Il ritorno di Casanova è il titolo dell’ultimo film di Gabriele Salvatores, nel quale Leo Bernardi (Toni Servillo), un regista “venerato maestro”, è alle prese con un devastante dilemma amoroso mentre dovrebbe lavorare al montaggio del suo ultimo film, intitolato anch’esso Il ritorno di Casanova e tratto dall’omonimo racconto (1918) di Arthur Schnitzler.
Per capirci qualcosa in questo triplice gioco di specchi, è meglio cominciare dall’inizio, cioè dall’opera letteraria, che racconta un’avventura di Casanova ormai cinquantenne, al quale le donne e la fortuna non sorridono più e che desidera solo tornare in patria a Venezia, città dalla quale è bandito dal tempo della sua fuga dai Piombi. Invaghitosi di una ragazza, Marcolina, riesce a farla sua per una notte con l’inganno, facendosi passare per il suo giovane amante, complice l’oscurità. Ma il piacere sarà cancellato al mattino dall’umiliazione provocata dallo sguardo della ragazza sulla nudità del suo corpo di vecchio, «che doveva apparirle più abominevole alla vista di un animale schifoso». Il film girato da Leo segue abbastanza fedelmente il racconto, per quel che si può capire dagli spezzoni che vediamo, e altrettanto fedelmente ne riprende il tema, calcando anzi la mano sulla decadenza fisica provocata dalla vecchiaia, che non riguarda solo Casanova ma anche i comprimari, pesantemente truccati all’inutile ricerca di una simulazione di gioventù.
A questo punto ci aspetteremmo che anche la vicenda incentrata sull’ultrasessantenne regista verta su questo tema, ma lo fa invece solo marginalmente, quando Leo esprime il suo risentimento nei confronti di un collega molto più giovane, nuovo beniamino della critica: un motivo ricorrente che torna più volte. È una spia interessante del fatto che il dramma della vecchiaia, per un uomo famoso e importante nel suo campo, non è la decadenza fisica o la perdita dell’amore, ma il timore della perdita del potere. Infatti la vicenda amorosa, che teoricamente dovrebbe riflettere quella del film-nel-film, in realtà è la realizzazione di quella che per Casanova era stata solo l’illusione di un attimo: «negli anni in cui altri si preparano a una cupa senilità, aveva con l’enorme forza del suo indelebile temperamento conquistata e fatta sua per sempre la più giovane, la più bella, la più intelligente. Poiché essa era sua come non lo era stata nessuna prima di lei». Ma il sogno impossibile di Casanova è invece per Leo un enorme problema. Infatti una bellissima trentenne (Sara Serraiocco) lo ama devotamente, va letteralmente in deliquio per i suoi abbracci (eufemismo), dichiara di volerlo amare per tutta la vita e non vuole rinunciare al figlio che aspetta da lui; per tutte queste responsabilità Leo non si sente ancora (!) pronto e lo gettano in una terribile crisi, fatta di pillole e notti insonni.
Già a raccontarla, la vicenda suona ridicola e appare allo spettatore totalmente mancante di plausibilità per svariati motivi, uno dei quali è che Servillo non assomiglia esattamente a Brad Pitt, per restare sugli attori coetanei. Risulta invece tragico pensare che l’abbiano ritenuta plausibile gli sceneggiatori (Salvatores-Contarello-Mosetti). Cioè che, pur espresse in forma paradossale e sgraziata, dentro ci siano alcune idee implicitamente accettate oggi come verità: che un uomo di potere non diventa mai vecchio e sarà sempre attraente per qualsiasi donna e che un uomo che accetta di essere amato fa un grande sacrificio di sé. Insomma, era molto più avanti Schnitzler nel 1918.
Le citazioni da Il ritorno di Casanova di Arthur Schnitzler sono tratte dall’edizione Adelphi 1990
Perché, oggi non è esattamente così? Basta guardare chi hanno al fianco uomini di potere a cominciare da Berlusconi. E conosco decine di donne più o meno giovani, che si straccerebbero le vesti per quella mummia di Draghi. È l’autrice di questo pezzo a illudersi che non sia così. Detto da donna a donna: non siamo tutte uguali. Se questa è la trama del film la trovo semplicemente azzeccata e totalmente veritiera. Uno spaccato della nostra società.