Regia: Regina King
Sceneggiatura: Kemp Powers
Cast: Kingsley Ben-Adir, Leslie Odom Jr, Eli Goree, Aldis Hodge, Lance Reddick, Nicolette Robinson
Fotografia: Tami Reiker
Montaggio: Tariq Anwar
Musiche: terence Blanchard
USA, drammatico/storico, 114 minuti
Alì, il bio-pic dedicato a Cassius Clay/Muhammad Aly nel 2001 da Michael Mann, iniziava con una lunga sequenza in cui gli allenamenti e la maturazione del grande pugile erano, grazie al roboante utilizzo del montaggio parallelo, accompagnati dalle note di un concerto di Sam Cooke e in cui apparivano il volto e i discorsi di Malcolm X, amico e mentore (fino a un certo punto) del campione. Tre icone, nei loro rispettivi campi come, ognuno a modo suo, nella cultura, nella rabbia, nelle rivendicazioni e nell’identità afroamericana, che erano anche amici. Aggiungiamo al gruppetto Jim Brown, prima fuoriclasse del baseball e poi attore, altra icona black e amico dei tre citati, e abbiamo i protagonisti di Quella notte a Miami, buon esordio alla regia di Regina King, già visto fuori concorso a Venezia e disponibile sulla piattaforma Prime Video (Amazon Prime è anche produttrice del film).
Regina King si ispira alla piece teatrale di Kemp Powers, anche sceneggiatore, e immagina l’epilogo di una storia vera. I quattro infatti si incontrarono a Miami il 25 febbraio 1964 per festeggiare la vittoria contro Sonny Liston che consegnò a Cassius Clay il primo titolo mondiale dei pesi massimi; immaginando le strade prese da quella nottata passata assieme, la King realizza un film sull’amicizia, pregno, ovviamente, di riferimenti al passato e al presente. Il film è più che coerente con il movimento “Black Lives Matter” e le sue rabbiose rivendicazioni, e riecheggia la storia degli Stati Uniti e del razzismo sistemico, amplificato e non nascosto dall’iconicità e dalla fama dei personaggi. Questa urgenza viene resa senza didascalismi e proclami, emergendo dal buddy movie con tutta la limpida chiarezza delle cose raccontate senza le urla della retorica e del paternalismo un po’ posticcio.
I quattro, tra le mura della stanza di motel dove buona parte del film è ambientato, discutono su come il loro ruolo e la loro fama possano e debbano servire alla causa afroamericana. Si confrontano tendenze, visioni, vissuti e privati diversi, e lo scontro in particolare avviene tra Malcolm X e Sam Cooke; fautore di una lotta radicale e manichea il primo, perfettamente inserito nel panorama musicale bianco il secondo, che però sfrutta il suo successo per far arrivare soldi e fama nel panorama di un certo tipo di musica “nera” (Cooke, ricordiamo, fu tra coloro che in qualche modo “sdoganarono” il soul, aprendo la stagione che tra gli anni Sessanta e Settanta portò al successo dei vari Marvin Gaye e Ottis Redding, al romanticismo delle loro melodie e alle rivendicazioni di un album come What’s going on; lo stesso Cooke scrisse l’amaro inno politico A change is gonna come, a cui è affidata la sequenza finale di Quella notte a Miami, come l’inizio di Alì di Mann caratterizzata dal montaggio parallelo che unisce le fila dei personaggi ). Due visioni opposte, quella del militante e quella del musicista, e in qualche modo complementari, entrambe necessarie – come sembrerebbe suggerire il distacco di giudizio della regista – dalle quali si muove il racconto di quella serata di festeggiamenti trasformata in occasione di confronto, scontro e rielaborazione di sé e dell’altro; come capita, del resto, nelle più sincere amicizie e in certe serate in cui, nel bene e nel male, ci si apre, anche tirando fuori le unghie e i non detti.
Il primo punto di forza di Quella notte a Miami è proprio il suo essere un film sull’amicizia, in grado quindi di giostrarsi adeguatamente tra l’importanza storica e il privato dei personaggi, raccontati con tutte le loro debolezze, le asperità e le difficoltà che nascono dalla consapevolezza di essere icone e del rischio di venire ingabbiati in ruoli e comportamenti decisi dai bianchi.
Il secondo punto di forza è la mano di Regina King, capace di sfruttare un’impostazione inevitabilmente teatrale e di dare un ritmo rabbioso e teso alla vicenda con veloci movimenti di macchina che pedinano, saltando da un volto e da un corpo all’altro, i protagonisti e di sottolineare le condizioni dei personaggi con un grande senso delle geometrie, degli spazi e della profondità delle ambientazioni. Si veda l’utilizzo degli spazi e delle geometrie anche nel prologo, quando i quattro paiono, in geometriche inquadrature dall’alto, da dietro, o incorniciati da elementi delle scenografie, come ingabbiati nell’ambiente e in una realtà che li vede nei migliori dei casi come tasselli ammaestrati.
Menzione di merito finale allo straordinario quartetto degli attori: Leslie Odom Jr/Sam Cooke, Eli Goree/Cassius Clay, Kingsley Ben-Adir/Malcolm X, Aldis Hodge/Jim Brown.