche gli ultimi testimoni, ma resta il dovere di ricordare, spiegare, discutere, accettare tutte le domande, anche le più difficili. Per evitare che quel che è stato si ripeta.
Nel centenario della nascita di Bianca Guidetti Serra sono stati proposti alle scuole piemontesi vari temi per favorire la conoscenza dei settori della società e dei problemi nei e per i quali Bianca si è più spesa: dal rifiuto delle leggi razziali alla lotta partigiana per la libertà, dalla professione forense per la giustizia all’impegno politico per la democrazia.
C’è chi si sta adoperando per una scuola peggiore di prima: diretta da manager, funzionale alle richieste degli imprenditori (infiocchettate da alcune parole inglesi), con una forte quota di didattica a distanza. L’alternativa è una scuola strutturata come comunità educante in cui si costruiscono rapporti e consapevolezza di sé.
A settembre si tornerà a scuola. Non sappiamo ancora come. Ma è necessario deciderlo presto e concordarlo con l’intera comunità scolastica. Non ci sono scorciatoie né bacchette magiche. In particolare non lo è la didattica a distanza. In una lettera alla ministra dell’istruzione tre esperte di scuola spiegano perché e indicano alcuni obiettivi.
POSTILLA. Il 13 maggio la lettera è stata inviata alla ministra con le prime 200 sottoscrizioni.
Il giorno della memoria ha sottolineato le inquietanti analogie tra la situazione attuale del Paese e un passato che troppi sembrano ignorare. Ricordare è un dovere perché – come ammonisce Primo Levi – quel che è stato può ritornare. E perché, comunque, il neo-razzismo sta mettendo in discussione i diritti di tutti.
97 anni fa la violenza delle squadracce di Pietro Brandimarte spianò la strada all’affermarsi del fascismo a Torino. 11 furono i morti e una trentina i feriti. Un libro uscito in questi giorni ricostruisce gli antefatti e la strage evidenziando che ciò fu reso possibile anche dalla connivenza di polizia e magistratura.