Volerelaluna.it
17/11/2023 di: Fabio Balocco
Quello che sta accadendo da un po’ di tempo a questa parte nelle grandi città, e cioè la nascita di un movimento a difesa del verde cittadino, induce a qualche considerazione.
Nella capitale sono almeno 40 i comitati spontanei e le piccole associazioni che si battono affinché venga tutelato il verde urbano, in particolare quei pini domestici che sono un po’ il simbolo del verde romano, e si riconoscono sotto la sigla Difendiamo i pini di Roma. A Torino il dissennato programma della giunta Lo Russo di tagliare gli alberi di corso Belgio ha fatto nascere un comitato di opposizione di residenti che si è anche rivolto alla magistratura per fermare la mano pubblica (https://www.ansa.it/piemonte/notizie/2023/09/13/alberi-di-corso-belgio). E, oltre a questo, anche altri comitati agiscono sul territorio (al Giardino Artiglieri di Montagna, alla Pellerina, in corso Principe Eugenio, al Meisino: https://volerelaluna.it/territori/2023/08/25/torino-quando-la-tutela-del-verde-e-in-mano-ai-cittadini/) e tutti insieme si riconoscono nel coordinamento dal significativo titolo di Resistenza Verde. A Milano sono attivi più di venti tra comitati e associazioni per la tutela di territorio e verde, e formano la Rete Comitati.
La prima considerazione al riguardo è che queste tre metropoli hanno giunte di sinistra, anche se il termine “sinistra” sappiamo bene che vale per quello che vale. Comunque – diciamo – giunte che dovrebbero salvaguardare il verde quanto meno a tutela della salute pubblica. Era del resto nei programmi dei tre attuali sindaci e Sala, a Milano, aveva addirittura annunciato di voler aderire ai Verdi Europei (https://www.tempi.it/sala-milano-elezioni-verdi-ambiente/). Seconda considerazione: è da valutare positivamente la crescita di sensibilità di chi vive in città riguardo alla qualità dell’aria garantita dal verde pubblico, e in alcuni casi del vero e proprio amore per gli alberi come esseri viventi. Una terza, ma non ultima, considerazione riguarda invece l’assenza, in queste lotte cittadine, dell’associazionismo storico. Già tempo addietro mi trovai a scrivere che le grandi associazioni non erano più tali per svariate ragioni (https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/24/lambientalismo-e-in-crisi-domandiamoci-il-perche/3870989/). Resta il fatto che manca il ricambio e che i giovani neppure si iscrivono più a WWF, Legambiente, Italia Nostra, Pro Natura. Se a ciò aggiungiamo gli scontri tra di loro, come quello recente sul consumo di suolo dei pannelli solari a terra (https://italialibera.online/ambiente-territorio/i-pannelli-solari-e-il-consumo-del-suolo-lultima-frattura-tra-ambientalisti-e-su-una-questione-chiave/), la frittata è fatta.
Sostanzialmente le grandi associazioni sono assenti in queste lotte che sorgono dal basso. Eppure proprio su queste lotte concrete esse dovrebbero impegnarsi piuttosto che sui massimi sistemi, da cui hanno poco da ricavare in termini di successi e anche di visibilità. Senza contare che proprio dai comitati potrebbero imparare nuove forme di lotta e ad usare meglio i social media.