Volerelaluna.it
18/06/2019 di: Edoardo Peretti
REGIA: Gaspar Noé
CAST: Sofia Boutella, Romain Guillermic, Souheila Yacoub, Kiddy Smile, Giselle Palmer, Claude Gojan Maude
SCENEGGIATURA: Gaspar Noé
FOTOGRAFIA: Benoit Debie
MONTAGGIO: Denis Bedlow
MUSICHE: autori vari
Drammatico/horror, Francia 2018, 97 minuti
La provocazione, l’eccesso, la ricerca del perturbante e la volontà di sconvolgere e scandalizzare; sono forse queste le coordinate principali del cinema di Gaspar Noé, iconoclasta e provocante regista francese, famoso, per esempio, per avere raccontato con ricchezza di particolari uno stupro, condito con pestaggi, lungo 10 minuti in Irreversible (2002). Un cinema che in qualche modo sfida lo spettatore e mira a stordirlo, offrendogli una sorta di esperienza spiazzante e furiosa.
Climax, la sua ultima opera ora nelle sale italiane, non fa eccezione. Prendendo in prestito una parola tipica dello slang giovanile, ci troviamo di fronte a un “trip”. Un gruppo di ballerini variamente assortiti si ritrova in una scuola isolata e circondata dalla neve per le ultime prove del loro spettacolo. Messa a punto la coreografia, il gruppo si abbandona a una festa a base di danze e sangria; presto però qualcosa inizia a non andare per il verso giusto e l’atmosfera e i comportamenti diventano strani. Qualcuno ha messo l’LSD nella bevanda. Questa notizia ha un effetto devastante e inaugura un viaggio nell’incubo in cui i personaggi vengono accolti dai propri inferni più intimi e in cui le tensioni e le recriminazioni esplodono. Questa odissea personale e contemporaneamente collettiva ha le sonorità di una sempre più martellante musica elettronica, i colori sempre più spaesanti del neon e delle luci stroboscopiche e la forma di coraggiosi movimenti di macchina che creano lunghi ed estenuanti piani sequenza, schiacciando al massimo il pedale del virtuosismo.
Abbondando di elissi narrative e lasciando anche molto spazio al “fuoricampo” dei vari piani sequenza e dei movimenti di macchina che perlopiù seguono un singolo, Gaspar Noé vuole innanzitutto stordire. In qualche modo Climax può ricordare un rito primordiale; ha i ritmi, i comportamenti e i significati nascosti e imperscrutabili di una cerimonia atavica, misteriosa e necessaria. Non è un caso che, se di generi dobbiamo parlare, quello che può, vagamente, venire in mente è l’horror, proprio per il substrato metafisico, irreale e inquietante che il film sprigiona. Non che manchino riferimenti a questioni reali quali la convivenza tra etnie e religioni diverse, ma tutto rimane nella superficie dell’accenno e del riferimento; i personaggi semmai sono simulacri di qualcosa di più vasto, come simboli monodimensionali che diventano preda, allo stesso tempo vittime e agenti, del caos dettato da un sacrificio necessario e dalla valenza collettiva. La stessa centralità della danza sempre più scatenata, stordente e sempre più mezzo per distaccarsi dalla realtà e del raziocinio può favorire questa suggestione. Del resto, lo stordimento cercato dal regista non avviene solo per mezzo del virtuosismo visivo e della regia che “urla”, ma altrettanto fondamentale è la colonna sonora, intesa per quello che davvero è; cioè, non solo le musiche scelte, – come accennato, all’insegna perlopiù dell’elettronica più dura, – ma qualsivoglia tipo di rumore e suono. Grida, pianti e schianti hanno la stessa valenza delle “casse dritte” e delle note scatenate che escono dalla console del dj, e insieme contribuiscono a far approdare Climax nel territorio del perturbante.
Ora, certamente l’ultimo film di Gaspar Noé difficilmente può lasciare indifferenti. L’esperienza indubbiamente colpisce e rapisce; lo stordimento, a prescindere che a questo si possa dare una lettura positiva o negativa, avviene. Andando oltre all’immediato della visione, il dubbio che nasce è però se tutto questo ha davvero un senso e davvero veicola una visione del cinema e del mondo diversa da quella della provocazione gratuita e dei muscoli mostrati come un culturista egocentrico davanti a una platea. Cioè, in soldoni, quanto rimane del film man mano che il momento della visione si allontana?
Il virtuosismo e la ricerca dell’eccesso di Gaspar Noé sono viscerali e ruspanti, molto più che in altri registi “estremi”, duri e provocanti, dove anche il fastidio, il disgusto, la ricerca dell’eccesso, della sfida e della provocazione assumono sempre chiavi di lettura e suggestioni più stratificate, che, anche quando odiose o fastidiose, in qualche modo parlano allo stesso modo allo stomaco e, con le armi del ribaltamento provocatorio, al cervello (si prenda l’esempio, inevitabile, di Lars Von Trier). Nel caso dell’autore francese c’è sempre l’impressione che tutta questa furia e questo rincorrere lo sconvolgimento rimanga nel campo della superficie, e che, scavando, non si possa poi trovare molto di più. Questa monodimensionalità del virtuosismo e della provocazione può essere certamente anche letta come rappresentazione degli istinti umani fotografati nella loro inquietante purezza, nella loro essenza più immediata, sconvolgente e priva di sovrastrutture. Elemento che risalta nelle sequenze migliori di Climax. Volendo, può anche essere letta come una rappresentazione inevitabilmente, e magari anche consapevolmente, frutto della contemporaneità, se con questa intendiamo il senso sempre più diffuso di perdita delle coordinate collettive e di individualismo sempre più egocentrato e asociale. Altra interpretazione legittima, anche se di per sé neutra a livello di giudizio qualitativo, in quanto, per così dire, inevitabile.
In soldoni, su Climax aleggia continuamente il dubbio, in qualche momento non lontano dalla certezza, della gratuità e della dimostrazione di forza fine a se stessa, così come è altrettanto evidente non solo la potenza immediata della visione, ma anche il fatto che alcune sequenze siano significative e non perdano la loro forza nei giorni a venire. Insomma, è un film che sicuramente non può lasciare inermi, anche lasciando sospetti sulla sua effettiva sincerità di fondo. È un film che può ricordare una sbronza; e la sbronza può lasciare solo un mal di testa e le maledizioni per avere alzato troppo il gomito la sera prima, così come, se affrontata e rielaborata in un certo modo, può anche lasciare qualche suggestione utile in più.