Un entusiastico articolo de La Repubblica del 10 ottobre scorso fornisce la notizia che a Cervinia sta per iniziare la stagione sciistica più lunga di sempre: ben undici mesi (https://www.repubblica.it/viaggi/2023/10/10/news/cervinia_stagione_sciistica_record_undici_mesi-417439417/).
Solo en passant l’articolo ricorda che siamo dentro un cambiamento climatico, di cui anche il corrente mese di ottobre è un eclatante esempio. Già, perché sempre sull’arco alpino, ma a Soelden, in Austria, cinque giorni addietro, un altro articolo riportava la preoccupazione degli organizzatori delle prime gare di Coppa del Mondo di sci alpino che si dovrebbero tenere a fine ottobre. Perché se da un lato la manifestazione si potrebbe svolgere solo grazie alle riserve di snowfarming, cioè la neve artificiale prodotta alla fine della stagione precedente e conservata proprio per supplire alle ormai croniche carenze di quella naturale ed alla contrazione delle massa glaciale sui ghiacciai alpini, dall’altro, nello specifico, la neve conservata potrebbe non essere sufficiente per garantire sia gli allenamenti e sia le gare (https://www.neveitalia.it/sport/scialpino/news/a-tre-settimane-dall-opening-la-situazione-sul-rettenbach-e-critica-ma-lo-snowfarming-dovrebbe-salvare-i-giganti).
Ad onta del tono entusiastico dell’articolo di Repubblica, quanto meno c’è da evidenziare che gli unici commenti allo stesso non lo sono altrettanto. Uno ricorda che lo sci sopravvive grazie alle sovvenzioni pubbliche; un altro che «per i soldi e il divertimento facciamo scempio di una natura che ci ha sempre dato modo di vivere, cerchiamo di raccogliere il massimo per lasciare ai nostri nipoti il deserto»; un altro ancora sottolinea lo spreco di acqua per produrre neve finta e altresì i consumi di energia; infine un altro commento evidenzia quanto sia brutta Cervinia (ad onta del Cervino Ski Paradise) e quanto sia impattante la nuova funivia che consente di sciare quasi tutto l’anno. Questi lettori probabilmente non andranno mai a sciare lassù, ma i politici valdostani sono convinti che invece i fruitori degli impianti saranno numerosissimi e per questo sono stati e saranno potenziati vari impianti di risalita nel domaine skiable, come sempre evidenzia l’articolo.
Da un lato sembra folle che si pensi al potenziamento dell’industria dello sci, dati i tempi e soprattutto il tempo atmosferico che corre (basti pensare che l’ARPA VdA segnala che ai 3100 metri del Cervino le temperature si sono costantemente mantenute sopra lo zero da fine agosto al 10 ottobre e che «le anomalie delle temperature […] indicano condizioni spaventosamente sopra la media, condizioni mai registrate dall’inizio del monitoraggio»: https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/10/11/spaventosi-dati-arpa-valle-d-aosta-ghiacciaio-cervino-temperatura-sotto-zero/7320337/).
Ma dall’altro lato questo è perfettamente giustificato dal fatto che buona parte degli impianti di Cervinia- Zermatt sono a una quota tale che potranno funzionare ancora per un po’. Un noto e recente studio dell’Università di Basilea afferma infatti che col trend attuale fino al 2100 e sopra i 1800 metri di quota si potrà sciare tre mesi all’anno, ovviamente sempre con l’ausilio della neve programmata. E dunque va bene così: in fondo per l’uomo l’importante è spremere la natura e le risorse fin che ce n’è: «del doman non v’è certezza».